Potrà mai scaturire la pace dal Cesare Augusto dei giorni nostri, Donal Trump, a cui servono solo i numeri per vantare la grandezza dell’Impero mentre le persone vere, col loro corpo e la loro storia, sono solo d’inciampo?
Potrà sortire la pace da una strage di innocenti voluta dall’Erode di oggi, Benjamin Netanyahu, che pensa soltanto ai propri interessi personali e a quelli del suo popolo a costo di uccidere tutti i neonati della Palestina? Una vera volontà di genocidio!
Quanta ipocrisia nel celebrare una insignificante tregua, che prelude ad una finta pace basata sull’ingiustizia delle armi e della forza!
Aggiungo testualmente il commento personale che mi ha trasmesso l’amico Pino in merito alla vomitevole parata internazionale di questi giorni.
“Che vergognosa messa in scena nel Parlamento israeliano…e la stronzetta e Tajani che si mettono in coda…sono pessimista. La pace non si costruisce nella falsità… É vero che, stando alla Scrittura, Dio si può servire di chiunque (compreso Trump) per raggiungere i suoi scopi di pace e di bene. Però i falsari dovranno rispondere del loro comportamento davanti a Dio. Oggi 13 ottobre (apparizioni a Fatima): liberazione degli ostaggi. Uno spiraglio di luce…non è una data casuale…tutta la storia è un continuo opporsi di odio e amore. La salvezza è iniziata attraverso il sì di Maria e l’amore avrà la meglio sull’odio solo attraverso Maria. Questo è per me l’unico segno di speranza in questo 13 ottobre in cui i falsari si sono autocelebrati. Tutti si lavano le mani come Pilato: “non si dichiarano responsabili del sangue dei palestinesi di Gaza e sembrano dire: pensateci voi…”. Ma non solo, si vantano addirittura di avere risparmiato questo sangue. Pazzesco! Il massimo dell’inganno! Invece sono responsabili e noi tutti complici perché per troppo tempo abbiamo taciuto o non pregato…”.
Dopo averli massacrati, ora li prendono “per il culo” con una vergognosa commedia. Come già scritto, ai palestinesi moderati non rimarrà altro che mangiare la minestra degli affaristi arabi compiacenti; ai palestinesi radicali non rimarrà altro che saltare dalla finestra del terrorismo che catturerà inevitabilmente il dissenso.
Nella storia si fronteggiano due date spartiacque: 11 settembre 2001, attentato alle Torri Gemelle, simbolo vivente dell’odio fra le genti; 13 ottobre 1917, ultima apparizione della Madonna a Fatima, invito alla fratellanza universale. Ne conseguono due scelte di campo drastiche ed alternative. In mezzo ci dovrebbe stare la politica con il suo tentativo di superare l’odio istintivo con il dialogo insistente.
Il 13 ottobre 2025 ha segnato purtroppo l’istituzionalizzazione dell’11 settembre, vale a dire il ripiegamento globale della politica sull’odio camuffato da dialogo: forse la più grande mistificazione di tutti i tempi. La diplomazia basata sulla forza sta sbarazzando il campo da quella fondata sul dialogo. E tutti ad applaudire…freneticamente.
Ho ascoltato il presidente Sergio Mattarella nel suo indirizzo di saluto a papa Leone in visita al Quirinale: l’unica voce politica di altissimo livello, seria, leale e coraggiosa, una sorta di contraltare rispetto alle correnti idee governative italiane e straniere. Ne riporto di seguito un significativo passaggio. Meno male che c’è Mattarella…
Il Secondo dopoguerra aveva saputo puntare a un mondo costruito sul multilateralismo, su di un sistema che prevedeva il dialogo per la risoluzione delle controversie. Un sistema che oggi sembra progressivamente accantonato.
Le istituzioni allora sorte appaiono indebolite – talvolta strumentalmente, e irresponsabilmente, delegittimate – e non in grado di incidere con la necessaria efficacia sulle crisi attuali.
Preoccupa il venir meno di meccanismi che costruiscono fiducia tra gli Stati.
In questo scenario, la logica del più forte, la tentazione di fare ricorso alle armi per risolvere una disputa, sembrano talvolta prevalere.
Dignità e diritti di singoli, di gruppi, di popoli sono sovente calpestati.
L’aggressione russa su larga scala in Ucraina, a distanza di quasi quattro anni, continua a mietere vittime civili innumerevoli, a seminare morte e distruzione, a gettare una inquietante ombra di insicurezza sull’intero continente europeo.
In Medio Oriente, alla ferita atroce dell’attacco terroristico del 7 ottobre 2023, ha fatto seguito una reazione che ha superato non soltanto criteri di proporzionalità, ma anche i confini di umanità.
Oggi c’è “una scintilla di speranza” – come Vostra Santità ha rimarcato – che va sostenuta con convinzione.
La liberazione degli ostaggi rimasti in vita è di grande valore e coinvolge quanti hanno a cuore civiltà e dignità delle persone, rivolgendo un pensiero a quanti sono morti in quella crudele condizione di prigionia.
Il cessate il fuoco a Gaza consente di iniziare a porre riparo a quella popolazione, così provata da brutale sofferenza.
Ci auguriamo che il negoziato in atto sulle tappe successive si concluda positivamente e conduca, al più presto, a un’interruzione definitiva delle ostilità e delle violenze nella Striscia, a beneficio anche della generale stabilità del Medio Oriente e della condizione dei Luoghi Santi, per rilanciare la soluzione di uno Stato per ciascuno dei due popoli, la sola in grado di consentire la possibilità di un futuro in cui tutti – Israele e Palestina – trovino pace e sicurezza.
Vorrei riaffermare che la pace vera, duratura, risiede nell’animo dei popoli. Diversamente, sotto la cenere della fine delle violenze cova il rancore, pronto a divampare nuovamente alla prima occasione che possa essere sfruttata, per rendersi conto allora che la fine delle violenze si trasforma, purtroppo, in una parentesi tra due esplosioni.
Ucraina e Medio Oriente sono soltanto due dei principali scenari di guerra, quelli a noi più vicini.
Il numero dei conflitti e delle crisi umanitarie in corso è purtroppo più alto, come Vostra Santità più volte ci ha ricordato.
Anzi, di fronte a tanta efferatezza un rischio che non possiamo sottovalutare è che – accanto ai tanti che si sentono chiamati all’opera di costruire la pace – parte dell’opinione pubblica rimanga come assuefatta, che la sofferenza di milioni di esseri umani non scuota più le coscienze.
Non aspiriamo soltanto a una interruzione nelle violenze: non possiamo sentircene appagati. Aspiriamo a una condizione che faccia riprendere ai popoli uno stabile percorso di pace e di collaborazione nella vita del mondo.
A fare le spese di un mondo nel quale la convivenza pacifica è messa così in pericolo, sono sempre i più vulnerabili, soprattutto bambini e giovani. Non è accettabile che venga sottratto il futuro a intere generazioni.
Spesso a pagare un prezzo alto nelle guerre sono le comunità cristiane, prese di mira per il ruolo di stabilizzazione e di moderazione che tradizionalmente esercitano, in particolare nel Vicino Oriente.
È un quadro allarmante, Santità, che contrasta con le aspirazioni dei cittadini di ogni popolo. I suoi riflessi non risparmiano neppure le nostre società, alle prese con frequenti fenomeni di polarizzazione, di integralismo, di emarginazione dei poveri e degli svantaggiati.
La minaccia terroristica è più che mai dietro l’angolo e si propone persino come catarsi psicoanalitica. La vera pace è di là da venire e cede il posto a brevi ed illusorie pause belliche spacciate per grandi conquiste umanitarie. Alla forza della pace si sostituisce la pace attraverso la forza (il bello è che ci crediamo!). I superbi trovano il modo di accordarsi e dettare legge con i loro pensieri. I potenti si assolvono a vicenda e restano ben saldi sui loro troni. I diritti dei deboli vengono sistematicamente calpestati. Gli umili vengono ingannati. Gli affamati vengono uccisi. A Sharm el Sheikh abbiamo varato un transatlantico su cui ballare e sprofondare insieme felici e contenti. Verrà un giorno!?