La sinistra francescana per antonomasia

Per festeggiare san Francesco vado a prestito dal mio carissimo amico Pino che mi regala le sue riflessioni.

Tutti vogliono riappropriarsi della figura di San Francesco. Ci ha provato Grillo, adesso la stronzetta-furbetta. Due libri, uno di Cazzullo, l’altro dello storico laico Barbero, sono in cima ai libri più venduti. Se da una parte mi fa piacere perché San Francesco ci sta davanti come esempio (lo diceva Ernesto Balducci), dall’altra parte “m’incazzo” moltissimo perché mi dispiaccio che i rincretiniti cattolici di sinistra se lo lascino scippare senza battere ciglio. Scherziamo? San Francesco è “sinistra” (anche se figura universale); quelli dopo di lui, penso da ultimi a papa Giovanni, madre Teresa di Calcutta, don Tonino Bello, papa Francesco o figure politiche come Giorgio La Pira, ne seguono in qualche maniera le orme: povertà e poveri, gli ultimi. Non si può mescolare il diavolo (Trump) con l’acqua santa (San Francesco). Se tu ti ispiri ad un santo, anche in piccola parte, devi cercare di seguirne le orme, non come la Meloni che è agli antipodi ed è quindi una mistificatrice.

San Francesco è un contestatore-provocatore, forse, dopo Gesù, il più grande contestatore-provocatore di tutti i tempi. Tento quindi di coglierne la forza d’urto in campo ecclesiale ed in campo politico-civile.

  • «Diventate coscienza critica del mondo. Diventate sovversivi. Non fidatevi dei cristiani “autentici” che non incidono la crosta della civiltà. Fidatevi dei cristiani “autentici sovversivi” come San Francesco d’Assisi» (don Tonino Bello, vescovo e profeta, ai giovani).

Papa Francesco aveva scelto il suo nome per onorare il santo italiano noto per la sua umiltà, la povertà e il suo amore per il prossimo e la creazione. Questa scelta simboleggiava un programma per una Chiesa più vicina ai poveri e più attenta ai valori di giustizia e misericordia, in contrasto con la visione di una Chiesa più mondana e burocratica. L’occasione è propizia per dare uno sguardo “francescano” a quanto sta succedendo nella Chiesa a livello del papato, che purtroppo mantiene una doppia natura, autorità religiosa e morale da una parte, signoria mondana dall’altra. Questa doppia natura, ci si è sempre chiesti, è coerente col comandamento del Signore circa l’essere «nel mondo, ma non del mondo»? In altre parole, il papa-sovrano che accetta la logica del potere mondano è il san Pietro che ama il Signore, o quello che lo tradisce? Tante porcherie della Chiesa si possono fare risalire a questa ambivalenza. A ciò papa Francesco aveva dato una risposta scardinante: quella della profezia. Un papa non secondo il mondo, ma secondo il Vangelo: capace di spiazzare ogni suo interlocutore perché la profezia e la potestà papale non avevano forse mai coinciso, nella storia bimillenaria della Chiesa. Il suo parlare era sì, sì, no, no: così contravvenendo alla prima regola del potere terreno, quella di una sistematica menzogna. Leone XIV saprà essere un profeta? Ho la maliziosa impressione che con lui il papato rischi di tornare nell’alveo ordinario dell’esercizio del potere. Fin qui, purtroppo, nulla di strano: ‘strano’ era Francesco e prima di lui san Francesco. (libera citazione di Paola Caridi e Tomaso Montanari).

 

  • «Quale Francesco? È l’eterna domanda che investiga e interroga il rapporto tra il carisma profetico e la sordità del potere istituzionale. Non è difficile sentirla attuale oggi, quando ci chiediamo se un altro Francesco vada riconosciuto nel candore evangelico di affermazioni e atti che appaiono rivoluzionari, o invece nella vischiosità ineludibile di un potere mondano che processa giornalisti e non accredita ambasciatori perché omosessuali. O quando ci chiediamo se Assisi sia un epicentro di vita spirituale o, invece, una grande macchina da soldi, e se gli affreschi stessi della Basilica siano ancora un testo vivo o solo un’attrazione moralmente afona» (Tomaso Montanari recensione su Chiara Frugoni – Quale Francesco? – Ed. Einaudi).

San Francesco è patrono d’ Italia e d’Europa. Forse prima e più che proteggerci ci contesta. Proviamo a pensare cosa direbbe delle politiche italiane ed europee e facciamoci aiutare da Liliana Cavani e da papa Francesco.  «(…) Dobbiamo essere grati a questo papa perché ci sta riportando vicino a Gesù Cristo, al ‘nostro posto’ accanto a lui. Dobbiamo essergli grati perché ha rimesso il Vangelo al centro della Chiesa, anzi al posto principale di una Chiesa che era un po’ troppe altre cose. (…) Gesù Cristo non è un padre padrone, eppure per secoli la Chiesa per la maggior parte del tempo si è sentita ‘padrona’. Per questo papa Bergoglio si è defilato dal Palazzo e vive in una casa normale. Questa scelta è uno dei primi discorsi di papa Bergoglio, un fatto che pare abbia fatto arrossire alcuni cardinali e anche incavolare altri cardinali o prelati di rango. (…) Papa Wojtyla si è battuto tenacemente contro la dittatura sovietica, ma papa Bergoglio non ha un nemico più facile: ‘l’ideologia del mercato’, un’ideologia subdola come le malattie nascoste. (…) Aumentare il patrimonio nel modo più speculativo è diventato un merito. Se ciò può provocare sofferenza poco importa. Accumulare è un vanto e la dimostrazione più formidabile di intelligenza. In realtà a ben guardare molte ricchezze sono l’esito di politiche economiche rozze, autoritarie, sostenute da speculatori spregiudicati. (…) La politica per Roma era sacra. Il loro Dio non era in un luogo e in un tempo metafisico. Pietro e Paolo riescono a seminare il Vangelo perché lo testimoniano con una visione della vita nuova, nuovissima, piena di senso. E così fece Francesco di Bernardone camminando nei paesi dell’Italia centrale. E papa Francesco fa uguale. Possibile? Possibile seminare lo stesso messaggio in tempi tanto distanti? La stessa visione della vita? A Roma nel 40-50 d.C., nel 1200 ai tempi di Francesco, nel 2017? È così. Andremo su Marte e sarà necessario portarsi il Vangelo» (Liliana Cavani, intellettuale, regista teatrale e cinematografica, da un suo saggio contenuto nel libro “Francesco e noi” a cura di Francesco Antonioli, Edizioni Piemme).

 

  • In conclusione niente celebrazioni blasfeme, ma esami di coscienza privati e pubblici. Niente fiori, ma opere di “pace e bene”. San Francesco non è al di sopra delle parti, ma sta da una parte ben precisa: quella dei poveri e degli ultimi. Santa demagogia!!!

Alla conferenza stampa nella sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio, sulle celebrazioni per l’ottavo centenario della morte di San Francesco si respirava un clima, raro di questi tempi, di vera condivisione: «Dal primo gennaio del prossimo anno si aprirà l’ottavo centenario, un’esperienza che si muove in continuità con l’anno giubilare ancora in corso», spiega Mantovano. Ieri il definitivo via libera del Senato con una sostanziale unanimità al ripristino della festa, «a conferma che San Francesco pur nei frangenti più complicati della nostra storia è punto di unità tra le persone. Che San Francesco sia di tutti non significa, però, che tutti possano annoverarlo sotto le proprie bandiere: l’uso strumentale dei santi è pratica particolarmente sgradevole», conclude Mantovano. (“avvenire.it)

Dissento categoricamente! San Francesco non è punto di unità e non è e non può essere di tutti. Non si tratta di fare un uso strumentale del messaggio francescano, ma di prenderlo sul serio e ciò comporta il venire a galla di tutte le contraddizioni.

Raccomando al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano un corso accelerato sul Vangelo.

La frase “Non sono venuto a portare pace sulla terra ma divisione” è citata nel Vangelo secondo Luca (Lc 12,49-53), dove Gesù afferma che la sua venuta non porterà una pace universale, ma divisioni, anche all’interno delle famiglie (figuriamoci tra e nei partiti politici), perché la sua predicazione impone una scelta tra il bene e il male, tra chi abbraccia il suo messaggio e chi no, generando così separazioni.

Il discorso calza a pennello per san Francesco. Infatti ribadisco quanto afferma l’amico Pino: san Francesco è di sinistra! A destra e al centro se ne facciano una ragione. A sinistra però si diano una scrollata di coscienza e una mossa di carità.