La relatrice Onu ha scelto di abbandonare il programma di La7 dopo un confronto acceso sul termine «genocidio» e prima che Francesco Giubilei, anch’egli ospite del talk, concludesse il suo intervento.
Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati, ha lasciato lo studio di in Onda, su La7, durante la puntata andata in onda questa sera. Invitata per discutere della situazione a Gaza, Albanese si è confrontata con il giornalista del Corriere della Sera Federico Fubini e con Francesco Giubilei, vicino a Fratelli d’Italia. Sin dall’inizio del dibattito, Albanese ha difeso l’uso del termine «genocidio» per descrivere l’azione militare israeliana nella Striscia. Una posizione contestata da Fubini, secondo cui «non sta a nessuno di noi stabilire se si tratti di genocidio o meno: serve un’inchiesta formale». Il confronto, già teso, si è ulteriormente acceso dopo l’intervento di Giubilei, culminando nell’uscita dallo studio della relatrice Onu.
Il punto di rottura è arrivato quando Francesco Giubilei ha evocato le parole della senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, sostenendo che definire genocidio l’intervento militare israeliano a Gaza rappresenti un’accusa impropria. Prima della fine dell’intervento di Giubilei, la relatrice Onu ha scelto di interrompere la propria partecipazione e ha lasciato lo studio.
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«Se una persona ha un tumore, non va a farsi fare la diagnosi da un sopravvissuto a quella malattia ma da un oncologo». Meno di 24 ore dopo aver lasciato lo studio di In Onda, su La7, per protesta contro le posizioni degli altri ospiti, Francesca Albanese ha spiegato la sua reazione a Fanpage. E si è concentrata in particolare su Liliana Segre, che – come aveva ricordato in trasmissione Francesco Giubilei – ha sempre negato che la condotta militare israeliana a Gaza sia classificabile come genocidio: «C’è chiaramente un condizionamento emotivo che non la rende imparziale e lucida davanti a questa cosa».
La relatrice speciale dell’Onu per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati è tornata sull’episodio giustificando la sua scelta di abbandonare gli studi. Da una parte, l’appuntamento per registrare un podcast: «Sono una persona precisa ed ero già stata costretta a un ritardo, ma non accetto di prolungarlo se devo confrontarmi con due persone che non sono preparate sul tema Gaza». Per Francesca Albanese, infatti, «l’interlocuzione con chi non ha conoscenze del tema è impossibile. Io sono una giurista, una tecnica». Il riferimento è, chiaramente, alla vaghezza dell’ospite Federico Fubini sul tema del genocidio: «Credo che in questo momento nessuno su questo punto si possa pronunciare».
Le parole che hanno scatenato però la reazione di Francesca Albanese sono state quelle di Giubilei: «Sul genocidio sono d’accordo con la senatrice Segre». A quel punto si è alzata e se n’è andata: «Immagini il paradosso di questa situazione: chiamare in causa una persona sopravvissuta all’olocausto e al genocidio. Conosco tantissimi esperti di storia, anche sopravvissuti all’olocausto, che dicono che quello a Gaza sia un genocidio. Ma siccome la posizione della senatrice Segre torna utile, si utilizza quella». Insomma, la senatrice a vita sarebbe strumentalizzata: «Ho grandissimo rispetto per la senatrice Segre, una persona che ha vissuto traumi indicibili. Per questo sostengo che ci sono gli esperti e che non è la sua opinione, o la sua esperienza personale, a stabilire la verità su quanto sta accadendo».
Anche perché, per Albanese, la visione di Liliana Segre viene inevitabilmente offuscata dal suo vissuto. Eppure influenza comunque il dibattito pubblico: «Il dato fondamentale in questo paese è l’analfabetismo funzionale. La gente non capisce ciò che legge e non ha in questo contesto di dibattito pubblico sulla Palestina gli strumenti per capire cosa sta accadendo». E alle accuse di propaganda risponde: «Sto investendo molte energie nel cercare di far capire alla gente quali sono i termini del diritto sulla questione. Ci sono fior fiore di sionisti accademici, perché invitare in trasmissione gente che non sa niente?». (open.online – Ugo Milano)
Sono oltre modo d’accordo con Francesca Albanese. Mentre posso capire l’imbarazzo psicologico dei sopravvissuti ad Auschwitz nell’ammettere che Israele stia ripetendo sui palestinesi i crimini commessi dai nazisti sugli ebrei, non accetto chi strumentalizza tale comprensibile titubanza per negare l’evidenza.
È perfettamente inutile nasconderlo: imperversa a livello governativo, politico, culturale e mediatico una sorta di riserva mentale riguardo al comportamento di Israele. Si risolve il caso adottando la corrispondenza biunivoca fra la strage perpetrata da Hamas e la lucida e sistematica azione di genocidio verso l’intero popolo palestinese.
Il caro amico Alfredo Alessandrini ha recentemente scritto sulla “Gazzetta di Parma”: «La tragedia dell’Olocausto è divenuta popolare ed è entrata nella sensibilità comune. Tutti siamo stati vicini al popolo ebraico così drammaticamente colpito. Ma allo stesso modo siamo a fianco e soffriamo ogni giorno il dramma del popolo palestinese a causa dello sterminio in atto. Una reazione di Israele al grave atto di terrorismo del 7 ottobre era nei fatti. Ma ora viene perpetrata non una reazione ma un’azione di sterminio di un popolo a causa delle bombe ma anche della fame e della sete, quindi di una vera e propria carestia».
È inaccettabile la narrazione basata, come dice Francesca Albanese, sulla opportunistica malafede dei politici e dei loro tirapiedi e accolta dall’ignoranza, più o meno colpevole, di gran parte della pubblica opinione.
Stare poi a sottilizzare sul termine “genocidio” è un macabro espediente per sgattaiolare fuori dall’enorme tragicità del problema.
Mio padre, quando si accorgeva che la ricerca del colpevole della morte di una persona era condizionata da ostruzionismi e formalismi e non si riusciva a trovarne la causa e non si individuava nemmeno l’esecutore materiale dell’eventuale delitto, concludeva sarcasticamente: «As védda che quälcdòn al gà preghè un cólp…». Evidentemente ai palestinesi sono stati “pregati” molti colpi…o in alternativa si vuol addirittura far credere che si siano sostanzialmente suicidati gridando “evviva Hamas”.
L’episodio delle subdole censure a Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati, rientra infine nella strisciante delegittimazione delle istituzioni internazionali per far posto alla logica del diritto del più forte. Tutti a recriminare sulla mancanza di autorità da parte dell’Onu, salvo lanciare una bomba putiniana a poca distanza dal segretario generale Guterres in missione di pace in Russia e Ucraina, salvo fregarsene altamente delle sue risoluzioni o addirittura impedirle, salvo i veri e propri sabotaggi trumpiani, salvo gli spudorati attacchi di Netanyahu, salvo appunto contestare, in modo peraltro triviale, l’autorevole opinione di una sua alta e competente funzionaria.