Il Vescovo della diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno Mariano Crociata ha firmato oggi 4 settembre il decreto di sospensione a divinis nei confronti di Don Leonardo Pompei, che ricopriva l’ufficio di Parroco di Santa Maria Assunta in Cielo in Sermoneta.
È una sanzione disciplinare impartita ai sacerdoti colpevoli di gravi mancanze disciplinari. Al sacerdote sospeso è vietato amministrare i sacramenti, il che include tra l’altro la celebrazione della messa e la confessione.
Il decreto del vescovo Crociata prevede dunque la sospensione del Rev. Don Leonardo Pompei «da tutti gli atti della potestà di ordine, da tutti gli atti della potestà di governo e dall’esercizio di tutti i diritti o funzioni inerenti all’ufficio. Qualunque atto di governo dovesse essere posto dal presbitero in parola è da ritenersi invalido. Al Rev. Don Leonardo Pompei è concessa la dispensa dall’obbligo di portare l’abito ecclesiastico ed è chiesto di non presentarsi pubblicamente come sacerdote».
Infine, come previsto dalle norme canoniche, il decreto del Vescovo ricorda a Don Pompei che deve osservare tutti gli obblighi dei chierici e astenersi nel modo più assoluto da tutto ciò che è sconveniente allo stato clericale.
Il Vescovo Mariano Crociata ha firmato il provvedimento di sospensione in quanto il Rev. Don Leonardo Pompei «è venuto meno in forma positiva e pubblica all’obbligo di obbedienza al suo Ordinario, per cui il passo successivo è stato quello della sospensione dal ministero presbiterale».
Il sacerdote avrebbe violato il precetto penale impostogli il 2 settembre scorso dal Vescovo, «che imponeva e ordinava al presbitero, sotto pena di sospensione, di non convocare alcun incontro o assemblea parrocchiali con i fedeli della parrocchia di S. Maria Assunta in Cielo in Sermoneta, e di sospendere qualunque tipo di attività sui social media».
Il 3 settembre sera però Don Pompei ha violato il precetto penale a suo carico ed è andato online con un incontro pubblico su YouTube. L’incontro online in diretta su YouTube è dunque costato la sospensione a divinis al parroco di Santa Maria Assunta in Cielo. La diretta su YouTube è stata soltanto la goccia che ha fatto traboccare il vaso. La tensione tra il sacerdote e il vescovo andava avanti da tempo.
Dopo un periodo di confronto tra il vescovo Crociata e Don Pompei, quest’ultimo lo scorso 29 agosto, e poi il 3 settembre, aveva comunicato in forma scritta a mons. Crociata la volontà di dimettersi da Parroco.
Don Pompei dichiarava di non sentirsi più in comunione con il Vescovo Diocesano e con la gerarchia della Chiesa e di non intendere più celebrare la messa secondo la liturgia del Concilio Vaticano II. Proprio di questo, tra l’altro, ha parlato nel suo intervento online.
Don Leonardo Maria Pompei è molto attivo sui canali social, ha infatti un profilo Facebook, un canale YouTube con 76.500 iscritti, un proprio sito internet e anche un canale Telegram. Dalle pagine social ha sempre manifestato apertamente le sue posizioni in contrasto con alcune direttive del Concilio Vaticano II. Le sue posizioni “tradizionaliste” lo hanno messo in contrasto con le aperture più moderne della Chiesa, in materia di liturgia e catechesi.
La diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno fa sapere che circa quanto Don Leonardo ha dichiarato su YouTube, sarà il Dicastero per la Dottrina della Fede, competente per materia, a valutarne le implicazioni con le relative ed eventuali decisioni in merito.
Il Dicastero per la Dottrina della Fede, in antichità noto come Santa Inquisizione, ha due sezioni, una dottrinale e una disciplinare. Tra i provvedimenti disciplinari più gravi che può prendere c’è la scomunica.
Il Vescovo di Latina ha affidato la cura pastorale della comunità di S. Maria Assunta in Cielo in Sermoneta a Don Giovanni Castagnoli, in qualità di Amministratore parrocchiale (restando sempre Parroco di Pontenuovo e Tufette, in Sermoneta). (Il Caffè.tv – Latina – Carla Mastrella)
Ad occhio e croce penso di essere molto distante dalle idee portate avanti da questo sacerdote “ribelle”, ma anche per me e per la Chiesa dovrebbe valere l’aforisma “Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente” attribuita più o meno correttamente a Voltaire.
Non condivido affatto questi metodi autoritari: il dialogo e la tolleranza dovrebbero sempre e comunque prevalere. Nel caso in questione si può dire che il tradizionalismo viene combattuto con le armi del tradizionalismo: per don Pompei è una beffa, per il vescovo di Latina una ingiusta ed inutile rivalsa.
Gamaliele fu un influente maestro fariseo che ebbe un ruolo ambiguo ma importante nei confronti dei primi cristiani: consigliò al Sinedrio di non ostacolare gli apostoli, prevedendo che la loro opera si sarebbe dissolta se umana. Mi sembra che il consiglio di Gamaliele mantenga a contrariis tutta la sua saggia efficacia: è inutile accanirsi contro chi professa idee provenienti dal tradizionalismo spinto ai limiti dell’indietrismo, meglio lasciare che queste proposte facciano il loro tempo, poi si vedrà…
Di questi atteggiamenti intolleranti della gerarchia sono storicamente e generalmente vittime i progressisti: spesso e volentieri il tempo ha dato loro ragione. Non voglio tuttavia entrare nel merito del pensiero di don Pompei, mi dispiaccio dei rigidi provvedimenti adottati nei suoi confronti, sintomo comunque di un clima sbagliato all’interno della Chiesa. Tanto più che, come appare dalle scarne cronache, il sacerdote stava già prendendo atto della sua difficile convivenza all’interno della Chiesa e intendeva dimettersi. Perché allora non lasciare che fosse lui a decidere in coscienza sul suo futuro: si è voluto dare una dimostrazione di rigorosa forza dottrinale? Ma fatemi il piacere…
Oltre tutto dal punto di vista tattico mi sembra comunque un autogol diocesano: se si voleva tacitare una voce dissenziente, al contrario si è finito per dare ad essa ancor più audience perlomeno mediatica.
In cauda venenum: probabilmente le idee di don Pompei sono le stesse di tanti (purtroppo) esponenti delle gerarchie centrali e periferiche; sono quei signori che hanno dato tanto fastidio a papa Francesco con la differenza che loro sono furbi e tramano nell’ombra magari nelle stanze vaticane, forse persino nell’odierna Santa Inquisizione, che scomunicherà questo sacerdote che ha comunque avuto il coraggio di andare allo sbaraglio.
D’altra parte, udite, udite!
Torna nella Basilica di San Pietro la Messa celebrata con il rito antico, ossia con il Messale tridentino nell’edizione del 1962 di Giovanni XXIII. Lo annunciano i rappresentanti del “Popolo Summorum Pontificum” che riunisce fedeli, sacerdoti e religiosi che sostengono la forma extraordinaria del rito romano. La Messa all’altare della Cattedra che sarà presieduta dal cardinale statunitense Raymond Leo Burke è in programma sabato 25 ottobre alle 15 e rientra nel pellegrinaggio “Ad Petri Sedem” che il sodalizio promuove a Roma dal 24 al 26 ottobre e che quest’anno si tiene in occasione del Giubileo.
Il gruppo riunisce quanti «in più di 100 Paesi desiderano continuare a vivere la loro fede cattolica al ritmo della liturgia e del catechismo tradizionali», spiega sul web Christian Marquant, coordinatore del Coetus Internationalis Summorum Pontificum. (da “Avvenire”)
Forse al termine della celebrazione verrà portato virtualmente in trionfo don Leonardo Pompei e il vescovo di Latina rimarrà con un palmo di naso. È tutta una penosa sfida fra tradizionalisti nel metodo e nel merito: alla fine vanno perfettamente d’accordo. I tradizionalisti di Pisa.
Non simpatizzo per le intuibili idee “pompeiane”, provo (quasi) ribrezzo per le manifestazioni dei nostalgici, ai quali forse non interessa tanto la messa col rito antico, ma una Chiesa comodamente sprofondata nell’indietrismo per chiudere gli occhi sulle responsabilità dell’oggi e del domani.
Tuttavia a don Pompei mi permetto di esprimere tutta la mia simpatia: tra contestatori, pur di opposte tendenze, un po’ ci si intende…
