Batte la Davis, non rispondono i soldi

Da qualche tempo ho decisamente accantonato la passione calcistica per sostituirla con quella tennistica: la scelta è dovuta a motivi spettacolari (molto più accattivanti le sfide tennistiche di quelle calcistiche) ed etici (più equilibrato e accettabile, anche se un po’ snob, il tifo per le palline rispetto a quello per il pallone).

Ci sono però due caratteristiche in campo tennistico che mi creano perplessità: i compensi da nababbo al vertice di un triangolo che vede alla base uno sfacciato movimentismo economico internazionale e in altezza un opportunistico sottobosco di personaggi prezzolati che mangiano alla mensa dei campioni; l’individualismo affaristico spinto che va oltre le competizioni tradizionali a squadre nazionali (vedi coppa Davis).

È di questi giorni la rinuncia dei due migliori fichi del bigoncio tennistico italiano (Sinner e Musetti) a partecipare alla fase finale della Coppa Davis in programma a Bologna. Non ho trovato giustificazioni plausibili a questi forfait, se non quelle rientranti nella logica di “mammona”, dovuti sostanzialmente ad un professionismo senza limiti, che mette in secondo piano i residui valori sportivi riconducibili alle storiche competizioni internazionali.

L’individualismo, abbinato a sacrale divismo e sfrenata avidità, trionfa anche nello sport: non si distingue il tennis. A tutto però dovrebbe esserci un limite: è questione di decenza. C’è quasi paura di dire la verità e di smontare l’immagine costruita intorno a questi super-tennisti. Io non ho di queste paure, anzi mi diverto a dissacrare anche i padreterni della racchetta.

Nonostante che il mondo vada in questa triste direzione affaristica di cui è vittima anche lo sport, si vergognino! Tutto sommato meglio fare senza questi padroncini: la vittoria o la sconfitta saranno ancor più dignitose e soddisfacenti. In parole povere dico a Sinner e Musetti di andare a quel paese! Della loro ingiustificata assenza ci faremo una ragione!