Giorgia Meloni lancia una stoccata alla Cgil e al sindacato di base Usb, promotori di uno sciopero generale per la Global Sumud Flotilla, la missione umanitaria diretta a Gaza e fermata da Israele. “Mi sarei aspettata che almeno su una questione che reputavano così importante non avessero indetto uno sciopero generale di venerdì perché il weekend lungo e la rivoluzione non stanno insieme”, ha spiegato la presidente del Consiglio al suo arrivo a Copenaghen (Danimarca) per il vertice della Comunità politica europea.
L’iniziativa presa dall’Usb e dal sindacato guidato da Maurizio Landini “non porterà alcun beneficio al popolo della Palestina, in compenso porterà molti disagi al popolo italiano. Lo stesso popolo italiano che ancora ieri veniva ringraziato dai palestinesi per il lavoro che sta facendo”, ha spiegato Meloni. “Ricordo che per esempio ieri siamo stati la prima nazione ad aprire un corridoio per i ricercatori. Ricordo che siamo la nazione non islamica che ha evacuato più persone per essere curate nei propri ospedali e siamo una delle prime nazioni al mondo per consegna di aiuti”. (today.it)
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Confermato lo sciopero generale dopo il fermo degli attivisti della Global Flotilla. Le organizzazioni sindacali presenteranno un ricorso al giudice del lavoro contro la delibera della Commissione di garanzia sugli scioperi che lo ha dichiarato illegittimo per la mancanza di preavviso. L’esame, in questo caso, richiederà alcuni giorni.
“Il nostro sciopero è pienamente legittimo perché noi l’abbiamo fatto rispettando la legge 146 che prevede che di fronte a violazioni costituzionali, la messa in discussione della salute e sicurezza dei lavoratori c’è la possibilità di fare lo sciopero senza il preavviso” ha detto a RaiNews24 il segretario generale della Cgil Maurizio Landini confermando l’agitazione. “Anzi – ha aggiunto Landini – impugniamo la delibera della Commissione e se questa dovesse comportare verso l’organizzazione sindacale delle sanzioni siamo pronti a impugnare anche quelle”. “Non si stanno rispettando le nostre norme costituzionali”, non sono tutelati “nostri connazionali arrestati in acque libere” da Israele. (today.it)
Senza scadere nel manicheismo, si può commentare schematicamente: “visto da destra e visto da sinistra”. Ci sono infatti due modi di interpretare la Costituzione e il rispetto costituzionale delle leggi, quello del perbenismo burocratico e quello della spregiudicatezza democratica.
Di fronte alla macelleria israeliana e a chi osa provocatoriamente chiedere la chiusura di questo macabro negozio in cui si attua un vero e proprio massacro del popolo palestinese, che senso ha nascondersi dietro il dito della legittimità dell’esercizio del diritto di sciopero? Non uno, ma mille scioperi in difesa di chi rischia il massacro! Se non si fa uno sciopero generale per simili sacrosanti motivi, quando mai si potrà e dovrà fare?
Sì, perché, oltre la sorte dei partecipanti alla Flotilla, c’è in ballo innanzitutto e soprattutto quella dei palestinesi, dei quali – al di là degli equilibrismi pattizi dei mistificatori col cuore di pietra e degli esitanti e paralizzanti razionalismi adottati dai prudenti caga-dubbi (chiedo scusa a Davide Rondoni – “Avvenire”) a costo dell’inazione – non frega niente a nessuno. La vicenda della Flotilla altro non è che l’ulteriore prova del fatto che, se ci sarà un rinnovamento, questo potrà nascere solo dalla base popolare-civica e non dalla politica. Ecco perché la questione palestinese val bene uno sciopero generale.
Del perbenismo meloniano i palestinesi non sanno di che farsene, mentre penso abbiano almeno qualche ristoro sapendo che tanti italiani non si girano dall’altra parte di fronte alla loro disperazione senza fare calcoli di convenienza economica e politica.
Il diritto di protestare, con l’iniziativa della Flotilla e con gli scioperi conseguenti, non ha soltanto un significato di mera seppure importantissima difesa degli interessi dei lavoratori, ma ha un valore educativo di deterrenza etico-culturale contro l’indifferenza.
Proprio la senatrice Liliana Segre, in un discorso del 27 gennaio 2020 al Memoriale della Shoah di Milano, affermò: «L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò disprezzo, temo e odio gli indifferenti. Le parole di Antonio Gramsci rendono bene il senso di una malattia morale che può essere anche una malattia mortale. (…) Perché quando credi che una cosa non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore. L’indifferente è complice dei misfatti peggiori. L’alternativa, diceva don Milani, è “I care”, me ne importa, mi sta a cuore».
Stiamo scivolando nella globalizzazione dell’indifferenza e della meschinità del “chi me lo fa fare”: se reagire a questo vomitevole andazzo vuol dire essere un tantino anarchici, se per svelare le ipocrisie del potere e scrollarsi di dosso l’indifferenza occorre un po’ di sana spregiudicatezza, mi sento tranquillamente di correre questo rischio.
D’altra parte mio padre non era forse quasi anarchico nella sua insolente e spontanea parmigianità? Quasi sempre i suoi messaggi mantengono intatta la loro attualità, la loro abbondante dose di ironica, per non dire graffiante, provocazione, in una gustosa miscela di anticonformismo, radicalismo, anarchia, trasgressione, etc.: il tutto insaporito da una spruzzata di autentica parmigianità, molto soft, poco ostentata ma sottilmente e gradevolmente percettibile.
In Italia l’invito a reagire lanciato dalla Flotilla ha trovato accoglienza in una larga fascia della popolazione, ma non nel governo che parandosi dietro a superiori ragioni di Stato ha sostanzialmente esortato i naviganti a rinunciare ai loro propositi.
Ma così facendo il nostro governo ha reso un pessimo servizio non solo al popolo palestinese, ma alla stessa democrazia che già si trova in crisi profonda. Il continuo riempirsi la bocca di principi altisonanti a cui, però, fanno seguito scelte in direzione opposta, provoca nei cittadini non solo disorientamento culturale e morale, ma anche una paralizzante chiusura in sé stessi che spalanca la strada a ogni forma di sopruso e di orrore.
Il doppio standard verbale, morale e politico, che da un paio di anni si è affermato in Europa, per cui lo stesso tipo di gesto è ora condannato, ora approvato, a seconda se a commetterlo è uno Stato amico come Israele o nemico come la Russia, genera nell’opinione pubblica uno sconcerto tale da indurla a bollare come ipocrita l’intera classe politica, rinunciando a qualsiasi forma di partecipazione. Una deriva forse gradita a quei politici interessati solo al potere, ma che risulta disastrosa per una serena convivenza sociale. La messa in discussione di questa impostazione è un altro contributo reso dalla Global Sumud Flotilla di cui dobbiamo essere grati. (Francesco Gesualdi – “Avvenire”)