Per mettere fine a questa guerra è necessario comprendere il dolore. E credo che, fino a qui, il dolore della mia gente per il 7 ottobre non sia stato davvero capito. Non si tratta “solo” del peggior massacro terroristico che Israele ha subito dalla Seconda Guerra mondiale: è stato il massacro di persone che credevano nella pace, nella convivenza, che vivevano accanto, in senso fisico, a chi le ha uccise, bruciate, stuprate, rapite nel modo più crudele che si sia mai visto. Questo ha innescato meccanismi di auto-difesa, in un popolo intero, che non si possono liquidare con faciloneria. C’è poi il dolore dei palestinesi, e le assicuro che io, noi israeliani, lo sentiamo, lo viviamo come nostro. Ma c’è un’unica, sottolineo, un’unica chiave per aprire la porta a una soluzione, qualcosa che vi invitiamo a cercare insieme a noi, rivolgendo la nostra richiesta in particolare alla comunità cristiana: il rilascio degli ostaggi. Serve pressione per riportare a casa la nostra gente. Abbiamo 58 persone, là sotto, quaranta metri sotto terra, nelle condizioni che conosciamo. Abbiamo negoziato con Hamas. Ma li tengono lì, come arma per raggiunge il loro scopo che, in quanto jihadisti, è uno solo: cancellare il nostro popolo, e distruggere le altre religioni. Compresi i musulmani che non la pensano come loro, e che sono stati trucidati in quel Sabato Nero al pari di tutti gli altri. Ve lo posso garantire: se rilasciano gli ostaggi, ci sarà il più positivo e persistente cambiamento per Gaza e per tutta la regione. Come abbiamo visto in Siria e in Libano: situazioni che ci danno speranza. (così il presidente israeliano Herzog in un’intervista al quotidiano “Avvenire”)
La ferocia israeliana è forse il più grande paradosso della storia: da torturati a torturatori per colpa di un sentimento patriottico completamente fuorviante.
Altro che antisemitismo…
La tesi giustificazionista di Israele riguardo al genocidio di Gaza, che emerge anche dalle parole di Herzog, deve essere smontata pezzo per pezzo dal punto di vista etico, religioso, storico e politico.
I palestinesi non sono certo stinchi di santo, ma sono sempre stati lasciati a loro stessi, senza patria e senza degne prospettive di vita: si capisce persino la loro tentazione terroristica.
Come noto, in uno storico intervento al Senato, Giulio Andreotti, non certo un rivoluzionario, ebbe a dire: “Vorrei vedere come vi comportereste voi, se foste trattati da cani come i palestinesi…”.
Eticamente parlando, il comportamento di Israele non ha motivazioni plausibili se non quella della vendetta insensata e della rappresaglia spropositata.
Anche la storia parla in modo assai diverso dalla versione israeliana.
L’ipocrisia di Israele raggiunge il vertice nell’ostentata preoccupazione per i civili di Gaza: guardate come li tratta Hamas, urlano i democratici israeliani, così attenti ai diritti dei palestinesi. Hamas ha un atteggiamento tirannico, ma la sua tirannia non è nulla in confronto a quella di Israele, che ha imposto alla Striscia di Gaza un assedio di 7 anni e un’occupazione che dura da 47 anni.
L’assedio è la prima causa della distruzione della società e dell’economia di Gaza, e tante grazie a chi sostiene di volerla salvare, a chi si preoccupa della sua mancanza di democrazia, a chi si stupisce per la corruzione, a chi denuncia il fatto che i leader palestinesi vivono in hotel di lusso o in bunker nascosti, a chi si indigna per i soldi spesi per i tunnel e i razzi anziché per i parchi gioco e le attività ricreative. Grazie, grazie tante. (Gideon Levy, giornalista israeliano)
Se andiamo sul terreno religioso, come dimenticare che il potere in Israele e in tutto il mondo è fortemente condizionato dai vertici dell’ebraismo. Quante volte mi sono sentito dire che in Israele comandano i capi religiosi!
Dirò di più: leggendo l’antico testamento della Bibbia, che fa riferimento alla storia del popolo Ebreo, si intuisce l’equivoco religioso pazzesco in cui cadono gli Israeliani, accompagnato appunto da una bruttissima storia di potere e da una classe dirigente bigotta e spietata.
Mi convinco sempre più che la Bibbia va letta e interpretata alla luce del messaggio evangelico: se togliamo Gesù le religioni diventano trappole mortali. So di non essere molto interreligioso, ma senza Gesù l’uomo rischia una tragica deriva personale e comunitaria.
Gesù dice di porgere l’altra guancia e tutti sorridono, sminuiscono e sottovalutano il perentorio invito: il non vendicarsi non è una virtù, ma una necessità se vogliamo costruire la pace. Vale per tutti, anche per Israele, che deve uscire dall’imbuto della tremenda vendetta.
Mi permetto allora di toccare un tasto delicato: come coniugare il dialogo interreligioso con la necessaria condanna della complicità dell’ebraismo rispetto al massacro di Gaza e più in generale all’atteggiamento israeliano “colonialista” nei confronti dei palestinesi?
La ragion di stato e la realpolitik tentano di spiegare vomitevolmente l’atteggiamento morbido del cosiddetto Occidente democratico così ospitale nei confronti di Israele: è giunta però l’ora di finirla con la comprensione verso la furia vendicatrice e l’attenzione alle lacrime di coccodrillo.
A maggior ragione, dal punto di vista religioso, non è ammissibile voltarsi dall’altra parte, nascondersi dietro confusi e generici richiami alla pace del vogliamoci bene.
Un bel grattacapo per il nuovo Papa, il cui incipit teologico e pastorale è stata la ricerca della pace ed al quale vengono indirizzate pelose avance da parte israeliana – vedi l’intervista del presidente Herzog da cui sono partito: “Intendo porgere un messaggio sincero di amicizia, di rispetto e di dialogo. E voglio invitarlo in Terra Santa, qui da noi. Per incontrare il popolo israeliano” – sperando magari in un allentamento della posizione portata avanti da papa Francesco, peraltro nemmeno troppo spinta sul piano diplomatico, ma almeno cristianamente chiara.