Fino a poche settimane prima delle elezioni in Germania, l’obiettivo del partito di sinistra Linke era riuscire a restare in parlamento. Non era sicuro di superare la soglia di sbarramento del 5 per cento. La Linke ha ottenuto l’8,8 per cento dei voti, un risultato inaspettato e sorprendente, vista la situazione in cui il partito aveva iniziato la campagna elettorale.
Nei sondaggi di novembre, quando i partiti si erano accordati sulla data del voto anticipato, la Linke (che in tedesco vuol dire “La sinistra”) era ai minimi storici: al 3,4 per cento. Per questo il quotidiano Süddeutsche Zeitung ha scritto che è «la storia di una resurrezione politica». C’è più di una ragione.
La Linke ha rinnovato la sua leadership e ha ritrovato unità dopo la scissione guidata da Sahra Wagenknecht, ai tempi la sua più nota esponente, che se ne andò per fondare un nuovo partito (rimasto fuori dal parlamento). Ha condotto una campagna elettorale efficace e ha beneficiato del suo posizionamento politico: è l’unico partito che non ha proposto misure più restrittive sull’immigrazione – lo hanno fatto anche quelli progressisti – e che ha escluso a priori un’alleanza con Friedrich Merz, il leader della CDU (centrodestra) che sarà il prossimo cancelliere se riuscirà ad allearsi con i Socialdemocratici.
La Linke è da sempre un partito antifascista, ma questo posizionamento ha funzionato soprattutto dopo che, a fine gennaio, la CDU ha votato per due volte insieme al partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) in parlamento. Lo ha fatto tanto più perché Socialdemocratici (SPD) e Verdi, i due principali partiti progressisti, non potevano escludere di coalizzarsi con la CDU dopo le elezioni: dalle intenzioni di voto, infatti, era già chiaro che senza almeno uno di loro non ci sarebbero state maggioranze, e quindi un governo, senza AfD.
Dopo l’intesa tra Merz e AfD in parlamento, in Germania ci sono state grandi manifestazioni a cui hanno partecipato decine di migliaia di persone. La Linke ha avuto un ruolo visibile in questa mobilitazione e la cosa ha contribuito a ridarle centralità in un pezzo dell’elettorato di sinistra.
Solo nell’ultima settimana prima delle elezioni ha registrato 10mila nuovi iscritte e iscritti: da metà gennaio i nuovi tesserati sono stati in tutto 31 mila, soprattutto giovani donne. La Linke è stata abile a investire su questo entusiasmo, con una comunicazione originale e una campagna elettorale basata sui suoi temi forti, sociali, come il caro affitti, il costo della vita e la redistribuzione del reddito.
La Linke è stato il partito più votato dagli elettori più giovani: da quasi un quarto delle persone della fascia anagrafica 18-29 anni (il 24 per cento), secondo gli exit poll.
C’è anche una questione di genere. La Linke è stata votata soprattutto dalle donne: è andata meglio tra le elettrici che tra gli elettori, come gli altri partiti progressisti ma in misura maggiore a loro. Come era avvenuto nel 2021, l’elettorato maschile ha votato in prevalenza partiti conservatori (la CDU-CSU) e l’estrema destra, mentre in quello femminile i partiti progressisti hanno ottenuto percentuali più alte. AfD ha comunque raddoppiato i suoi consensi tra le elettrici rispetto alla tornata precedente.
Una novità rispetto al passato è che la Linke ha aumentato i suoi consensi un po’ in tutto il paese, anche fuori dalle grandi città, dove tradizionalmente andava meglio (soprattutto a Berlino). (ilpost.it)
Fa certamente notizia il risultato elettorale in Germania dell’estrema destra con venature neo-naziste (AfD), ma induce a serie riflessioni anche quello della Link (La sinistra). Evidentemente, innanzitutto l’elettorato tedesco, che ha partecipato in massa alle elezioni (84%), desidera proposte politiche forti e identitarie. Vale soprattutto a sinistra (SPD) dove i partiti non colgono e non rappresentano più la spinta ideale e valoriale e tendono a rincorrere l’elettorato su temi reazionari (immigrazione, equilibri internazionali, ordine e sicurezza).
Probabilmente anche l’europeismo si è troppo annacquato e finanziarizzato al punto da trovare contrarietà e scetticismo sia a destra che a sinistra. A livello di governo poi la sinistra non si distingue e porta avanti politiche di routine in una sorta di grossa melassa: un forte centro forse più reazionario che moderato (CDU-CSU) condiziona la socialdemocrazia (SPD) sempre meno sociale e più moderata.
Purtroppo i socialisti devono governare a tutti i costi per arginare la pericolosissima valanga nera e sono costretti a patti piuttosto equivoci con i cristiani democratici e sociali, tentati da alleanze avventuristiche. Persino i vescovi tedeschi si sono sentiti in dovere di affermare che «Afd è incompatibile con democrazia e valori cristiani».
A questo punto mi chiedo da osservatore superficialone e schematico: dal momento che il fronte della sinistra, costituito da Link, BSW (gli scissionisti della Link), Verdi e SPD, assomma a circa il 42% dei voti, non potrebbe rappresentare una forte massa critica da contrapporre al fronte di centro-destra costituito da CDU/CSU e AfD che conta su un quasi 50% dei voti? Le sinistre unite potrebbero mettere alla punta il centro cristiano costringendolo a stare dalla parte della democrazia contro l’estremismo di destra?
Non vivo in Germania e non conosco gli umori politici di questo Paese anche se mi sembra che abbia fatto i conti con l’eredità nazista e quindi dovrebbe recepire questa sorta di conventio ad excludendum. La politica europea è alla frutta e non si può scherzare col fuoco su cui sta soffiando Trump a pieni polmoni.
In Italia si chiamò patto costituzionale e per un certo delicato periodo funzionò. Recentemente l’Italia ha portato la destra neofascista, più o meno camuffata, al potere. Attenzione a non fare un disastroso bis in Germania e magari anche in Francia: probabilmente è quanto si augurano Trump e la sua ghenga. Tutto in Europa diventerebbe ancor più difficile. A estremi mali nazifascisti estremi rimedi democratici.