Si muore anche di sanità pubblica

Non saprei come definire il sistema socio-politico americano: liberista? liberale? capitalista? consumista? tecnocratico? Di tutto un po’ in salsa populista trumpiana.

Ebbene questo tanto osannato sistema (non certo da me!) in questi giorni ha mostrato in modo paradossale i suoi limiti: il killer di un autorevole esponente della sanità privata ha sparato anche un implacabile atto d’accusa contro il contraddittorio, ingiusto, inaccettabile assetto sanitario degli Usa.

Interventi per cancro negati. Chemioterapia non rimborsata. Anziani dimessi prima del tempo e contro il parere dei medici. E rabbia, tanta rabbia. L’arresto del presunto killer del Ceo di United Healthcare, identificato come Luigi Mangione, un 26enne di origini italo-americane, incriminato per 5 reati, non ha messo un coperchio sul vulcano di frustrazione esploso dopo l’esecuzione a sangue freddo, nel centro di Manhattan, di Brian Thompson mercoledì scorso. Perché le emozioni contro le mutue private Usa sono in ebollizione da anni. (dal quotidiano “Avvenire” – Elena Molinari)

Al paradosso di uno Stato libero che uccide i suoi cittadini negandogli assistenza sanitaria risponde il paradosso di una protesta che uccide le persone simbolo del sistema sanitario. Occorre arrivare a tanto per mettere in evidenza le cose che non vanno? Se è così, c’è qualcosa che non va nella cosiddetta più grande democrazia del mondo. Non c’è alcuna garanzia che alle ingiustizie di base ci si possa opporre in modo non violento sul piano sociale e non demagogico sul piano politico? Dove stanno i diritti della persona umana? Nelle titubanze colpevoli di Biden e nelle delinquenziali fanfaronate di Trump?

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della Giornata mondiale dei Diritti Umani ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Nella vita della comunità internazionale, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, rappresenta una tappa fondamentale, riconoscendo l’insopprimibile dignità della persona, principio che ispira la nostra Costituzione. Nonostante la sottoscrizione della Dichiarazione da parte degli Stati aderenti alle Nazioni Unite, i diritti umani continuano a essere minacciati e violati in diverse parti del mondo. Violenze e abusi nei confronti delle donne, dei bambini e dei soggetti più fragili sono accadimenti quotidiani, soprattutto laddove sono in corso conflitti armati. In alcuni Paesi le più elementari libertà democratiche sono brutalmente ignorate, e perfino l’esercizio del voto – cardine di ogni democrazia – è vanificato. In una congiuntura internazionale caratterizzata da crisi occorre ribadire la necessità della tutela dei diritti di ogni persona, in ogni circostanza. In occasione della Giornata che sottolinea la centralità dei diritti umani, la Repubblica riafferma il valore delle norme del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario, senza le quali è illusoria ogni prospettiva di pace duratura e di sviluppo dei popoli».

Non credo che Mattarella si riferisse anche agli Usa, personalmente invece sono portato ad allargare il discorso anche a chi fa finta di difendere i diritti umani per poi metterseli bellamente sotto i piedi. Negli Usa i malati si devono arrangiare, i cittadini si devono guardare dalla tremenda invadenza delle forze di polizia, gli inermi si devono dotare di giubbotti antiproiettile contro un uso permissivo delle armi.

In materia di diritti umani, chi è senza peccato scagli la prima pietra. Se poi andiamo sul terreno dei rapporti internazionali, non ne usciamo vivi. Non intendo divagare strumentalmente. Cosa voglio dire? Che la democrazia è lungi dal trovare attuazione nel sistema capitalistico occidentale di cui gli Usa sono storicamente gli antesignani.

Recentemente una persona amica mi ha definito socialista-socialista-socialista. Ebbene mi ha fatto un grande complimento. Sono socialista dal punto di vista etico (i diritti umani appunto… e accoglienza verso chi soffre), sono socialista a livello dei rapporti fra le persone (massima considerazione per i sindacati dei lavoratori e per tutte le forze intermedie della nostra società), sono socialista sul piano politico (non partitico) nel senso che credo nell’intervento dello Stato nella soluzione dei problemi sociali (disoccupazione, sicurezza nel lavoro, emancipazione femminile, etc. etc.), sono socialista finanche nel coniugare la mia fede cristiana con l’impegno a favore del mio prossimo.

A questo punto non posso esimermi dal fare riferimento all’eredità culturale proveniente da mio padre, che era a tutti gli effetti un socialista dal volto umano.

Devo dire, ad onor del vero, che mio padre non ebbe mai in tasca tessere di partito: da quanto diceva al riguardo ho dedotto che non fosse assolutamente una scelta qualunquistica, ma al contrario un modo per mantenere intatto il suo incontenibile spirito critico e per dare sfogo al suo libero pensare.

Mio padre non era fatto per il gioco di squadra, non accettava schemi precostruiti, non era un militante. Temeva (aveva quasi un complesso al riguardo) i fanatismi, forse perché ne aveva visti troppi, e quindi riteneva di non rischiare non aderendo ad alcun partito politico. Questo non gli impediva di elaborare le proprie scelte, di esprimere le proprie idee e di partecipare al voto (cosa che aveva fatto con coraggio anche con gli addomesticati referendum del regime fascista, votando regolarmente “no”). Non condivideva le scelte, di mia sorella prima e mie poi, di adesione alla Democrazia Cristiana: non andava oltre un bonario scetticismo e le solite innocue battute satiriche.

Sul presunto socialismo di mio padre, sempre ad onor del vero, non ho mai avuto alcun preciso riscontro in merito,  ho dedotto dal suo modo di pensare e dal suo comportamento che fosse un “nenniano”, vale a dire un socialista autonomista: una notevole ammirazione per Pietro Nenni era facilmente desumibile da come ne commentava i comizi (allora era quello il modo di comunicare per un politico), ma credo fosse stato assai deluso dal vizio storico dei socialisti italiani  di legarsi  acriticamente al carro comunista prima e di giocare al miglior offerente tra comunisti e democristiani poi.

Quindi era un socialista senza socialismo ed anche questo lo si deduceva da come spesso sintetizzava la storia della sinistra in Italia, recriminando nostalgicamente sulla mancanza di un convinto ed autonomo movimento socialista, che avrebbe beneficamente influenzato e semplificato la vita politica del nostro paese.

Se era sferzante verso i sistemi di stampo comunista, lo sarebbe ancor oggi altrettanto verso le incongruenze del sistema capitalistico in nome appunto della sua opzione socialista con qualche innocua e simpatica venatura anarchica.

Quindi sono figlio di mio padre e faccio molta fatica a sopportare i meccanismi del capitalismo, vale a dire della nostra società sazia (?) e disperata (!).

Sono partito dalla enorme pecca della sanità negli Usa e chiudo con quello che era fino a qualche tempo fa il fiore all’occhiello del welfare italiano (un deferente pensiero a Tina Anselmi che fu artefice a livello governativo della riforma sanitaria). Oggi in Italia la sanità pubblica sta andando a pezzi a favore della sanità privata (gli Usa purtroppo fanno scuola).  Cosa si aspetta ad intervenire prima che sia troppo tardi? In occasione della pandemia da Covid la questione era esplosa in tutta la sua gravità. Aspettiamo la prossima pandemia? Magari quella che si intravede (speriamo non sia così) dalla malattia proveniente dal Congo?