La pace di Cristo fa sempre paura

É stato fermato e autorità trattenuto all’aeroporto di Tel Aviv don Nandino Capovilla, esponente di Pax Christi, che dovrà passare la notte in una struttura delle israeliane e verrà rimpatriato domani con il primo volo disponibile. Il sacerdote veneziano, parroco a Mestre, è noto per le sue iniziative in favore dei diritti umani e dei più deboli, sempre improntate alla nonviolenza. Nei 22 mesi di guerra a Gaza non ha mancato di esprimere la sua preoccupazione denunciando gli attacchi sui civili inermi e condannando le operazioni militari che hanno prodotto una catastrofe umanitaria. Don Capovilla faceva parte di una delegazione giunta in Israele con due voli dall’Italia, guidata dal presidente di Pax Christi, il vescovo Giovanni Ricchiuti che sta seguendo da vicino il caso. Nel documento di espulsione delle autorità israeliane, che Avvenire ha potuto visionare, è precisato che il sacerdote verrà allontanato «il prima possibile» si legge, «e fino ad allora sarà trattenuto in un luogo designato». Il provvedimento è stato preso in forza di non meglio precisate «ragioni di sicurezza nazionale», che dunque il sacerdote avrebbe messo a rischio, secondo le autorità israeliane, partecipando a iniziative di sensibilizzazione contro la guerra e per il dialogo e la pace tra i due popoli. La decisione potrà essere impugnata davanti alla Corte d’appello israeliana. Intanto don Capovilla se in futuro vorrà tornare in Terra Santa «dovrà presentare una richiesta in anticipo, che verrà presa in considerazione in base alle circostanze del momento». (da “Avvenire” – Nello Scavo)

Proprio ieri ho pubblicato un commento provocatoriamente intitolato “Il dio degli Ebrei non ha pietà per i Palestinesi”. Temevo di avere esagerato, invece purtroppo devo persino aggiungere che gli Ebrei sono ancora intolleranti verso Cristo ed il suo messaggio di pace.

Occorre vigilare per non farsi sorprendere e aggredire dal fanatismo, per resistere a questa tentazione da sempre presente in tutte le religioni, per tenere gli atteggiamenti giusti in questo periodo di paura e di terrore. Basti pensare alla vergognosa accusa di “deicidio” (=uccisori di Dio) con la quale la nostra Chiesa ha fatto soffrire per secoli migliaia e migliaia di fratelli Ebrei; la stessa sorte, per altri motivi, è toccata e tocca oggi ad altre minoranze etniche e religiose.

Se è vero che per secoli i cristiani hanno demonizzato gli ebrei, oggi le parti si sono invertite e gli ebrei, oltre che tormentare i palestinesi, mantengono una certa allergia verso i cristiani impegnati nella denuncia delle loro malefatte belliche. Evidentemente la verità scotta e fa male.

Il discorso religioso viene prima o dopo quello politico? Nel caso di Israele il comportamento politico è improntato alla fede religiosa, che funge anche da fondamento storico-culturale per le loro azioni di carattere politico. Ciò è stato in passato malauguratamente vero per i cristiani, oggi non è più così, almeno per i cattolici vista la manfrina ortodossa in appoggio a Putin.

Quindi penso che la emblematica vicenda di don Capovilla non sia un poliziesco incidente di percorso o un eccesso di zelo del controspionaggio o un opportunistico alt ad una propaganda antisemita o una manifestazione di onnipresenza del Mossad, ma il rifiuto categorico di ogni spinta religiosa verso la pace da parte di chi pratica la guerra senza alcuna disponibilità a mettersi anche minimamente in discussione.

Israele non teme le reazioni politiche del mondo occidentale, si sente al riguardo forte e inattaccabile, forse ha paura del messaggio cristiano impersonificato da Pax Christi, un movimento cattolico internazionale per la pace, nato alla fine della Seconda Guerra Mondiale, che si impegna nell’educazione alla pace e alla nonviolenza, nel disarmo, nell’economia di giustizia e nella salvaguardia del creato.

D’altra parte Gesù Cristo aveva previsto tutto quando diceva: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo» (Giovanni 14,27) e ancora: «Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a metter pace, ma spada» (Matteo 10,34). Spada oggi non significa forse condannare apertamente e senza attenuanti il genocidio israeliano?

La tentazione di operare un parallelismo storico-religioso con la vicenda di Gesù Cristo è fortissima, ma non bisogna buttare benzina sul fuoco bensì allungare la mano per dialogare nonostante tutto, come intendeva fare don Capovilla in missione di pace, il quale, dopo la sua liberazione, ha aggiunto: «Per piacere: dite a chiunque scriva che basta una riga per dire che sto bene. Le altre vanno usate per chiedere sanzioni allo Stato che tra i suoi “errori” bombarda moschee e chiese mentre si continua a fingere sui suoi orrori». Il prete ha poi postato il messaggio che stava scrivendo quando gli è stato sequestrato il cellulare dalle autorità di Tel Aviv. Era la preghiera del giorno del patriarca Michel Sabbah, così intitolata. «La giustizia si affacci dal cielo. Presto, oggi stesso, Signore!».

Peccato, un’altra occasione apparentemente sprecata per uscire dal tunnel bellico in cui Netanyahu e c. hanno infilato Israele, il Medio-Oriente che è direttamente coinvolto e tutto il mondo che sta “complicitariamente” od omertosamente a guardare.