La copertina di Gomorra di Roberto Saviano come simbolo negativo, contrapposto all’immagine di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. È il messaggio diffuso sui social da Fratelli d’Italia nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci. Nella didascalia del post si legge: “Esempi da evitare, esempi da emulare. Diffida di chi ha migliorato la propria vita speculando sulla criminalità. Prendi esempio da chi l’ha combattuta, pagando con la vita”. Senza nominare l’autore del libro, Saviano. (dal quotidiano “La Repubblica”)
Ha fatto un certo scalpore l’iniziativa mediatica di Fratelli d’Italia: è una vecchia consuetudine quella di squalificare chi si oppone alla criminalità considerandolo un mestierante che tutto sommato vive alle spalle della criminalità stessa.
Roberto Saviano è da anni sotto scorta per la sua convinta e convincente opera di intellettuale impegnato nella lotta contro la criminalità organizzata. In questa virtuosa battaglia non risparmia colpi ai governanti di turno che molto spesso direttamente o indirettamente offrono spazi di manovra alle mafie di vario tipo.
Molti pensano che le più delinquenziali realtà non dovrebbero essere descritte e approfondite in quanto questa opera di verità finirebbe col diventare una distruttiva cassa di risonanza anziché una istruttiva denuncia. È il vecchio discorso de “i panni sporchi si lavano in famiglia”: significa che è meglio non rendere pubblici i problemi e le questioni delicate. Questa prassi si attaglia perfettamente al discorso e alla mentalità mafiosi: della serie “la mafia non esiste”.
I morti di mafia possono “parlare”, i vivi è meglio che se ne stiano zitti. Così facendo virtualizziamo il problema, lo decantiamo e ce ne laviamo le mani. Le voci scomode vanno squalificate e tacitate. Lasciamo fare gli organi dello Stato, a loro compete difenderci dalla delinquenza, che però parte dalle coscienze individuali e collettive. Se manca una forte presa di coscienza non si va da nessuna parte. E qui sta la preziosa opera di chi studia e spiega i fenomeni mafiosi, di chi si impegna a promuovere iniziative concrete a livello di società civile.
È clamoroso che un partito politico come Fratelli d’Italia si faccia risucchiare nella logica sostanzialmente negazionista dei fenomeni mafiosi. Ancor più grave il fatto che questo partito stia ricoprendo responsabilità di governo. Se possibile, ancor più inaccettabile che questa formazione politica sia capeggiata dalla premier.
Non si tratta di un infortunio mediatico, ma di un tentativo maldestro di evitare l’individuazione delle responsabilità precise in chi governa: troppe infatti sono le linee governative, dai pubblici appalti alla sanità, che strizzano subdolamente l’occhio a chi vuole approfittare in senso delinquenziale di spazi finanziari aperti all’intromissione delle mafie.
Meglio allora limitarsi ad incensare i martiri e non preoccuparsi di fare giustizia a valle e ancor più di cambiare a monte i meccanismi socio-culturali nonché di smascherare le assenze, le connivenze e le omertà della politica.