Il segreto di Stato posto da Pulcinella

Silvio Berlusconi in occasione del varo del governo Meloni dipinse un ritratto molto nitido della premier: “Giorgia Meloni. Un comportamento: 1. Supponente 2. Prepotente 3. Arrogante 4. Offensivo. Nessuna disponibilità al cambiamento. È una con cui non si può andare d’accordo”. Lei agli epiteti formulati da Berlusconi aggiunse un secco “non sono ricattabile”.

Facciamo un salto di oltre due anni. Appena ricevuto l’avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato nel caso del generale libico Osama Almasri, Giorgia Meloni registra un video e dà per prima la notizia affermando: «Non sono ricattabile. Non mi faccio intimidire. È possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi ma intendo andare avanti per la mia strada».

Purtroppo la vicenda Almasri sembra smentire questa auto-incensazione: più passano i giorni e più emerge la triste realtà di un governo italiano alla mercè dei ricatti libici, complici i rapporti fra i nostri servizi segreti e i “padroni” della Libia: si sta probabilmente andando ben oltre i già inaccettabili accordi italo-libici del 2017 (governo Gentiloni- ministro dell’Interno Minniti) per giungere ad un vero e proprio immondezzaio di reciproci e inconfessabili piaceri a suon di valige piene di soldi recapitate alle squadracce libiche comandate dal torturatore espulso con tutti gli onori dal governo italiano. Non è ancora chiaro e forse non lo sarà mai quale sia la contropartita libica: il contenimento dei migranti? la fornitura di petrolio? qualche altro piacerino?

Giorgia Meloni a quanto pare è ricattabile e quindi anziché spiegare dove sta la scomodissima ragion (?) di Stato, preferisce sciorinare le sue bugie (!) di Stato. Troppo pericoloso porre il segreto di Stato su una vicenda che giorno dopo giorno assomiglia molto al segreto di Pulcinella.

Non è finita e si apre un caso di spionaggio, che potrebbe essere in qualche modo collegato all’affaire Libia.

A fine gennaio, Meta – l’azienda che controlla Facebook e Whatsapp – ha fatto sapere che circa 90 persone in tutta Europa erano state vittima di spionaggio illecito: tra di loro attivisti e giornalisti. In Italia, il direttore di Fanpage.it è stato il primo a dire di aver ricevuto la comunicazione in questione: “A dicembre WhatsApp ha interrotto le attività di una società di spyware che riteniamo abbia attaccato il tuo dispositivo. Le nostre indagini indicano che potresti aver ricevuto un file dannoso tramite WhatsApp e che lo spyware potrebbe aver comportato l’accesso ai tuoi dati, inclusi i messaggi salvati nel dispositivo”.

Pochi giorni dopo, anche l’attivista Luca Casarini, capomissione di Mediterranea Saving Humans, ha annunciato di essere tra le vittime dello spionaggio. Oggi è emerso che le persone di Mediterranea coinvolte sarebbero almeno tre, tra cui l’armatore Beppe Caccia. A rivelare l’identità è stato l’europarlamentare Pd, Sandro Ruotolo, che parlando in occasione della presenza a Napoli della nave Mare Jonio ha sottolineato che tra gli spiati ci sono giornalisti e chi “guarda caso è in mare a soccorrere i migranti, mentre noi, Paese Italia, concediamo la fuga a un generale libico accusato di crimini contro l’umanità”.

Lo scandalo Paragon “riguarda l’Europa, non riguarda solo l’Italia, sicuramente ce ne occuperemo perché c’è la violazione dei dati personali di cittadini europei e c’è l’attacco alla libertà di informazione. Noi vogliamo sapere chi ha spiato, per conto di chi e perché sono stati spiati”, ha proseguito Ruotolo. “Lunedì a Strasburgo verranno le vittime conosciute, ma noi vogliamo conoscere anche gli altri nomi degli italiani e degli europei e verranno anche loro in conferenza stampa”, ha aggiunto. Tra le vittime dello spionaggio dunque, un giornalista – direttore di una testata che ha svolto inchieste anche sulla destra di governo – e diversi attivisti legati a un’Ong duramente critica dell’esecutivo e della sua politica sui migranti. Anche per questo motivo le opposizioni hanno iniziato a chiedere spiegazioni al governo Meloni. (fanpage.it)

Aldo Moro, mi risulta da fonti attendibili anche se non ufficiali, che affrontasse l’argomento “spionaggio” con distacco e scetticismo e osservasse con estremo disincanto: «Da che mondo è mondo le spie sono sempre state le peggiori persone esistenti…». La filastrocca infantile la dice lunga al riguardo: “Chi fa la spia non è figlio di Maria, non è figlio di Gesù, quando muore va laggiù, va laggiù da quell’ometto che si chiama diavoletto”.

E noi vorremmo difendere la nostra democrazia utilizzando soggetti che storicamente non hanno fatto altro che tramarle contro: gli antenati, più o meno extra-parlamentari e più o meno smascherati, di Giorgia Meloni se ne intendono e non mi stupirei affatto se lo spionaggio italiano in questo periodo fosse impiegato a difendere le identitarie politiche governative anti-immigrati. Una ulteriore ciliegina sulla torta dei rapporti con i torturatori libici?

Ora si aggiunge anche il nome di don Mattia Ferrari, cappellano di bordo di Mediterranea Saving Humans, nella lista delle persone vittime del software di hacking progettato dall’agenzia israeliana Paragon Solution. Il sacerdote infatti è stato avvisato da Meta di essere l’obiettivo di «un sofisticato attacco sostenuto da entità governative non meglio identificate» nel febbraio 2024, tramite lo spyware Graphite.

«Hanno spiato anche don Mattia, persino don Mattia Ferrari. Vi sarà capitato di vederlo qualche volta in Tv: è un sacerdote cattolico molto vicino a Papa Francesco. Il governo italiano permette di spiare illegalmente un sacerdote tra i più conosciuti e nel frattempo scarcera con il volo di Stato un trafficante di esseri umani. È pazzesco» scrive su X il leader di Italia viva, Matteo Renzi, aggiungendo che «se fanno così con i personaggi famosi, immaginate cosa possano fare ai cittadini comuni? E la Meloni che scappa senza dirci di chi è la responsabilità». (dal quotidiano “Avvenire” – Alessia Guerrieri)