Gli stronzoni alla riscossa

L’altro ieri la sfiducia di Michel Barnier, ieri quella di François Bayrou, e domani? Domani, fuori dall’Assemblée Nationale, sarà il giorno delle piazze: un 10 settembre all’insegna dello slogan bloquons tout (blocchiamo tutto), parola d’ordine performativa nata e lievitata sui canali Telegram, sulle pagine Facebook e le storie di Instagram, una data venuta dal basso alla quale si sono presto associati il partito più importante della sinistra francese, La France insoumise, e numerose federazioni della Cgt, nonostante la direzione del sindacato abbia preferito, all’ultimo, convocare una piazza propria con altre organizzazioni il 18 settembre.

Così, tra l’instabilità del palazzo e l’incognita delle strade, prende avvio questo autunno francese, con sullo sfondo le elezioni municipali del 2026 e le presidenziali del 2027. Nella bufera che s’annuncia la sinistra francese arriva in ordine sparso: siamo ormai ben lontani dall’unità del programma del Nuovo fronte popolare che nell’estate del 2024 aveva portato al primo posto come coalizione nelle urne.

La France insoumise ha scelto di spendersi a fondo nelle mobilitazioni del 10 settembre e in tutte quelle che seguiranno. Ad agosto, quando la data ha cominciato ad assumere consistenza, Jean-Luc Mélenchon ha invitato gli insoumis a «mettersi al servizio» del movimento, pur riconoscendo che «quest’iniziativa, così come quella dei Gilet gialli a suo tempo», per avere successo dovrà «costruirsi al di fuori di ogni quadro politico o sindacale. Se troverà una dinamica, sarà per se stessa». La «dinamica», per Lfi, sarebbe quella di «una fase “destituente”», che può «perfettamente funzionare se il governo è preso in tenaglia tra questo movimento» e la sfiducia al governo.

La prima morsa della tenaglia si è già stretta; domani, pensano gli insoumis, si metterà in movimento la seconda. Quello che Lfi vuole è “la partenza di Macron”, come ha detto ieri in tv Manuel Bompard, coordinatore Lfi. È l’inquilino dell’Eliseo «a essere il punto di blocco della situazione», ha detto Bompard. (da “Il Manifesto” – Filippo Ortona – Parigi)

La convivenza degli italiani con i cugini francesi e viceversa non è mai stata troppo facile e serena: ci si odia cordialmente. Ricordo come mia sorella, nella sua solita schiettezza di giudizio, una volta si lasciò andare e parlò di “quegli stronzoni di Francesi”: forse non sbagliava di molto.   Un conto è essere superiori su basi oggettive, un conto è ritenersi aprioristicamente migliori. Sono convinto che la Francia, come del resto l’Italia, abbia parecchi scheletri nell’armadio da nascondere e invece di cercare l’alleanza con i Paesi più simili, con cui instaurare collaborazioni e solidarietà, ha preferito la fuga in avanti verso la Germania: della serie “è meglio leccare i piedi ai tedeschi” che condividere “la puzza dei piedi” con gli italiani.

Non ho simpatia per i francesi e oltretutto non conosco la situazione politica della Francia, però riconosco ai cugini due virtù che, nel tempo, sono venute a mancare agli italiani: la capacità di rifiutare le rischiosissime chimere della destra mobilitandosi al bisogno sulla base di una sostanziale unità antifascista e l’umiltà di protestare sul piano sociale partendo dal basso.

Qualcuno sta dicendo che l’Italia è in vantaggio sulla Francia in quanto dotata di un assetto politico-governativo stabile, senza considerare che tale stabilità è ottenuta a prezzi esorbitanti sul piano democratico (lo sdoganamento del neofascismo), sul piano politico (una sinistra insipida e inconcludente) e sul piano sociale (la devitalizzazione delle forze sociali e lo svuotamento delle piazze).

Preferisco l’instabilità delle e nelle piazze piuttosto della stabilità nei e dei cimiteri. Tutto sommato invidio i Francesi per la loro meritoria reattività, che si esprime nelle mobilitanti proteste e in una sinistra politica capace, pur tra inevitabili divisioni, di attaccamento radicale a certi valori e principi.

Ci sarà sicuramente più di un pizzico di demagogia nelle piazze e un po’ di strumentalizzazione da parte della sinistra, ma sempre meglio del masochistico realismo della gente italiana e della sinistra del nostro Paese con la puzza sotto il naso. In Francia c’è movimento mentre in Italia c’è stabilità.

Può darsi che il blocco totale della Francia non porti risultati concreti e che il partito de La France insoumise finisca con un palmo di naso davanti alle macroniane acrobazie. Ci avranno almeno provato e chissà che, prova oggi prova domani, qualcosa possa succedere.