A Torino, il centro sociale Askatasuna è stato sgomberato dalla polizia a metà dicembre 2025, scatenando forti reazioni, manifestazioni e scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, con lancio di oggetti e uso di idranti, a causa della sua posizione critica verso il governo e a supporto di varie cause sociali e politiche, come la Palestina e Alfredo Cospito. Il dibattito in Consiglio Comunale è acceso, con posizioni contrastanti tra la volontà di mantenere il dialogo e la condanna della violenza, mentre il Sindaco ha dichiarato cessato il patto di collaborazione, segnando una vittoria per la legalità secondo alcuni, e una radicalizzazione secondo altri.
I centri sociali? Fannulloni sfascia-vetrine! I palazzoni-ghetto? Covi di drogati, delinquenti e approfittatori! Gli studenti che protestano? Sfaccendati comunisti! I lavoratori che scioperano? Quelli del venerdì!
Sono le proposte ideologiche della destra al potere: i messaggi subliminali inviati alla gente in cerca di sicurezza. Il malessere sociale è un’invenzione dei menagramo e quindi chi si ribella va represso senza pietà. I centri sociali vanno chiusi, i palazzoni sgomberati, gli studenti manganellati, i lavoratori compatiti e rimossi nelle loro rimostranze. Evviva la democrazia!
I problemi non vanno affrontati e tanto meno risolti, vanno nascosti ed esorcizzati, perché la gente ha diritto alla quiete ed alla tranquillità. Il dialogo con i manifestanti non s’ha da fare… La corda che lega il sacco? I condoni! Ultimo il con-dono natal-edilizio. Bastone per chi protesta, carota per chi evade…
Di fronte a questo stile di governo, con una opposizione politico-parlamentare che non offre spunti di rilievo, rimarrebbe in linea teorica poco più del ribellismo. Capisco quindi i giovani che lo praticano anche se non li condivido. Bisogna aggrapparsi alla nostra Costituzione, lì è il fondamento delle nostre battaglie democratiche.
Prendiamo ispirazione dalle parole di Piero Calamandrei, rivolte agli studenti a Milano nel 1955: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione”.
So benissimo che gli attuali governanti non hanno al riguardo il pedigree in ordine, ma non per questo dobbiamo scendere in piazza in modo scriteriato buttando la democrazia nella merda. Un cristiano se i preti sbagliano non rinnega la sua fede. Il discorso vale anche sul piano politico e civile.
Il malessere sociale non deve essere l’alibi per il ricorso alla violenza, altrimenti si contribuisce a creare l’equivoco della sicurezza e dell’ordine a prezzo del misconoscimento dei diritti dei soggetti più deboli e fragili, i cosiddetti nuovi poveri che si sono aggiunti ai poveri tradizionali i cui diritti sono purtroppo rimessi in discussione.
La sinistra dovrebbe avere e svolgere il compito di coniugare la sicurezza dei cittadini non con la repressione ma con il progresso sociale ed ha una grande responsabilità in tal senso, perché, se viene a mancare il suo punto di riferimento, chi protesta può finire nella trappola della violenza ed è allora che il gatto democratico si morde la coda.
Quando partecipavo a certe sacrosante manifestazioni unitarie in difesa del sistema democratico ed antifascista, mi imbattevo spesso in gruppi di estremisti che in coda al corteo agivano sul filo del rasoio della compatibilità democratica. Mi dicevo e dicevo loro: io sono di sinistra come e più di voi, ma cercate di capire che la violenza e il sopruso (anche se usati come risposta a certi attacchi violenti e reazionari) non sono espressioni democratiche. Battagliamo, dialoghiamo, confrontiamoci, protestiamo energicamente, ma senza ricadere nella trappola della violenza: vogliamo difendere la democrazia e rischiamo di rovinarla con le nostre mani!
