«A Paola, con stima e affettuosa scoperta». Queste è la dedica che nel luglio del 2023 mi fece Ernesto Pellegrini sul suo libro Una vita, un’impresa, pubblicato da Mondadori. Quel libro ha un sottotitolo: “Grazie all’Inter ho trovato il senso vero della fede”.
Quella parola – “fede” – che dà un’idea di inclusione che si fa azione concreta, esperienza condivisa e crescita collettiva. Il calcio, in questo contesto, non è solo sport, ma uno strumento di dialogo, partecipazione e inclusione.
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La Fondazione Ernesto Pellegrini Onlus è nata nel 2013 con il proposito di fornire aiuto concreto a chiunque si trovi in situazione di difficoltà. Per questo ha dato vita a Milano a un ristorante speciale, sostenendo parallelamente altri progetti per il sociale.
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Il nome del ristorante è ispirato a una persona che ha vissuto come lavorante nella cascina di Ernesto Pellegrini e che, trovandosi senza più una casa negli anni Sessanta, in seguito all’esproprio dei terreni della Cascina, è morto di freddo nella sua baracca di lamiera. Il fondatore del Gruppo, Ernesto Pellegrini, non lo dimenticò mai e proprio alla sua memoria volle intitolare un luogo pensato per tutte le persone che si trovano in una situazione di difficoltà. Queste le parole che mi disse Ernesto per raccontare la vision e la motivazione che lo guidavano: «Vorrei aiutare qualcuno dei tanti Ruben che, per una ragione o per l’altra, vivono il loro momento di difficoltà e disagio».
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Ernesto Pellegrini ha portato avanti per tutta la sua vita una rivoluzione dei valori che vale in ogni ambito, come mi ha detto qui al Festival Calcio Comunità Educante il presidente dell’Associazione Italiana Allenatori Calcio Renzo Ulivieri, parlando di lui: «È stato un presidente umano, riconosciuto dai suoi calciatori e riconosciuto dagli alti dirigenti. Umano vuol dire anche di grande generosità, che non significa buttare via i soldi, ma impegnarli in ambito sociale; questa è la caratteristica che contraddistingue la vita di quest’uomo di grande generosità. Lui tendeva a una specie di eguaglianza nei rapporti». (da Avvenire.it – Paola Severini Melograni)
Allora è possibile coniugare lo sport sempre più affaristico con l’aiuto a chi è in difficoltà!? Mi sovviene al riguardo la testimonianza di un sacerdote amico, che svolse tempo fa la funzione di cappellano dell’allora glorioso Parma calcio. Mi confidò di avere rivolto insistentemente questo invito ai ricchi giocatori: “Voi guadagnate tanti soldi…lasciamo stare se sia giusto…cercate almeno di guardare ed aiutare chi non ha nulla…”.
Ernesto Pellegrini non fece la rivoluzione all’Inter di cui era presidente, ma ne fece l’occasione per collegare il calcio alla umana solidarietà. Forse è inutile radicalizzarsi in questioni di principio, meglio fare concretamente qualcosa in controtendenza.
Proprio nel giorno della morte di Ernesto Pellegrini la squadra calcistica dell’Inter ha vissuto uno dei momenti peggiori della sua storia agonistica, una umiliante sconfitta.
La finale di Champions League è durata dodici minuti. Tanto è bastato al Paris Saint-Germain per indirizzare la partita con l’Inter all’Allianz Arena di Monaco di Baviera ed aggiudicarsi la prima vittoria nella Coppa più importante. È toccato proprio ad un ex-nerazzurro, Hakimi, aprire le marcature, dando il via allo show del Psg. Alla fine i gol sono stati cinque (oltre ad Hakimi hanno segnato Douè una doppietta, Kvaratskhelia e Mayulu), una manita mai vista all’ultimo atto della Coppa Campioni, in settant’anni. Un risultato (5 a 0) che dice molto della differenza di forze in campo. Da un lato, il Psg di Gigio Donnarumma e di tanti ex del nostro campionato, che arrivava prima su tutti i palloni, non concedendo nemmeno un metro di campo. Dall’altra, un’Inter timida e quasi impacciata che, dopo lo svantaggio iniziale, non ha mai saputo rialzare la testa. Anzi, ogni volta che i transalpini acceleravano, creavano potenziali azioni da gol, dando una vera e propria lezione di calcio agli avversari. Troppo netta, quasi imbarazzante, la differenza, sia fisica che tecnica, tra le due squadre, che parevano di due categorie diverse. E la Coppa dalle grandi orecchie ha preso la via di Parigi. Grande la delusione dei tifosi interisti, che in massa hanno seguito la squadra in Germania, mentre a Milano in 50mila hanno assistito alla partita dal maxischermo di San Siro. Che, alla fine, si è mestamente svuotato. (da Avvenire.it – Paolo Ferrario)
Quali conclusioni trarne? Innanzitutto se mi trovassi al posto di Giuseppe Marotta, attuale presidente dell’Inter, dimezzerei immediatamente i compensi di dirigenti, allenatore e giocatori, superpagati rispetto al loro valore nonché, soprattutto, rispetto ad un minimo di equità che dovrebbe esistere nella nostra società, destinando questi risparmi sugli ingaggi alla Fondazione Ernesto Pellegrini. Due piccioni con una fava: ridimensionamento del divismo calcistico e adozione del cosiddetto bilancio sociale.
Secondo la definizione dell’Unione Europea, il bilancio sociale è: «Integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate».
Sarebbe il modo migliore per onorare la memoria di Ernesto Pellegrini andando persino ben oltre le sue scelte, scavalcandolo in senso solidale. Ne sarebbe oltre modo soddisfatto.
Poi, come sarebbe bello che la mia storica squadra del cuore diventasse antesignana di una simile operazione di chirurgia calcistica…