Perché le due zone grigie, quella civile e quella religiosa, sono pressoché sovrapponibili, sono due facce della stessa medaglia, solo che quella religiosa conserva l’attitudine alla vocazione, possiede ancora un codice dell’anima condiviso e non vuole rinunciare alla trascendenza, non è un caso, infatti che più della metà degli italiani si rivolge a Dio, crede in una vita dopo la morte e in qualche forma di “giudizio finale”. La grande opportunità allora che si apre in questo scenario sta proprio nel fatto che la Chiesa in uscita può portare con sé, nella zona grigia, in modo più o meno latente, i suoi attrezzi spirituali, il suo bagaglio di capacità di orientamento, la sua tensione verso un altrove, la sua spinta a dare senso ad una vita, “che non si esaurisce tutta qua”. Il contributo visto come cattolici sarà quello di richiamare gli italiani all’uso di quegli strumenti, riattivare quei semi, anche piccoli, che la “chiesa in uscita” porta con sé e che oggi, magari senza saperlo, getta nella società. Colmando, là dove ci si trova e per quanto possibile, quel deficit di vocazione che oggi affligge la nostra società, facendo leva su quell’attitudine alla trascendenza che noi tutti abbiamo interiorizzato e che fa parte del nostro patrimonio nazionale, almeno ancora per qualche generazione, visto che l’analfabetismo religioso si diffonde fra i giovani e tra uno o due generazioni, l’erosione potrebbe essere irreversibile. Avviare allora un lavoro dello spirito, una ricerca di vocazione a tutti i livelli, contrasterebbe il soggettivismo spento, orienterebbe le comunità sociali, grandi e piccole, verso il recupero di valori civili e sociali, valori magari con risonanze religiose, ma senza richiami ad appartenenze, sarebbe un bel modo per incoraggiare il Paese ad andare oltre. (da “Avvenire” – Giuseppe De Rita)
Il pezzo, da cui ho tratto il brano di cui sopra, mi dà lo spunto per andare su una questione attualissima, anche se culturalmente e politicamente piuttosto sottovalutata se non addirittura snobbata: il ruolo dei cattolici nella società odierna. Quei cattolici, che tramite loro illustri rappresentanti hanno contribuito in modo determinante a porre le basi costituzionali della nostra democrazia repubblicana e che hanno avviato e portato avanti il progetto di unificazione europea, hanno ancora una funzione da svolgere per rifondare il Paese e l’Europa nel deserto che nel frattempo si è venuto a creare?
Più volte, raccogliendo le sacrosante provocazioni di un caro amico, sono arrivato alla conclusione che solo dal rinnovato impegno cattolico possa sortire un processo di rifondazione di cui si sente la necessità impellente.
Al di fuori di qualsiasi visione integralista, bisogna riconoscere che le fondazioni del nostro vivere civile hanno bisogno di un’iniezione di cemento cristiano. Purtroppo non esistono formule precostituite, ma soltanto progetti di massima da elaborare, finalizzare ed attuare.
Vengo al discorso europeo: il ruolo dei cattolici è stato decisivo nella costruzione dell’unità europea. Lo hanno ammesso, anche se in ritardo ma con grande onestà intellettuale, gli stessi autori del manifesto di Ventotene. Il manifesto risente dei lacci ideologici del tempo che fu, dal cui buco peraltro si riuscì a cavare ottimi ragni.
Anziché elaborare opportunisticamente e strumentalmente i limiti di un qualcosa (l’Europa di Ventotene) a cui contrapporre il nulla (l’Europa di Giorgia Meloni), sarebbe meglio riempire di contenuti l’eventuale futuro del disegno europeo, rifacendo il percorso dei padri fondatori e non facendo le pulci agli stessi.
Ci saranno degli eredi di De Gasperi, Schumann e Adenauer, disponibili a ripercorrere la strada imprescindibile dell’unità europea? Non li vedo, ma il discorso resta valido e va costruito pazientemente dalla base, pur partendo, oggi come allora, da finalità concrete.
Mi interessa al riguardo l’insistenza con cui Sergio Mattarella affronta la necessità di dare una risposta unitaria a livello europeo sui dazi commerciali. Sarà il nuovo banco di prova da cui partire come fu per il carbone e per l’acciaio?
Nessuno si strappi le vesti e gridi al boicottaggio dei nuovi equilibri imperialistici in via di instaurazione. Potrebbe essere la più eloquente delle risposte al “picconamento” trumpiano, così come all’accomodamento meloniano, nonché al protagonismo macroniano, alla ruminazione britannica e al tira e molla tedesco.