L’annuncio arriva a sorpresa, a ridosso dei tg delle 20, a firma della stessa presidente del Consiglio. «Oggi mi è stato notificato il provvedimento dal Tribunale dei ministri per il caso Almasri – inizia Giorgia Meloni, in un messaggio postato sul suo canale social di X – dopo oltre sei mesi dal suo avvio, rispetto ai tre mesi previsti dalla legge, e dopo ingiustificabili fughe di notizie». Poi, la notizia vera e propria: «I giudici hanno archiviato la mia sola posizione», mentre «dal decreto desumo che verrà chiesta l’autorizzazione a procedere nei confronti dei ministri Piantedosi e Nordio e del sottosegretario Mantovano».
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E ora, secondo quanto lascia intendere Meloni, la sua posizione sarebbe stata archiviata mentre per gli altri tre potrebbe aprirsi la prospettiva di un rinvio a giudizio, previa richiesta di autorizzazione a procedere. Meloni: io non informata? Assurdo, il governo è coeso
Perché le quattro posizioni sarebbero state differenziate dalle tre magistrate del Tribunale dei ministri? Secondo quanto annota la premier, «nel decreto si sostiene che io “non sia stata preventivamente informata e (non) abbia condiviso la decisione assunta”. In tal modo non avrei rafforzato “il programma criminoso”». Pertanto, prosegue, «si sostiene che due autorevoli Ministri e il sottosegretario da me delegato all’intelligence abbiano agito su una vicenda così seria senza aver condiviso con me le decisioni assunte». Meloni respinge una tale ricostruzione, perché è «una tesi palesemente assurda». A differenza «di qualche mio predecessore, che ha preso le distanze da un suo ministro in situazioni similari», la premier rivendica «che questo Governo agisce in modo coeso sotto la mia guida: ogni scelta, soprattutto così importante, è concordata» ed è «quindi assurdo chiedere che vadano a giudizio Piantedosi, Nordio e Mantovano, e non anche io, prima di loro».
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A conclusione del messaggio, la presidente del Consiglio ribadisce «la correttezza dell’operato dell’intero Esecutivo, che ha avuto come sola bussola la tutela della sicurezza degli italiani». Meloni ricorda di averlo detto pubblicamente subito dopo aver avuto notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati. E anticipa che lo ribadirà «in Parlamento, sedendomi accanto a Piantedosi, Nordio e Mantovano al momento del voto sull’autorizzazione a procedere». (“Avvenire” – Vincenzo R. Spagnolo)
Mio padre sosteneva che quando nella vita di coppia non c’è accordo, qualsiasi parola o azione è sbagliata. Meglio tacere e non fare nulla?! È quanto, in fin dei conti, molti “falsi criticoni” desiderano ardentemente.
I giudici hanno sempre torto quando hanno a che fare con chi governa: se sottopongono qualcuno ad indagini si intromettono, se rinviano a giudizio lo fanno senza prove, se condannano vogliono far fuori i condannati, se assolvono fanno strani ragionamenti diversificati.
E se la piantassimo una buona volta di criticare le decisioni dei giudici e le rispettassimo almeno in nome della Costituzione e dell’autonomia dei poteri che essa prescrive. La sfiducia verso i magistrati, inoculata dai politici nel corpo sociale, è a dir poco deleteria, serve soltanto a creare quella confusione che è presupposto di qualunquismo e populismo.
Se Giorgia Meloni usasse la stessa lumacosa verve, che adotta nei confronti della magistratura, con Netanyahu e Trump non saremmo ingabbiati in quel vergognoso opportunistico gioco internazionale che ci propone il governo del nostro Paese.
Si vociferava che un mio ex-collega, prima di partecipare a riunioni di lavoro che si preannunciavano calde e imbarazzanti, facesse una capatina dalla suocera per sfogare i suoi istinti bellicosi e presentarsi quindi in modo più rilassato nelle sedi ufficiali.
Non vorrei che la nostra premier sfogasse le sue rabbie con i giudici per poter meglio ingoiare i rospi delle porcherie israeliane e statunitensi. Non è un caso che la polemica da cui siamo partiti, vale a dire quella contro le mosse del tribunale dei ministri sul caso Almasri, sia uscita proprio in concomitanza con la dichiarata intenzione israeliana di occupare la striscia di Gaza (quello che rimane) con il tacito assenso statunitense. A parte gli scherzi siamo a vere e proprie manovre di depistaggio dell’opinione pubblica.
A meno che i ministri e sottosegretari, coesi sotto l’autorevole guida di Giorgia Meloni, non stiano pensando di prenotare un posto vacanziero nello splendido resort turistico di Gaza ipotizzato da Trump e Netanyahu e temano che i giudici possano scompigliare i loro piani processando due ministri e un importante sottosegretario. Vacanze rovinate!