PARIGI. È durato meno di un mese l’incarico del primo ministro Sebastien Lecornu, che ha presentato questa mattina le dimissioni al presidente Emmanuel Macron. Ad annunciarlo l’Eliseo, dopo che ieri sera era stata presentata la nuova squadra di governo. Una lista di ministri quasi identica a quella del precedente esecutivo, che ha provocato le ire delle opposizioni, pronte a sfiduciare Lecornu alla prima occasione. Ma le scelte fatte hanno provocato malumori interni alla stessa coalizione, con i Repubblicani scontenti soprattutto della scelta di nominare il loro ex membri Bruno Le Maire alla guida del dicastero della Difesa dopo anni passati a gestire quello dell’Economia. Dal Rassemblement National di Marine Le Pen alla sinistra: tutti decisi a far cadere il nuovo governo.
Adesso il presidente Emmanuel Macron dovrà decidere se nominare un nuovo primo ministro o se sciogliere l’Assemblea nazionale come richiede Le Pen e indire elezioni legislative anticipate. L’ipotesi delle dimissioni, domandate a gran voce dal partito della sinistra radicale La France Insoumise, sembra essere un’ipotesi remota e difficilmente realizzabile. «Ci sarà certamente un ritorno alle urne nelle prossime settimane», ha commentato il presidente del Rassemblement National, Jordan Bardella, spiegando che il suo partito è pronto «ad assumersi le proprie responsabilità». (“La Stampa” – Danilo Ceccarelli)
Non riesco sinceramente a capire cosa stia succedendo in Francia. L’assetto istituzionale (repubblica semipresidenziale) sta dimostrando tutti i suoi limiti; il panorama politico è confuso tra una destra forte che soffre però di conventio ad excludendum, una sinistra radicale che non riesce a bucare le urne, un presidente, con tante macchie e sostanzialmente senza partito, che non si rassegna e resta in carica sul filo del rasoio tagliente eccome per la pelle dei francesi; la piazza in preda alle proteste impossibili da interpretare, rappresentare e sintetizzate. Un casino pazzesco!
Mi sembra che in Francia si stiano scatenando tutti i tuoni e lampi della democrazia occidentale: meno male che non esiste un personaggio carismatico alla Donald Trump. Sarebbe per noi italiani un cugino oltre modo scomodo: se Parigi piange, Roma non ride e viceversa.
Credo che occorrerebbe partire da una riforma istituzionale, ma chi la può portare avanti se i partiti sono affetti da schizofrenia totale? La società civile si sfoga nelle piazze, ma chi la può veramente ascoltare e minimamente rassicurare. La destra è estremisticamente inaffidabile per i francesi, mentre la sinistra è troppo popolare e poco rassicurante. Emmanuel Macron ha deluso tutte le aspettative all’interno e all’estero.
Non vorrei che i francesi si stancassero della situazione insostenibile e finissero per cedere alla tentazione di un governo di destra, guardando magari all’Italia che ha disgraziatamente superato il fattore NZ (nazifascista) e alla conseguente fasulla stabilità italiana.
Non vorrei che la sottile vena nazionalista si trasformasse in vero e proprio antieuropeismo con effetti catastrofici sul già debole impianto della Ue.
Se fossi un francese e avessi voglia di esercitarmi in geopolitica, farei fatica districarmi nel casino, forse mi schiererei con la sinistra radicale per chiedere le sacrosante dimissioni di Macron per poi sperare che resti in vigore la conventio ad excludendum e si trovi un candidato presidente che risvegli la democrazia francese e scelga un europeismo definitivo e convinto. L’Europa, che ha avuto nel francese Schuman un pioniere dell’europeismo assieme ad Adenauer e de Gasperi, potrà trovare un altro pioniere che sappia magari fare squadra con nuovi pionieri italiano e tedesco da individuare? Tutto da rifare. Sognare, sperare e tentare non nuoce!