Le mie ecclesiali perplessità su papa Leone sono purtroppo piuttosto statiche: ci ritorno sopra per fare una sorta di punto della situazione a distanza di un mese circa dalla sua nomina.
Innanzitutto ho il dubbio (atroce?) che la scelta di Prevost risponda ad esigenze politiche, vale a dire andamenti e scenari del mondo (“siate nel mondo, ma non del mondo”, dice Gesù).
Checché se ne dica un papa di origini statunitensi avrà pure un significato! E non è difficile individuarlo nella necessità di calmare i bollenti spiriti dell’elettorato cattolico di Trump: un papa diverso dal tanto ingombrante Bergoglio, che soffriva di parecchie ostilità negli Usa in quanto troppo aperto rispetto ai falsi rigorismi etici degli americani.
Nell’altra faccia della medaglia c’è la volontà/illusione di contrapporre la Chiesa cattolica alla deriva trumpiana, di porre un limite allo sbandamento politico americano, di aggiungere alla magistratura la gerarchia cattolica come potere antagonista rispetto allo strapotere presidenziale.
Due piccioni con una fava: salvaguardare l’unità della Chiesa recuperando il malcontento d’oltre oceano che tanto ha fatto soffrire papa Francesco nonché alzare la bandiera dell’Amore mettendo in atto una deterrenza rispetto alla egoistica deriva socio-culturale.
A prima vista sembrano intenti lodevoli e condivisibili, senonché l’unità della Chiesa non è un valore se viene subordinato ad una inversione pastorale piuttosto evidente, mentre la battaglia politica contro Trump non è mestiere della Chiesa ma dei cattolici impegnati in politica negli Usa e nel mondo.
Esista un secondo fronte di perplessità. Le prime “uscite” concrete di Prevost sono in netta controtendenza rispetto a quelle tanto osannate e ben presto dimenticate di Bergoglio. Mi riferisco all’abbigliamento papale, alla sua dimora invernale ed estiva (i ventilati ritorni al palazzo apostolico e alla residenza di Castelgandolfo), al mezzo di trasporto scelto, all’atteggiamento morbido verso la curia, al precipitoso riavvicinamento all’Opus Dei: sarò prevenuto, ma sono sintomi di un cambiamento di linea pastorale, sembrano quasi un comportamento studiato per tranquillizzare i tradizionalisti. Si dirà che sono fatti puramente formali: non ne sono convinto e sto ad aspettare la sostanza.
Ho il grave timore che non sia tanto all’opera lo Spirito Santo, ma lo spirito di contraddizione. La speranza è – come spesso è accaduto nella storia della Chiesa, con i papi che non hanno rispettato i presupposti programmatici (quasi sempre indietristi) della loro elezione – che papa Leone, dopo il primo contentino ai nostalgici (cardinali, vescovi, preti e laici), faccia di testa sua. Lo Spirito Santo si è tante volte vendicato in questo modo.
Tornando al senso politico dell’elezione di papa Leone, vengo ad un fatto poco evidenziato dai media.
Louis (Lou) Prevost, uno dei fratelli maggiori del nuovo Papa, che vive a Port Charlotte in Florida, ha condiviso di recente meme Maga (Make e insulti contro l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama e l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi). Il Daily Beast ha scoperto i post di Lou, peraltro tuttora visibili sulla sua pagina social.
“Questi fottuti liberal che piangono per i dazi sono incredibili. Non sanno che c’è una cosa chiamata video?”, commentava all’inizio di aprile il maggiore dei Prevost alludendo ad accuse mai provate che Paul Pelosi avesse avuto una relazione gay con il suo aggressore David DePape. In un altro post, Lou suggerisce ai suoi amici “sinistrorsi” che “piangono per la vittoria di Trump” di “ibernarsi” per i prossimi quattro anni.
A proposito di Obama e dei democratici, scrive che “fanno schifo. Sono a un passo dal diventare comunisti a tutti gli effetti, desiderosi della distruzione totale del nostro stile di vita e di trasformare questo Paese in una dittatura, per di più razzista”.
Che il Partito Democratico sia invaso dai comunisti è un tema ricorrente: in un post Lou afferma che “Kamala Harris e i democratici distruggeranno gli Stati Uniti e ne saranno fieri”, mentre in un altro sostiene che “ai tempi della fondazione del nostro Paese, prima che i progressisti prendessero il controllo e rovinassero le scuole, tutti questi democratici di sinistra sarebbero stati coperti di catrame e piume e cacciati dalla città su un asino, o peggio ancora, fucilati o impiccati per aver rovinato così tanto la vita delle persone”.
Si passa poi ai contenuti anti-vax e anti-woke. Un video condiviso di un manicomio viene corredato dalla didascalia: “Ecco dove vivevano i woke prima degli anni Settanta”.
Lou non ha fatto trapelare lo spirito Maga in una intervista con il New York Times dopo l’elezione del fratello: “Mi sembra ieri che lo spingevo giù dalle scale e ora è Papa”, ha detto.
Al Times il maggiore dei Prevost, che ha ammesso di non essere pacifista come il fratello, ha suggerito che Leone sarà “un po’ più conservatore del suo predecessore”. (da Blitz quotidiano -Amedeo Vinciguerra)
Trovo profondamente ingiusto e disgustoso andare alla maliziosa ricerca del pelo nell’uovo prevostiano (gli appunti sopra mossi, almeno nelle mie più buone intenzioni, non sono inquadrabili in questo andazzo), così come trovo inaccettabili i giudizi assurdi espressi dal fratello di Leone XIV sull’attuale politica statunitense.
Evidentemente negli Usa c’è una gran confusione politica, provocata e cavalcata da Donald Trump, che sta infettando il mondo intero, cattolici e gerarchie cattoliche comprese.
Cos’è la cultura woke contro la quale si è scatenata negli Usa una vera e propria intolleranza sostenuta dai Maga (Make America Great Again), uno slogan utilizzato nella politica statunitense, reso popolare da Donald Trump nella sua campagna elettorale presidenziale del 2016 e quella del 2024?
La parola woke viene utilizzata inizialmente nella cultura afroamericana nella declinazione “stay woke” per indicare la consapevolezza delle ingiustizie sociali, l’essere desti ed attenti, non abbassare la guardia e lottare contro tutte le discriminazioni nella società.
Nel tempo il significato si è allargato per includere un ampio range di tematiche sociali. Nella cultura e ideologia woke rientrano: opposizione alla discriminazione razziale e promozione dell’uguaglianza; sostegno ai diritti delle donne e alle pari opportunità di genere; inclusività e sostegno ai diritti delle persone queer e trans; promozione di azioni contro il cambiamento climatico e l’ecologismo; riconoscimento delle diversità dei gruppi sociali.
Un conto è dubitare, come fa il sottoscritto, dell’opportunità in questo momento storico di nominare un papa statunitense, volenti o nolenti costretto a fare i conti con il dilagante trumpismo: non vorrei infatti che finisse in un imbarazzato silenzio neutrale, come è successo storicamente nella Chiesa verso certi movimenti politici a dir poco ideologicamente folli e concretamente delinquenziali.
Altra musica è screditare il neoeletto papa strumentalizzando i gusti politici di un suo fratello: un tempo in Vaticano vigeva il nepotismo, ora verso Leone XIV vige l’esatto contrario. L’onestà intellettuale mi impone di prendere le distanze da questo subdolo farneticante chiacchiericcio.
Il tritacarne mediatico si è gettato su Prevost: una lama lo cattura in modo opportunistico per disgustosi fini di religioso consolidamento del potere; un’altra lama lo riduce a mero occupante dell’anticamera del potere vigente.
Ricordo come a mio zio, grande sacerdote antifascista impegnato nel movimento scoutistico contrario al regime, facesse da paradossale contraltare sua sorella maggiore che non nascondeva simpatie per il Duce, sostenendo che facesse un gran bene alla Chiesa. L’antifascismo di mio zio ne usciva ulteriormente rafforzato.
Papa Prevost saprà sicuramente distinguere tra l’affetto verso suo fratello Louis e le strambe idee politiche di quest’ultimo.
Resta lo sgomento per quanto sta avvenendo a livello culturale, etico e politico negli Usa di Trump e per le simpatie raccolte in Europa e in Italia. Chissà che un papa americano – che viene peraltro impropriamente e volgarmente incensato da certa destra nostrana – in rotta di collisione (?) con gli Usa di Trump non serva almeno a portare a più miti consigli anche tanti italiani ed europei.