I Paesi poveri che non cooperano sul fronte dei rimpatri dei propri connazionali potranno vedersi revocate le agevolazioni commerciali Ue. Si tratta di uno dei punti cruciali dell’intesa raggiunta lunedì sera tra il Parlamento Europeo e il Consiglio Ue (che rappresenta gli Stati membri), le due istituzioni legiferanti dell’Unione Europea, per una riforma delle norme sul Sistema generalizzato Ue sulle preferenze sui dazi (Gsp). E cioè le agevolazioni commerciali (dazi zero o fortemente ridotti) per 65 Paesi in via di sviluppo più vulnerabili (per un totale di circa due miliardi di persone). Soprattutto le capitali insistevano per introdurre il criterio della cooperazione sul fronte della riammissione in patria tra quelli già presenti come condizioni per la concessione del Gsp (e cioè rispetto dei diritti umani e dell’ambiente, delle convenzioni internazionali e altro).
Sullo sfondo, la difficoltà degli Stati Ue ad eseguire i decreti di espulsioni: al momento in media nell’Ue solo il 20% dei rimpatri viene effettuato, la causa è soprattutto (ma non solo) il rifiuto di vari Paesi di origine di riprendersi i propri cittadini emigrati irregolarmente in Stati Ue. «Abbiamo chiarito – ha spiegato, per la presidenza di turno Ue, il ministro degli Esteri danese Lars Løkke Rasmussen – che questi vantaggi commerciali devono esser legati al rispetto dei diritti umani, buon governo, protezione ambientale e, per la prima volta, la cooperazione sul rimpatrio dei propri cittadini illegalmente nell’Ue”. Un nuovo tassello, si potrebbe dire, della sempre più avanzata costruzione della “Fortezza Europa” che è sempre più la priorità di Bruxelles e della maggior parte delle capitali. (“Avvenire” – Giovanni Maria Del Re)
Mi sembra un vero e proprio ricatto. Se può avere un senso subordinare gli aiuti e le agevolazioni per i Paesi sotto-sviluppati al rispetto dei diritti umani e delle regole democratiche, condizionarli al rimpatrio degli emigrati non è accettabile dal punto di vista umanitario e controproducente dal punto di vista politico.
Gli emigrati, per clandestini che siano, vengono considerati carne da ricatto, merce di scambio: che colpa hanno loro se nei Paesi di origine non riescono a vivere e forse neanche a sopravvivere? Che senso ha rispedirli brutalmente al mittente ributtandoli nella mischia di fame, guerre, torture, etc. etc.? Che responsabilità hanno se i regimi dei loro Paesi sono più o meno dittatoriali e non rispettano le regole minime nel trattamento dei cittadini? Il problema dei rapporti internazionali e delle migrazioni viene scaricato sulla pelle delle (già)vittime!
Sul piano politico l’indirizzo europeo mi sembra più trumpiano che mai: non lasciamoci trascinare in questa deriva del più forte che detta le regole a suo piacimento. Cosa ne potrà sortire? Un’ Europa chiusa in se stessa e sempre più a rischio immigrazione clandestina e i Paesi sottosviluppati sempre più a rischio dittatura. La politica si fa in positivo e non con le minacce e i fieri accenti.
Sull’argomento c’è stato contrasto tra Parlamento europeo e Consiglio UE: evidentemente qualche parlamentare di Strasburgo si è posto qualche problema. Gradirei sapere come si sono orientati i deputati europei di sinistra: si sono piegati alla realpolitik di Bruxelles? Hanno almeno tenuto accesa la fiaccola europea dei fondatori dell’Unione che si rivolteranno sempre più nelle loro tombe?
A livello europeo così come dei singoli Stati membro non esiste una politica seria a livello migratorio: questa ultima velleitaria impuntatura ne è la riprova. In fin dei conti stanno vincendo i Salvini e i Vannacci tra i sorrisi Durban’s della Von der Leyen e le facce feroci di Orban. E chi difende i diritti dei migranti, peste lo colga!
