La diplomazia asinina

Non è una delegazione con i pieni poteri, ma appare funzionale al raggiungimento di qualche risultato. A Mosca si dice che vi sia un altro gruppo pronto a partire. Non per parlare con l’Ucraina, ma con gli Usa, laddove ce ne fosse bisogno. Ne farebbero parte figure più note come il ministro degli Esteri Sergey Lavrov, che ieri ha definito «uomo patetico» Volodymyr Zelensky, il consigliere del presidente Yuri Ushakov, e Kirill Dmitriev, il russo di Harvard, l’anello di congiunzione tra Cremlino e Casa Bianca. Quanto al Capo, Vladimir Putin si muoverà soltanto se riceverà l’invito anche ufficioso da parte di Donald Trump. A quello di Zelensky non ha ritenuto neppure di dover rispondere. Con un apposito decreto ieri il presidente russo ha rinnovato fino al 2027 il piano di difesa nazionale per lo sviluppo delle Forze Armate e l’attuazione dei programmi di armamento, e già che c’era ha rimosso dal suo incarico il comandante Oleg Salyukov, capo delle forze terrestri dell’esercito, che aveva per altro guidato la recente parata della Vittoria. Forse vuole la pace, ma intanto continua a preparare la guerra. (dal “Corriere della Sera” – Marco Imarisio)

Il vertice sull’Ucraina sta diventando un’occasione tattica per Putin: ottenere da Trump il riconoscimento di “grande potenza” con cui fare i conti per la spartizione del mondo. E Trump cosa farà?  Era partito in quarta, pensando di mettere sbrigativamente nel sacco Vladimir Putin con qualche concessione da far ingoiare a Zelensky. Né Putin né Zelensky sono così sprovveduti da cascare nel tranello trumpiano. E allora? Putin si fa subdolamente sponsorizzare dalla Cina: è il momento buono in quanto i cinesi sono obiettivamente in difficoltà di fronte alla dichiarata guerra commerciale dei dazi. Zelensky si attacca all’Europa: è il momento buono in quanto gli europei sono obiettivamente in difficoltà di fronte ai provocatori sgarbi della nuova politica americana.

Trump crede di essere il miglior fico del bigoncio, ma probabilmente si sbaglia e infatti sta facendo vergognose marce indietro, creando una confusione diplomatica in cui probabilmente ha molto da perdere.

Putin crede di essere il più furbo e forse lo è, ma prima o poi dovrà pure fare i conti con la sua vittoria di Pirro in Ucraina.

Xi Jinping crede di essere il più forte dal momento che associa la tranquillità politica alla strategia economica del suo regime, ma fino a quando i cinesi si accontenteranno di un finto benessere e di una reale mancanza di libertà.

Lasciamo perdere l’Europa che pensa di farsi grande con il riarmo e la forza dei litigiosi Paesi di punta.

L’Ucraina è costretta a fare le spese di questo bailamme diplomatico, in cui sta trovando un ruolo persino il premier turco Erdogan.

Tiro un’amara e forse esagerata conclusione: in mancanza dei cavalli, trottano gli asini. Ulteriore complicazione: gli asini sono troppi e non si lasciano legare dove vuole il padrone, che, peraltro, non esiste. Troppi asini, troppi padroni, troppi…