Da lievito pastorale a prezzemolo clericale

Un messaggio di pace e unità quello indirizzato da Papa Leone XVI alla Curia Romana: “i Papi passano, ma la Curia rimane”. Era la sua prima udienza nell’Aula Paolo VI con gli Officiali della Curia Romana, i dipendenti della Santa Sede, del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e del Vicariato di Roma.

A mio giudizio si tratta di una frase piuttosto sibillina che si presta a diverse interpretazioni. Personalmente ascoltando quelle parole mi è venuto spontaneo dire: “Purtroppo!”. Ho sempre avuto la convinzione che la burocrazia stia alle istituzioni repubblicane come la curia sta alla Chiesa cattolica. Una continuità che diventa più mera conservazione del potere che salvaguardia di memoria storica.

In una franca e amichevole corrispondenza epistolare col carissimo amico don Domenico Magri, prendendo lo spunto dalle difficoltà che incontrava l’apprezzabile sforzo riformista di papa Francesco anche e soprattutto negli ambienti curiali, affermavo spregiudicatamente: «Dei predecessori di Bergoglio ho una mia originale idea riguardo al loro atteggiamento verso la Curia e gli intrighi vaticani: Paolo VI soffriva, si macerava e poi si arrendeva all’impossibilità del cambiamento; Giovanni Paolo I somatizzò il dramma al punto da morirne in pochi giorni; Giovanni Paolo II se ne fregò altamente, andò per la sua strada, si illuse di cavare anche un po’ di sangue dalle rape; Benedetto XVI ci rimase dentro alla grande e gettò opportunamente la spugna. Quando constato come tanti papi siano diventati o stiano diventando Santi, mi viene qualche dubbio. Pur con tutto il rispetto, temo che nell’aldilà troveremo parecchie novità, riguardo alla nostra vita e a quella della Chiesa».

Papa Francesco ce l’ha messa tutta anche se è paradossalmente rimasto prigioniero della sua opzione squisitamente evangelica, che lo ha portato a privilegiare l’attenzione alle coscienze delle persone piuttosto che agli assetti delle strutture. Qualcosa ha fatto nei riguardi della Curia forse più a parole (spesso giustamente molto dure) che coi fatti.

L’incipit prevostiano citato all’inizio, così come tutto il discorso fatto ai componenti della Curia, mi sembra alquanto buonista e accattivante ed assai poco incisivo: questa leccata curialesca se la poteva risparmiare. Come se non sapessimo che la curia romana è sempre stata sintomo di intrighi di palazzo e di manovre di potere. È inutile che papa Leone citi papa Francesco ad ogni piè sospinto, salvo poi lanciare concreti messaggi in chiara controtendenza rispetto alla pastorale bergogliana. Qualcuno mi accusa di pretendere da Prevost la fotocopia di Bergoglio: non vorrei che si finisse col farne la brutta copia…

Quanto alla curia vaticana non posso esimermi dal riportare una stupenda barzelletta di don Andrea Gallo, raccontata a Parma nell’ambito del Festival della poesia, dove era stato rappresentato “Angelicamente anarchico”, lo spettacolo che Cinzia Monteverdi ha tratto dal un libro del pretaccio genovese con le canzoni di De André.

«Voi sapete che nella nostra Santa Madre Chiesa, uno dei dogmi più importanti è la Santissima Trinità: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. L’amore e la comunione vanno in tutto il mondo, e si espandono. Lo Spirito Santo dice: “Andiamo a farci un giro. Io sono affascinato dall’Africa”.  Il Padre risponde: “Be’, io andrò a vedere il paradiso delle Seychelles. Perché non capisco come mai i miei figli e figlie hanno il paradiso in terra”. Gesù ascolta e non risponde. Allora gli altri due: “Tu non vai?” Gesù: “Io ci son già stato duemila anni fa”. “Non ci farai mica far la figura che noi andiamo e tu rimani”, gli dicono in coro il Padre e lo Spirito Santo. “Va be’, allora vado anch’io”. “Dove vai?” “A Roma”. “Sì, ma a Roma dove vai?” “Vado in Vaticano”. “In Vaticano?”, dicono increduli il Padre e lo Spirito Santo. Gesù risponde: “Eh sì, non ci sono mai stato”».

Don Gallo chiosava così: «Il Vaticano è la Chiesa di Gesù. Dicendo che il Figlio di Dio non c’è mai stato è come dire che tra gli alti prelati non c’è la sua presenza».

Io sono ancor più ecclesialmente scorretto e penso alla burocrazia vaticana nel suo complesso di cui gli alti prelati e il Papa in primis sono i capi e le guide. Ecco perché, alla battuta ““i Papi passano, ma la Curia rimane”, ho avuto un dubbioso sussulto di protesta. Se la Chiesa non diventerà sempre più comunità di credenti e sempre meno complesso istituzionale, svuoteremo ulteriormente le chiese-tempio e riempiremo le stanze del potere col prezzemolo clericale.