L’effetto delle nuove norme lo spiega oggi Il Sole 24 Ore: l’uscita dal lavoro si sposterà infatti di tre mesi per i pensionamenti “anticipati”, quelli che oggi si ottengono con 42 anni e 10 mesi di anzianità (un anno in meno per le donne). Mentre il collocamento effettivo a riposo potrà spostarsi addirittura di due anni e mezzo per chi riscatta il periodo di studi universitari. La parte positiva (per il governo) è che le due misure avranno effetti dal 2031-32, mentre al voto si va nel 2027. La finestra mobile è il tempo di attesa tra la maturazione dei requisiti e l’uscita dal lavoro. Oggi si devono aspettare 3 mesi. Dal 2032 bisognerà attenderne 4 e così via. Ci si attende un contributo ai conti pubblici di 1,4 miliardi nel 2035.
La sterilizzazione dei riscatti degli anni di laurea agisce sui requisiti previdenziali ma non sull’assegno. Il quotidiano spiega che dal 2031 il periodo riscattato sarà tagliato di sei mesi, dal 2032 perderà un anno, dal 2033 verranno meno 18 mesi, 24 mesi dal 2034 e 30 mesi a partire dal 2035. La norma a regime porterà il titolo di studio triennale a offrire 6 mesi ai requisiti. Per il titolo magistrale varranno 2 anni e mezzo. Il costo del riscatto naturalmente non cambia. Entrambe le regole escluderanno i lavoratori con contratto di solidarietà. (open.online)
In questa affannosa e irrazionale ricerca di risparmio nei conti pubblici finalizzata al rientro nei parametri virtuosi (?) fissati dalla Ue è racchiusa la fiera delle contraddizioni dell’attuale governo: si era presentato con un programma di allentamento della stretta pensionistica e addirittura la sta accentuando; si pavoneggia come governo di lunga durata e poi vara misure di corta visuale (andiamo indenni al 2027 e poi chi vivrà vedrà…); proprio all’indomani della celebrazione di Atreju, la manifestazione politica promossa dall’organizzazione giovanile del partito di destra su cui si basa l’attuale maggioranza, viene varata una disposizione punitiva nei confronti dei giovani laureati o laureandi.
Un po’ come nelle opere liriche in cui dopo le melodiose arie vengono spesso le cabalette o strette, che portano al finale energico della romanza o addirittura dell’opera: dopo essere stati illusi dalle promesse elettorali arrivano, in men che non si dica, le concrete batoste.
In una società che registra una bassa presenza di laureati, dove i giovani dopo aver ottenuto la laurea non trovano lavoro e se lo trovano è mal remunerato, dove i giovani scappano all’estero per ottenere riconoscimenti e trattamenti adeguati alla loro preparazione professionale, risulta a dir poco demenziale una penalizzazione pensionistica a livello di riscatto degli anni di laurea.
E poi questi stessi giovani, se osano protestare, vengono dipinti come i soliti sfaccendati comunisti: così la ministra Bernini proprio ad Atreju. Mi fa venire alla mente la faziosità di un parroco che negava aiuto a una povera donna perché andava a bere un bicchiere di vino al circolo comunista del quartiere. Pier Luigi Bersani ha commentato con la sua solita verve polemica: a questi giovani non rimarrà altro da fare che affidarsi al primo (vetero) comunista che passa.
Penalizzare la vita studentesca e professionale dei giovani è la più clamorosa delle dimostrazioni in negativo di quanto sosteneva Alcide De Gasperi: “Un politico pensa alle elezioni, ma uno Statista pensa alle prossime generazioni!”.
Purtroppo paradossalmente con le elezioni vissute come un totem, vale a dire come ciò che viene esaltato, adorato, elevato alla massima evidenza, si può arrivare a distruggere la democrazia considerandola un tabù, vale a dire ciò che deve essere occultato nella massima oscurità.
Il capo dello Stato ha recentemente posto attenzione sulle ragioni che portano i giovani a disertare le urne. “Spesso non si tratta di un generico rifiuto della politica. Al contrario, una parte significativa del mondo giovanile mostra ampia, preziosa propensione all’impegno civile, alla mobilitazione sui grandi temi del nostro tempo, dalla pace all’ambiente, al volontariato, alla vita associativa. Ma tanti decidono di non votare”.
A buon intenditor poche parole…
P.S. Sembra che il governo ci abbia ripensato e abbia ritirato in fretta e furia le assurde misure sulla previdenza, non per resipiscenza, ma per contrasti fra i partiti di maggioranza e per calcoli elettoralistici. Il ministro Giorgetti (fa più tenerezza che pena) è rimasto col cerino acceso in mano, ma a scottarsi sono i cittadini sgovernati. Vale tutto quanto sopra a maggior ragione. Brancolano nel buio!
