Alle mie eccessive e frettolose perplessità su Papa Leone XIV si risponde col discorso, più fatalistico che fideistico, dell’accettazione passiva dell’intervento dello Spirito Santo, che avrebbe scelto Prevost per guidare la Chiesa e illuminare la società in questo lacerante e lacerato periodo storico.
Mi permetto di avere un’idea complessa ed articolata dell’azione dello Spirito Santo, che agisce, a mio giudizio, in senso molto più largo e lungo rispetto alla nostra limitata visuale cristiana.
Mi sento in dovere, per l’ennesima volta, di riportare di seguito una gustosa barzelletta che dicono piacesse molto a papa Giovanni Paolo II.
“Dio Padre osserva, con attenzione venata da una punta di scetticismo, l’attivismo dei cardinali di Santa Romana Chiesa, ma non riesce a capire fino in fondo lo scopo della loro missione. Con qualche preoccupazione decide di interpellare Dio Figlio in quanto, essendosi recato in terra, dovrebbe avere maggiore dimestichezza con questi importanti personaggi a capo della Chiesa da Lui fondata. Dio Figlio però non fornisce risposte plausibili, sa che sono vestiti con tonache di colore rosso porpora a significare l’impegno alla fedeltà fino a spargere il proprio sangue, constata la loro erudizione teologica, la loro capacità diplomatica, la loro abilità dialettica, ma il tutto non risulta troppo convincente e soprattutto rispondente alle indicazioni date ai discepoli prima di salire al cielo. Anche Dio Figlio non è convinto e quindi, di comune accordo, decidono di acquisire il parere autorevole di Dio Spirito Santo, Lui che ha proprio il compito di sovrintendere alla Chiesa. Di fronte alla domanda precisa anche la Terza Persona dimostra di non avere le idee chiare, di stare un po’ troppo sulle sue ed allora il Padre insiste esigendo elementi precisi di valutazione, minacciando un intervento diretto piuttosto brusco e doloroso. A quel punto lo Spirito Santo si vede costretto a dire la verità ed afferma: «Se devo essere sincero, anch’io non ho capito fino in fondo cosa facciano questi signori cardinali, sono in tanti, ostentano studio, predica e preghiera. Pregano soprattutto me affinché vada in loro soccorso quando devono prendere decisioni importanti. Io li ascolto, mi precipito, ma immancabilmente, quando arrivo col mio parere, devo curiosamente constatare che hanno già deciso tutto!»”.
E chi mi garantisce che quanto sopra non sia successo anche per la nomina in conclave di papa Leone XIV e che quindi lo Spirito Santo non debba ricorrere al pungolo critico degli insoddisfatti per ridimensionare e rimettere in carreggiata un papato che sta viaggiando ad intra sul filo del rasoio dell’indietrismo, camuffato da spasmodica ricerca dell’unità interna alla Chiesa riavvicinando problematicamente progressisti e conservatori, e ad extra sull’acrobatico interventismo chiaro nelle parole e sfuggente nei fatti.
L’azione dello Spirito Santo, in cui credo fermamente, non si limita alle nostre scadenze e agende, ma va ben oltre, ragion per cui una visione critica della pastorale prevostiana non è roba da eretici, ma pur sempre esercizio di un carisma critico e stimolante.
Il teologo Congar, parlando della presenza dei laici nella Chiesa, diceva che questi devono andare in chiesa, ascoltare e mettere mano al portafoglio: in buona sostanza voleva dire che i laici dovrebbero solo fare quel che decidono i preti. La Pira aggiungeva però che non bastava l’elemosina, ma che i laici dovevano impegnarsi a trasformare il corpo sociale e le strutture.
Il mio prezioso amico Pino continua a comunicarmi le sue riflessioni, considerando il papato di Leone XIV come un bel rompicapo: alla sordina messa nei rapporti interni fa infatti da contraltare la denuncia nei rapporti esterni (“far morire di fame le persone è un modo molto economico per fare la guerra” – messaggio inviato alla Fao). Un papa molto riflessivo ed equilibrato, che non ha la cultura di Paolo VI, né la forza mistica di Giovanni Paolo II, né la radicalità intransigente di Francesco. Visto che i paragoni si sprecano, ne voglio introdurre provocatoriamente uno che non ho ancora sentito: e se Leone XIV assomigliasse a Pio XII?
Il paragone più (in)calzante potrebbe essere quello con Paolo VI, che si trovò a guidare la Chiesa in tempo di “esodo”, fra insofferenze e rimpianti e che, con gesti audaci e mediazioni pazienti, riuscì a mantenerla unita, senza pronunciare scomuniche e senza cedere allo sconforto.
Gira e rigira da sempre le scelte ecclesiali ruotano, non senza un certo imbarazzo assai poco evangelico, attorno al problema della povertà, questione fortemente divisiva. Niente e nessuno riesce a togliermi la convinzione che le contrarietà incontrate da papa Francesco dipendessero dalla sua chiara scelta a favore dei poveri e che la sua morte abbia fatto tirare un sospiro di sollievo a tutti quanti, cattolici e laici, italiani e stranieri furono costretti a sopportare obtorto collo la popolarità di Francesco.
Il carissimo amico don Luciano Scaccaglia amava ricordare un forte ed irrinunciabile insegnamento materno, di quelli che, anche volendo, non si possono dimenticare e tanto meno tradire: «Se nella vita non vuoi sbagliare, stai dalla parte dei poveri!». Una cosa però è altrettanto certa: chi sta dalla parte dei poveri gioca sempre in trasferta, ha l’arbitro e i segnalinee contro, il pubblico che prevalentemente fischia e rumoreggia. Subisce un sacco di goal, ma vince a tavolino due a zero, perché sapete chi è l’ultimo giudice!!! La storia insegna che chi si schiera coi poveri è universalmente perdente: non è un valido motivo per annacquare il Vangelo.
Don Andrea Gallo venne chiamato in Vaticano a rispondere del suo operato borderline. Andò a colloquio con un alto prelato e decise di adottare la seguente linea difensiva: “Io sto dalla parte del Vangelo e cerco soltanto di metterlo in pratica fino in fondo…”. L’inquisitore in evidente imbarazzo disse laconicamente: “Se la metti su questo piano…”. Don Gallo rispose in modo ultimativo: “E su che piano la dovrei mettere?”.
Speriamo che Prevost nel suo tentativo di mediazione non si lasci intortare dai conservatori. La Chiesa dei poveri, a livello papale, è iniziata con Giovanni XXIII, è continuata con Francesco e dovrebbe proseguire il suo corso magari dopo un periodo di assestamento, causato da certi strappi benefici operati da Bergoglio.
Alla fine credo che papa Prevost assomiglierà a se stesso e non si allontanerà di molto dalla linea pastorale che lascia intravedere. Lo Spirito Santo lo lascerà fare, ma ho fiducia che consentirà a tutti i battezzati di svolgere la propria funzione, compresa quella di criticare il papa, al sottoscritto di esprimere con audacia le proprie idee e all’amico Pino di somministrare le sue documentate pillole di saggezza. Grazie a tutti!