Blocco (?) all’ingresso nei siti porno per i minori, pena dell’ergastolo per i femminicidi, consenso libero e attuale per vincere una sorta di presunzione di stupro, aggiungiamoci pure anche il divieto dei telefoni cellulari a scuola: mi rendo conto di mettere parecchie erbe in un unico fascio, ma lo faccio non per contrarietà a questi provvedimenti, peraltro quasi sacrosanti, ma per esprimere parecchio scetticismo sulla loro efficacia.
Parto dai siti porno e ritorno a Monsignor Riboldi, vescovo di Acerra, il quale durante un convegno confessò di avere scandalizzato un gruppo di monache, affermando paradossalmente di preferire la pornografia pura a certe pubblicità e spettacoli televisivi ammantati di perbenismo.
Mi capita in questi giorni, in mezzo all’autentica valanga pubblicitaria da cui si viene investiti durante qualsiasi trasmissione televisiva su tutte le reti (comprese quelle di ispirazione cattolica), di osservare uno spot che presenta un insegnante e un padre che indagano bonariamente sui comportamenti degli adolescenti in gita scolastica o in giro per la città e che si accontentano delle risposte ironicamente evasive dei ragazzi che negano bellamente le loro trasgressioni. Il tutto riportato a gag salvo concludere sarcasticamente che a volte in queste scorribande giovanili ci scappa poi il morto su cui vengono sparsi fiumi di amare lacrime. Qual è infatti la morale di questa pubblicità: trasgredite pure, prendete pure in giro i vostri educatori, divertitevi, mangiate i biscotti “Ringo” e vedrete che tutto andrà bene…
Vengo alle norme repressive e punitive. Mio padre credeva fermamente alle regole ed alla necessità di rispettarle al punto da illudersi ingenuamente di risolvere il problema dell’evasione carceraria apponendo un cartello “chi scappa sarà ucciso”. «An scapa pu nisón» aggiungeva tra il serio e il faceto.
Mia madre così come era rigorosa ed implacabile con se stessa era portata a giustificare chi si macchiava di delitti, commentando laconicamente: “Jén dil tésti mati”. Qui mio padre, in un simpatico gioco delle parti, ricopriva il ruolo di intransigente accusatore: “J én miga mat, parchè primma äd där ‘na cortläda i guärdon se ‘l cortél al taja. Sät chi è mat? Col che l’ätor di l’à magnè dez scatli äd lustor. Col l’é mat!”. Avevano entrambi non poche ragioni per i loro convincimenti.
Vengo ai telefoni cellulari. Tutti i politici, quando vengono fotografati o ripresi dalle telecamere hanno uno smartphone in mano o vicino all’orecchio. Mi sono chiesto più volte cosa avranno sempre da comunicare, con chi parleranno, magari è tutta una messa in scena per dimostrare di essere molto impegnati. Come quell’impiegato di un importante e complesso ente, il quale si vantava di trascorrere intere giornate lavorativa girovagando da un ufficio all’altro con un foglio di carta in mano.
E poi il ministro dell’Istruzione vuole impedire l’uso dei cellulari agli scolari…ma fatemi il piacere…
Quanto agli stupri non abbiamo forse esempi molto altolocati di sfruttamento sessuale delle donne? Fate come dico e non come faccio? È comodo! Per quei signori c’è sempre il consenso libero e attuale?!
Termino con due episodi di educazione incivile.
Tanto tempo fa ero alla fermata di un autobus ed attendevo con la solita impazienza l’arrivo del mezzo pubblico; accanto a me stavano un giovane padre assieme a suo figlio bambino, ma non troppo. Sfogliavano un giornale sportivo e leggevano i titoloni: il più eclatante diceva della pesante squalifica comminata a Maradona per uso di sostanze stupefacenti. Si, il grande Maradona (Mardona lo chiamava mio padre…. ed era tutto un programma) beccato con le dita nella marmellata. Il bambino ovviamente reagì sottolineando la gravità della sanzione ed espresse, seppure un po’ nascostamente, il suo rincrescimento per l’accaduto. Qui viene il pezzo forte, la reazione del padre che vomitò (non so usare un verbo migliore): “Capirai quanto interesserà a Maradona con tutti i soldi che ha!!!” Il bambino non replicò e l’argomento purtroppo si chiuse così.
Non so ancora darmi ragione del mio silenzio, ma forse fu dovuto al fatto che una bestialità simile non me la sarei mai aspettata da un padre: ci fosse stato “mio padre” non avrebbe taciuto. In poche parole quel signore aveva lanciato un messaggio negativo, diseducativo all’ennesima potenza. Era come dire al proprio figlio: “Ragazzo mio, nella vita conta solo il denaro, delle regole te ne puoi fare un baffo, della correttezza fregatene altamente”.
Arrivò finalmente l’autobus, il tutto finì lì, ma ringraziai mio padre perché non ragionava così.
Passo al secondo episodio commentato.
Gli insegnanti sono uomini come gli altri, soggetti a sbagliare, con i loro difetti che, a volte, possono anche portarli a commettere gravi ingiustizie. Un tempo avevano sempre e comunque ragione, il loro giudizio non si discuteva e i genitori ne prendevano atto. Oggi si è capovolto il discorso: gli insegnanti hanno sempre torto e i genitori si schierano pregiudizialmente dalla parte degli alunni, creando un cortocircuito pericolosissimo a livello educativo. I giovani infatti, già portati a non accettare i rimproveri dei loro insegnanti, si sentono spalleggiati e quindi ancor più refrattari rispetto alla disciplina scolastica.
Ricordo di aver involontariamente ascoltato, su un bus che portava a scuola alcune ragazzine, il concitato dialogo fra due di esse: parlavano di una loro insegnante, a loro dire piuttosto bisbetica, e una delle due riportava quanto detto al riguardo dalla propria madre: «Sai perché la tua insegnante ti sta addosso con i suoi continui rimproveri? Perché lei è brutta e tu sei molto carina! Tutto è frutto dell’invidia…». Risatine compiaciute.
Può darsi benissimo che l’insegnante fosse bruttina. La ragazza sinceramente non la ricordo. Il personaggio veramente “brutto” era però la scandalosa genitrice: mi chiedo cosa avesse nel proprio cervello per arrivare a simili insinuazioni. Siamo alla pura follia. Anche ammettendo che il comportamento della professoressa fosse veramente improntato all’invidia e alla rivalsa, mai e poi mai una madre dovrebbe sputtanare in tal modo un’insegnante di fronte alla propria figlia. Semmai chieda un incontro, apra un dialogo, anche serrato, ma dire scemenze del genere…
Ebbene, di fronte all’enorme problema della violenza sulle donne e al corrispondente maschilismo degli uomini, la politica non sa che reprimere legalmente e balbettare “diseducativamente”. Tanto rigore punitivo e poco intento didattico. Mi riferisco ai bigottismi sessuofobici della pseudo-religione e alla vuota e faziosa rivendicazione del ruolo genitoriale in merito all’educazione sessuale nelle scuole.
I provvedimenti in discussione, spacciati per panacea dei mali, sembrano quindi più una difesa d’ufficio dei governanti che una seria spinta all’impegno dell’intera società, danno più l’idea di una chiusura della stalla a buoi scappati che di un impegno a ripulire la stalla in presenza dei buoi.
