È normale che quando ci si sente sotto attacco si finisca con l’auto-gratificarsi delle proprie debolezze. Temo sia l’atteggiamento di chi giustifica la logica di guerra perseguita dall’Europa in merito alla crisi Ucraina. Il fatto che Donald Trump stia perseguendo una perfida logica di finta pace non assolve l’Ue dal suo peccato, vale a dire dall’aver lasciato marcire per anni la situazione del conflitto russo-ucraino nascondendo la propria incapacità diplomatica e la subdola intenzione di nascondere l’Occidente dietro l’Ucraina almeno in parte chiamata a difendere oltre che se stessa anche la Nato.
Non si è vista nessuna proposta di pace da parte della Ue, si è andati avanti alla cieca fornendo armi senza minimamente ragionare sulle possibilità di aprire una qualsivoglia trattativa con la Russia. Anche la proposta della Cina, che non era da cestinare sbrigativamente, non ha scosso tatticamente la volontà europea.
Con un imperialista come Putin non si tratta: questo è stato l’imperativo categorico su cui ci si è più impantanati che appiattiti, senza dimenticare che in passato, più o meno sottobanco, si era trattato, eccome, con la Russia. Ho sempre avuto l’impressione che i Paesi europei avessero timore che Putin potesse aprire certi cassetti piuttosto imbarazzanti.
E allora, tratta tu che non tratto io, siamo arrivati a Trump, ad un imperialista che tratta con un altro imperialista, tagliando fuori sgarbatamente l’Ucraina, chiamata persino a restituire seppure indirettamente gli aiuti ricevuti dagli Usa, e l’Unione europea considerata un ingombro ed un intralcio alla strategia trumpiana.
O la pace la faceva l’Europa o la fa Trump dopo che gli si è lasciata un’autostrada da percorrere verso la pace dei sepolcri. Adesso che il vaso si è rotto si corre ai ripari, cercando goffamente di mettere insieme i pezzi con la colla del riarmo senza nemmeno parlare seriamente di esercito comune: della serie “siccome i percorsi di pace sono molto problematici al limite dell’impossibile, meglio rimanere in una logica di guerra, poi si vedrà…”.
Ho la netta sensazione che si stia continuando ad agire in modo schizofrenico, difendendo nominalmente l’Ucraina, ma in realtà difendendo sconclusionatamente quel simulacro di Europa che rimane in essere. I Paesi europei hanno paura di Trump e della sua aggressiva strategia e non tanto di Putin, pensano a difendersi ben più che a difendere l’Ucraina (come peraltro è sostanzialmente successo dal giorno dopo dell’aggressione russa).
Il paradosso è che il rilancio dell’Europa rischia di avvenire sulle ali di un pazzesco riarmo indotto unicamente dai ricatti statunitensi. Credo che Zelensky si senta tradito e infatti comincia a piegarsi ai voleri statunitensi: non gli resta altro da fare.
Sia chiaro che l’Europa ha commesso enormi errori, trincerandosi dietro la pur sacrosanta difesa ucraina dall’aggressore russo senza mettere in campo alcun tentativo di pace, andando persino a scomodare gli errori storici di tolleranza verso il nazifascismo.
Adesso è tardi per stracciarsi le vesti davanti allo scempio trumpiano, i rigurgiti di vitalità strategica fanno (quasi) sorridere. Si è aperta una fase drammatica non solo per l’Ucraina, ma per il mondo intero. L’Europa, che è una potenza a condizione di essere unita, deve ritornare alla sua vocazione di pace e di progresso economico-sociale, convincendo prima di tutto i suoi popoli, che nel frattempo si sono a dir poco disamorati (vedi i successi dell’ultra destra antieuropea).