Mattarella, pensaci tu e prendici in braccio

Penso sia vero che Sergio Mattarella gode della stima e dell’affetto di tantissimi connazionali, e sembra quasi superfluo ripetere perché ciò accada. Un modo di fare politica attento al bene comune, espressione di valori umanistici laici e cristiani, declinati con pacatezza ma senza cedimenti, un riferimento anche a livello internazionale per capacità di cogliere le reali urgenze da affrontare con determinazione in tempo di guerre tragiche e odiose e di minacce alla convivenza, provenienti dall’interno e dall’esterno del Paese. Non è un caso che il Capo dello Stato continui a subire intimidazioni esplicite da Mosca e attacchi obliqui da alcuni segmenti dei media, dei partiti e degli interessi organizzati italiani. Evidentemente dà fastidio la sua limpida testimonianza di democrazia, rispetto della legalità ed equilibrio, argini a sopraffazioni, nazionalismi autoritari, ingiustizie e attentati alla dignità di ciascuno.

Un sistema vitale che vedesse l’attivo coinvolgimento della maggioranza dei suoi cittadini sulla scia dei migliori esempi istituzionali non avrebbe difficoltà a presentare persone adeguate a ricoprire le cariche più importanti con “disciplina e onore”, secondo l’articolo 54 della nostra Costituzione. Se, tuttavia, non fermiamo l’emorragia di fiducia nei processi liberal-democratici e non alimentiamo di convincimenti forti il terreno in cui si radica la pianta del bene comune, saremo condannati a rimpiangere gli statisti del presente come del passato e a pentirci della nostra accidia civile. (da “Avvenire” – Andrea Lavazza in risposta ad un lettore)

A livello internazionale è sotto gli occhi di tutti come il presidente Mattarella, in assenza di una seria linea del governo italiano e/o in presenza di una linea oscillante ed ambigua, stia elegantemente e coerentemente colmando le enormi buche nel terreno governativo e raccogliendo letteralmente le cacche sparse nel mondo da una premier inadeguata prima e più che sbalestrata.

A volte mi chiedo se, considerata la grande stima e considerazione di cui gode da parte dei cittadini italiani nonché a livello internazionale, il presidente Mattarella non potrebbe fare qualcosa di più pur rimanendo rigorosamente nell’ambito dei suoi poteri istituzionali, aggiungendo ai suoi interventi appropriati ma felpati, un quid di provocatoria, esplicita e concreta incisività. È sempre così: quando si trova un interlocutore disponibile si tende ad approfittarne. Gli chiedo scusa anche se il mio è un eccesso di stima e di considerazione.

Forse è proprio la sua misura che conquista fiducia e credibilità, tuttavia un po’ più di grinta non guasterebbe: di fronte a certe situazioni socio-politiche potrebbe tranquillamente denunciare ingiustizie clamorose e censurare comportamenti indecenti. I cittadini starebbero dalla sua parte.

Capisco e apprezzo la sua prudenza, ma quando la casa brucia bisogna gettare immediatamente secchiate d’acqua e non accontentarsi di chiamare i pompieri. E che la casa stia bruciando non c’è alcun dubbio. Faccio qualche piccolo esempio.

Davanti alla conclamata ingiustizia di retribuzioni da fame per molti lavoratori dipendenti e alla titubanza per non dire contrarietà governativa verso l’introduzione dell’obbligo di un salario minimo e ancor più alla inerzia parlamentare riguardo ad un sacrosanto provvedimento che restituisca dignità ai lavoratori, un appello chiaro e deciso del Capo dello Stato sarebbe perfettamente in linea con la Carta costituzionale (L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro – La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.) e con le funzioni e i poteri presidenziali (Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale – Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune).

E se il Parlamento perseverasse nella sua sordità potrebbe essere minacciato di scioglimento: forse i parlamentari di fronte al rischio di essere mandati a casa si impegnerebbero finalmente nell’affrontare questo problema.

Analogo discorso si potrebbe porre per la sanità pubblica (La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti).

Qualcuno potrebbe obiettare che si finirebbe con lo scivolare in una repubblica presidenziale: ad estremi mali estremi rimedi, sempre meglio salvare la partita della democrazia con interventi a gamba tesa del presidente della repubblica piuttosto che sospendere di fatto la partita per impraticabilità del campo; sempre meglio un presidente “invadente” che un presidente “comparsa” come prevede la penosa riforma in discussione.

Chiudo con un esempio di carattere internazionale: il noto e gravissimo caso Almasri, tuttora presente come un ingombrante macigno nei nostri rapporti internazionali. Il Capo dello Stato poteva intervenire anche come presidente del Consiglio Superiore della Magistratura per evitare un vergognoso vulnus perpetrato contro il diritto internazionale.

“La repubblica ripudia la guerra” è la celebre frase dell’Articolo 11 della Costituzione italiana, che stabilisce che l’Italia rifiuta la guerra come strumento di offesa e come mezzo per risolvere controversie internazionali. Questo principio è un punto fondamentale dell’ordinamento repubblicano e antifascista, mirando a promuovere la pace attraverso la collaborazione internazionale. E non è collaborazione internazionale l’osservanza dei provvedimenti adottati dalla Corte Penale dell’Aia?

Lungi da me formulare giudizi e indirizzare consigli verso il Presidente Mattarella. Mi permetto soltanto di attaccarmi alla sua gonna come fanno i bambini nei momenti di paura: «mama tôm in spala!». Io ho paura di perdere la democrazia e come cittadino italiano non mi resta che piangere e gridare chiedendo il suo aiuto.