Occidente spensierato, cattolicesimo svogliato

Se è vero, come è vero, che “L’Occidente è senza pensiero” (lo dimostra Aldo Schiavone nel suo recente libro), chi mai glielo potrà ridare? Forse la smarrita ed impotente intellighenzia di sinistra? Forse (Dio ce ne scampi e liberi) il tecno-capitalismo scientifico coniugato col nazional-populismo politico?

Giorgio Ruffolo scriveva tempo fa che il capitalismo ha i secoli contati: finora la destra lo ha cavalcato, la sinistra lo ha temperato. Oggi sta sfuggendo completamente di mano alla politica. L’Occidente che ne era, bene o male, l’interprete a livello democratico è in piena crisi culturale e sta lasciando un’autentica globale prateria alle destre, sconclusionate ma sempre più pericolose e vincenti.

Un mio carissimo amico conclude affidandosi all’auspicabile progettualità della sinistra cattolica: discorso molto serio ed impegnativo.

Mia madre, di fronte alle enormi contraddizioni che presentava la realtà, si poneva una domanda retorica: “Podral andär bén al mónd?”.

Tutti i giorni si presenta qualcosa di paradossalmente contrario ad un minimo di etica e allora mi sovviene di mia madre con il suo provocatorio quesito.

Lei però non si limitava alla lamentela, ma reagiva tuffandosi in una sorta di dono totale agli altri.

Infatti il cattolicesimo non è solo un pensiero, è uno stile di vita evangelico, è un riferimento alla persona di Gesù Cristo. Quindi prima viene la testimonianza di vita e poi semmai la sua configurazione a livello di pensiero filosofico e politico. Lo avevano ben capito Giorgio La Pira e i politici cattolici di un tempo. Lo aveva ben capito papa Paolo VI che ribadiva come la politica fosse la più alta forma di carità cristiana. Lo aveva capito anche mia madre nella sua semplicità…

Forse ci vorrebbero dei profeti senza peli sulla lingua con la voglia e il coraggio di gridare contro le ingiustizie, forse occorrerebbe la fiducia che il rinnovamento spirituale, ma anche culturale e politico, possa partire solo da coloro che non contano niente agli occhi del mondo: il tema si fa paradossalmente concreto.

C’è poi in agguato anche il rischio dell’integralismo cattolico: Comunione e Disperazione…

Prendiamo la drammatica contingenza di Gaza: come può incarnarsi laicamente in essa la forza del Vangelo. Quando i vescovi tentano l’impresa fanno più tenerezza che rabbia. Il vescovo don Tonino Bello ammetteva: “La mia obbligatoria gravità episcopale frena la voglia di gridare contro le ingiustizie e dopo…mi sento anch’io complice…”. Ai tempi della guerra nel Vietnam un caro amico sacerdote di mentalità apertissima, a margine di una manifestazione pubblica contro tale guerra, davanti ad un documento di protesta da sottoscrivere, mi confidò con ammirevole umiltà, onestà e sincerità: “Non avrei difficoltà a sottoscriverlo, mi frena il timore di compromettere la mia possibilità di dialogo con tanti miei confratelli…”.

Fatto sta che i cattolici non si sentono, non si vedono. La comunità di Sant’Egidio non riesce a fare il salto dalla solidarietà alla proposta politica. Un cattolico come Marco Tarquinio, sceso in politica a livello europeo con le più buone e condivisibili intenzioni, non riesce ad emergere ed a mettere minimamente in crisi lo squallido pantano di Strasburgo.

La componente cattolica del partito democratico scalpita ma non riesce ad andare oltre un peraltro condivisibile “è tutto da rifare”: cosa aspettano a prendere le distanze dall’acritico filo-americanismo per rinverdire una sorta di neo-atlantismo riveduto e corretto, che potrebbe funzionare da anticamera di una riscossa etico-culturale-politica dell’Occidente?

Morale della favola: c’era una volta un profeta di alto bordo, che non aveva spiccate doti politiche, ma sapeva collegarsi con coloro che non contano niente quali vittime dell’indifferenza globale e dare voce a chi subisce una sistemica laringectomia totale, si chiamava papa Francesco…