Episodio 1
Salvini afferma durante un dibattito alla Versiliana: “Un summit tra Trump, Putin e Unione Europea? La von der Leyen può portare da bere, non di più. L’Europa cerchi di risolvere i conflitti nel mondo e non rompa le palle sulle auto, sui motorini, sui furgoni, sulle lattine della Coca Cola, sugli ombrelloni di Viareggio”. (da “Il Fatto Quotidiano”)
Ho parecchia comprensione umana ma poca simpatia politica per Ursula von der Leyen, tuttavia dopo aver ascoltato la succitata dichiarazione di Matteo Salvini ho letteralmente gridato: “Vag ti stuppid e sta’ pu tornär indrè!!!”.
Non è possibile scendere a questo livello nella polemica politica: il problema non sono le conseguenze in capo a Salvini, ma quelle in capo all’Italia. Ursula non mancherà di farcele giustamente pagare. Quando i nostri rappresentanti si siederanno ai tavoli di confronto in sede Ue, oltre a mafia, corruzione, evasione fiscale e burocrazia, si sentiranno chiedere conto anche di queste buffonate dialettiche.
Non si può stare dentro l’Europa con l’opportunistico piede di Giorgia Meloni e fuori dall’Europa con quello di Salvini (lasciamo perdere Tajani, che fa da paraninfo). Alla lunga questi atteggiamenti ambivalenti non pagano.
La presenza dell’Italia nella Ue è molto problematica: non siamo credibili quando diamo rassicurazioni, siamo ridicoli quando formuliamo degli ultimatum per cambiare le regole, siamo incompetenti ed ignoranti quando elaboriamo cervellotiche proposte di risanamento. Avremmo bisogno di aiuto, ma attacchiamo e provochiamo chi ce lo potrebbe dare; dovremmo dialogare con pazienza, ma invece osiamo lanciare dei diktat. Qualche tempo fa Salvini attaccava Junker dandogli dell’ubriacone e del ladro. L’ubriaco è Salvini. Siamo ancora fermi lì.
Non si può sedersi con un minimo di credibilità al tavolo di una trattativa, se, dietro, gli amici sparano a zero sugli interlocutori. Con quali chance di successo discutiamo con i partner europei, se gli esponenti del governo italiano continuano a straparlare. La situazione è sempre più paradossale. In occasione della suddetta sparata salviniana mi sono chiesto: è possibile che tanti italiani abbiano stima e fiducia di uno sbruffone da bar di periferia (con tutto il rispetto per i bar e per le periferie)?
È possibile e forse sarà sempre peggio perché questo signore riesce a galleggiare nel suo partito e nella coalizione di governo (gli lasciano fare persino il ponte sullo Stretto di Messina). Non che gli altri siano molto meglio di lui, sia in Italia che in Europa, però a tutto ci dovrebbe essere un limite, invece…
Chiudo ricordando una barzelletta con protagonista uno storico personaggio di Parma, Stopàj: questi, piuttosto alticcio, sale in autobus e, tonificato dall’alcool, trova il coraggio di dire impietosamente la verità in faccia ad un’altezzosa signora: «Mo sale che lè l’è brutta bombén!». La donna, colta in flagrante, sposta acidamente il discorso e risponde di getto: «E lu l’è imbariägh!». Uno a uno, si direbbe. Ma Stopaj va oltre e non si impressiona ribattendo: «Sì, mo a mi dmán la me pasäda!». Al lettore l’incarico di uscire dalla metafora, sostituendo ai personaggi della gustosa gag quelli di cui sopra, con una variabile di non poco conto: a Matteo Salvini la sbornia non passa, anzi…
Episodio 2
Come volevasi dimostrare. Il leader leghista ha invitato il presidente francese – in dialetto milanese – a “taches al tram”, ad attaccarsi, cioè al tram, esortandolo polemicamente ad andarci lui in Ucraina: “Ti metti il caschetto, il giubbetto, il fucile e vai in Ucraina”, aveva detto Salvini a margine di un sopralluogo in via Bolla a Milano commentando l’ipotesi della Francia di mandare truppe sul terreno.
Non ho grande simpatia per Macron, ma c’è scappato un (quasi) incidente diplomatico. La Francia ha convocato l’ambasciatrice italiana a Parigi, Emanuela D’Alessandro, “a seguito dei commenti inaccettabili” di Matteo Salvini contro Emmanuel Macron per il suo sostegno all’invio di truppe in Ucraina. Salvini ha criticato le “macronate” che prevedono, è l’accusa, “eserciti europei, riarmi europei, debiti comuni europei per comprare missili”. Da qui l’incidente diplomatico che ha costretto Parigi – come riporta una fonte della France Press – a ricordare “che questi commenti sono contrari al clima di fiducia e alle relazioni storiche tra i due Paesi, nonché ai recenti sviluppi bilaterali che hanno evidenziato forti convergenze, in particolare per quanto riguarda il loro incrollabile sostegno all’Ucraina”. Non sto a ripetere quanto sopra scritto in merito alle battute da osteria rivolte alla Von der Leyen.
Episodio 3
Di fronte a questo muro contro muro, Trump ha deciso di fare un passo indietro nella mediazione Russia e Ucraina. Ieri si è limitato a scaricare il barile del fallimento su Joe Biden e, in parte, su Kiev. «È molto difficile, se non impossibile, vincere una guerra senza attaccare il Paese invasore. È come una grande squadra che ha una difesa fantastica, ma non può giocare in attacco. Non c’è possibilità di vincere. Il corrotto e incompetente Joe Biden non ha permesso all’Ucraina di attaccare e come è andata?», ha scritto il capo della Casa Bianca su Truth. Quindi ha descritto uno dei territori in gioco, la Crimea come «enorme, grande quanto il Texas, in mezzo all’oceano». La Crimea si affaccia sul mar Nero ed è circa 26 volte più piccola del Texas. (da “Avvenire” – Elena Molinari)
Molti anni fa partecipavo come docente ad un corso di formazione in materia di cooperazione. Fraternizzando con gli allievi del corso fui invitato, assieme ad un simpatico e carissimo collega di Forlì, ad una partita a carte da una coppia di partecipanti, uno dei quali si vantava di essere un giocatore abilissimo e imbattibile. Accettammo la sfida durante la pausa pranzo e vincemmo alla grande, umiliando letteralmente i nostri interlocutori, in particolare quello che si vantava di essere un giocatore di classe superiore. Ricordo che il mio collega forlivese all’apice del godimento cominciò ad apostrofarlo, usando un termine di gergo romagnolo, che non ha bisogno di traduzione, gridandolo ripetutamente in un crescendo esilarante: “Sborone! …Sborone! …Sborone!”, in faccia al ridimensionato sedicente gran giocatore di briscola. Era scaduto il tempo della pausa e ci allontanammo: ci venne chiesta la rivincita, che ci guardammo bene dal concedere. La missione era infatti stata compiuta.
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Nei giorni del referendum sulla Brexit, proprio in Scozia, la regione contraria all’uscita e favorevole a rimanere nella Ue anche per puntare all’autonomia da Londra, l’allora aspirante candidato repubblicano alle presidenziali americane, Donald Trump, proferì alcune parole che andarono di traverso agli scozzesi. Disse: «Vedo un reale parallelo fra il voto per Brexit e la mia campagna negli Stati Uniti». Come riferì in quei giorni Pietro Del Re, inviato di Repubblica, nel pub di John Muir a Edimburgo, quando Trump apparve in tv, i clienti si avvicinarono allo schermo. Poi, tutti assieme cominciarono a urlargli insulti di ogni genere, il cui meno offensivo era senz’altro pig, porco.
Conclusione
Ebbene, oggi come oggi, faccio sintesi. Anch’io mi avvicino allo schermo televisivo e urlo all’indirizzo di Trump, a dir poco insopportabile bluffatore e volgare gradasso, un combinato insulto: “Porco sborone!!!”.
Senonché mi risponde Salvini, che esalta la politica di Donald Trump: “Con i suoi modi, che a volte possono sembrare bruschi o irrituali, sta riuscendo laddove hanno fallito tutti”. Che dire? Tra sboroni ci si intende alla perfezione!