Nell’anniversario dell’appello di don Sturzo ai “liberi e forti” (18 gennaio 1919) che di fatto mise fine al “non expedit” di Pio IX (il divieto di far politica per i credenti), i cattolici democratici escono allo scoperto con un evento che è andato al di là delle migliori previsioni. Gli organizzatori, a cominciare dal capofila Graziano Delrio, si aspettavano che a Palazzo Lombardia, a Milano, giungessero cinquecento persone al massimo, si entrava a inviti, ma ne sono arrivati più del doppio. C’è voglia di politica tra i credenti di area Pd, finora educatamente tenuti nell’angolo dalla segreteria di Elly Schlein. Il leitmotiv di tutti gli interventi era proprio questo: fine dell’afasia. «Abbiamo vissuto un periodo in cui sembrava che la politica non avesse più bisogno di noi», ricorda Fabio Pizzul, uno dei maggiori esponenti dei cattolici democratici dentro il partito, «ma poi …». Poi è arrivata la settimana sociale dei cattolici di Trieste, che ha mostrato un mondo vivo e appassionato. I cattolici erano come errabondi sparsi nell’oscurità che si riconoscono perché la città giuliana finalmente ha acceso la luce.
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E allora? Come esplicitare questa ritornata voglia di far politica con i suoi valori che affondano le radici fino al Vangelo? Vengono in mente i versi di Montale: “codesto oggi solo possiamo dirti: ciò che non siamo ciò che non vogliamo”. Non siamo di destra, non siamo per i sovranisti che aggrediscono l’Europa, non siamo per i movimenti nazisti supportati dai Tycoon come Musk o Zuckemberg, non siamo per un partito nuovo. Ma abbiamo tanti progetti e vogliamo tornare a imporli all’attenzione del dibattito politico. Le assise di Milano, unite a quelle di Orvieto e Brescia, sono state un segnale concreto: i cattolici in politica vogliono contare. (Famiglia Cristiana.it)
Non faccio per vantarmi, ma di cattolici impegnati in politica un po’ me ne intendo, se non altro per esperienza personale (sono cattolico e per tanti anni mi sono impegnato in politica). Come, quindi, non essere interessato a questi tentativi di rilancio di ruolo e di azione.
Ho seguito in lontananza l’evento di Milano, in streaming e su Radio radicale; ho letto i resoconti giornalistici, prevalentemente fuorvianti e volti a inquadrare e sminuire questa iniziativa collocandola nel circo della politica politicante: tra questi ho scelto quello di Famiglia Cristiana, che mi è parso il più obiettivamente centrato; ho riflettuto, peraltro da tempo, sul contributo che i cattolici potrebbero dare alla politica al di là di qualsiasi intento integralista e passatista.
Dico la verità: mi aspettavo di più da questo convegno, sono rimasto parzialmente deluso, pur apprezzandone l’humus socio-culturale di riferimento, pur condividendo sostanzialmente le intenzioni degli organizzatori e pur prendendo in seria considerazione i contributi dei relatori.
Sarò oltre modo franco: la prima spietata e sbrigativa impressione è stata quella di un salotto chic di taglio catto-progressista da contrapporre al salotto radical-chic della sinistra. Il popolarismo lo si intravedeva solo in filigrana, coperto da un velleitario protagonismo, da uno sfoggio parolaio, da una saga di luoghi comuni. Probabilmente si trattava dello sfogo discorsivo di chi per tanto tempo ha taciuto e vuol dire tutto finendo col non dire niente.
Capisco l’ansia che però rischia di essere cattiva consigliera: prima di dire tanti pur sacrosanti “no”, sarebbe opportuno avere il coraggio di affrontare alcune precise discriminanti sui temi fondamentali e qualificanti, vale a dire la pace, l’emigrazione e le povertà.
Non basta uscire a parole dal prepolitico, ma occorre sfrondare e vivere la politica riconducendola alle scelte di fondo. Cosa dicono gli attuali cattolici democratici sul bellicismo atlantista e sui suoi presupposti quali le spese militari in odore di vertiginoso aumento. Cosa dicono gli attuali cattolici democratici dell’enorme gap esistente fra lo sgusciante impegno (anche quello di sinistra) nella politica migratoria e il dramma umano e cristiano del salvataggio e dell’accoglienza dei migranti. Cosa dicono delle regioni e degli enti locali governati dalla sinistra, che non si distinguono affatto per l’impegno nella difesa del territorio (vedi disastri ambientali), nelle politiche sociali (vedi crisi della sanità pubblica) e nella lotta alle povertà (vedi gli inquietanti dati sciorinati da chi è impegnato in prima linea).
Al riguardo è molto apprezzabile l’attenzione riservata alle numerose e virtuose esperienze presenti sul territorio: forse varrebbe la pena partire da esse e non dalle asettiche elaborazioni culturali che finiscono col guardare al dito trascurando la luna.
Un convegno non può certo dare risposte esaurienti sugli enormi temi a cui ho accennato, ma si tratta di formulare concretamente proposte indicative e dirimenti da cui far scendere una politica autenticamente democratica. Serve gridare al lupo solo se si è disposti a stare dalla parte delle pecore e non basta discutere come arginare gli attacchi degli animali selvatici sparsi in tutto il mondo.
Apro una parentesi sul discorso dell’europeismo interpretato autenticamente dai cattolici, altro capitolo fondamentale: cosa significa oggi essere europeisti? Non certo limitarsi ad evocare ed auspicare la riedizione della cosiddetta maggioranza “Ursula” come ha fatto Ernesto Ruffini, al quale mi permetto di rivolgere una forte provocazione. Non era meglio se rimaneva a svolgere la funzione di direttore dell’Agenzia delle Entrate, battagliando nella vera lotta all’evasione fiscale, piuttosto che abbandonare il fronte e ripiegare frettolosamente su un impegno politico, che sta creando solo dietrologici equivoci e fantasiose prospettive?
Spero che il convegno promosso da “Comunità democratica” sia l’inizio di un risveglio. Mi inducono alla speranza soprattutto la considerazione e l’ammirazione che nutro per la sintesi esperienziale di un irrefrenabile Castagnetti (si è commosso parlando di pace) e per il coerente impegno di un credibilissimo Delrio (la sua timidezza è coinvolgente).
Ho sentito che non si può restare ancorati al passato dei De Gasperi e dei Moro: forse un presuntuoso svarione di Elena Granata dettato dal suo sacro furore post-settimana sociale dei cattolici di Trieste. Attenzione a non ripiegare sul presentismo senza passato e senza futuro (lo ha fortunatamente affermato Pier Luigi Castagnetti in riferimento a quanto sosteneva Mario Tronti, uno dei padri culturali della sinistra).