Entro la fine della settimana il governo britannico dovrebbe annunciare il riconoscimento dello Stato di Palestina. Il primo ministro Keir Starmer aveva avvertito a luglio che il Regno Unito avrebbe preso questa iniziativa se Israele non avesse adottato misure concrete per alleviare le sofferenze a Gaza, concluso un accordo di cessate il fuoco con Hamas e accolto la soluzione dei due Stati. Nessuna delle condizioni si è verificata. Secondo il quotidiano inglese The Times la conferenza stampa in cui verrà ufficializzata la decisione verrà convocata appena dopo la ripartenza del presidente statunitense Donald Trump, fermamente contrario alla mossa, in visita di Stato a Londra.
Le divisioni tra Regno Unito e Stati Uniti sulla questione sono profonde. La ministra degli Esteri, Yvette Cooper, ha sottolineato che l’assalto militare israeliano a Gaza City è stato «del tutto sconsiderato e terribile». «Porterà soltanto altro spargimento di sangue – ha aggiunto -, ucciderà altri civili innocenti e metterà in pericolo gli ostaggi rimasti». Al contrario, Marco Rubio, il segretario di Stato americano che ha accompagnato Trump in visita a Londra, ha insistito che il riconoscimento formale della Palestina come Stato renderebbe la pace meno probabile. «In realtà rende i negoziati più difficili perché incoraggia Hamas». A suo dire, è questo il motivo per cui la mossa potrebbe provocare un’ulteriore «controreazione” da parte di Tel Aviv. Parole che fanno riferimento a un possibile tentativo di Israele di annettere le aree occupate della Cisgiordania. Dal canto suo, però, il laburista Starmer non ha molte opzioni. Forte è la pressione all’interno del suo partito a favore di questa svolta. (dal quotidiano “Avvenire”)
Finalmente una novità diplomatica positiva: sulla questione di Gaza il Regno Unito e gli Stati Uniti non battono pari. Le loro strategie, soprattutto quelle belliche, sono sempre andate d’amore e d’accordo: quando gli Usa avevano il raffreddore la Gran Bretagna soffriva di mal di testa e viceversa. E ciò avveniva a prescindere dall’orientamento politico dei rispettivi governi, conservatori o laburisti a Londra, repubblicani o democratici a Washington.
Gli inglesi hanno recuperato un minimo di autonomia di giudizio anche perché la situazione a Gaza è talmente clamorosa da non consentire posizioni interlocutorie o attendiste: un timidissimo segnale di vitalità a livello europeo e chissà forse anche a livello dei laburisti inglesi. Non è mai troppo tardi!
La pretestuosa motivazione dell’ingombrante presenza di Hamas non regge più, è chiaramente una inaccettabile scusa per chi non vuol vedere e agire. Tra l’altro, così facendo, si buttano sempre più i palestinesi in braccio ad Hamas, assegnando ai terroristi un assurdo ruolo di interposizione nelle trattative e di protagonismo negli assetti mediorientali. Trump si attacca ad Hamas per giustificare l’ingiustificabile omertosa sopportazione verso Israele.
In questa contingente ripresa di iniziativa a livello europeo, consistente nel pur debole ed insufficiente riconoscimento della Palestina come Stato, che potrebbe inoltre consentire un recupero di ruolo all’Onu, l’Italia brilla per la sua acritica, ondivaga e stolta posizione filoamericana. Il ministro Tajani sembra un ventriloquo di Rubio. Che pena!
Cosa vuol dire riconoscere la Palestina soltanto se viene totalmente neutralizzata la presenza di Hamas, se non confondere l’obiettivo con il mezzo per raggiungerlo, il risultato con i dati del problema. Appare come l’ultima spiaggia dialettica per giustificare a tutti i costi il genocidio da parte di Israele. In braccio ad Hamas o nelle grinfie di Trump e Netanyahu? Posso persino capire l’imbarazzo palestinese.
Il terrorismo non lo si combatte nel e col terrore: a forza di criminalizzare Hamas, facendo risalire ad essa tutte le disgrazie, me la stanno facendo diventare simpatica. È tutto dire. Ma trovare un nemico facile su cui scaricare le colpe è comodo e fuorviante.
Le attuali sconfitte diplomatiche di Trump sul fronte mediorientale vengono scaricate appunto su Hamas, quelle sul fronte russo-ucraino sulla inopinata testardaggine di Putin. E la pace che doveva arrivare dal cielo trumpiano? Stiamo sempre più sprofondando nell’inferno trumpiano. Io seguo lo stesso schema pressapochista di valutazione: non sono Hamas e Putin i demoni invincibili, ma è Trump il vero angelo caduto in disgrazia che, volenti o nolenti, sta trascinando con sé gran parte del mondo.