Emmanuel Macron, presidente della Repubblica francese, l’indomani delle elezioni europee che lo videro pesantemente sconfitto, anziché tirare le conseguenze e farsi da parte, preferì giocare d’anticipo e sciogliere il Parlamento, indicendo immediate elezioni che bloccarono sorprendentemente l’ascesa del Front national di Marine Lepen grazie ad un accordo elettorale fra centri e sinistre.
Questa pur apprezzabilissima conventio ad excludendum portò però ad una situazione di instabilità politica di fronte alla quale Macron, anziché aprire con un po’ di fantasia a sinistra, ripiegò al centro, proponendo un assetto governativo minoritario che si è sciolto come neve al sole e mettendo il presidente in braghe di tela. Di farsi da parte al momento non se ne parla nemmeno, allora sembra che non gli resti che traccheggiare fino al giugno prossimo, potenziale data per nuove elezioni parlamentari.
Come volevasi dimostrare: le teorie su presidenzialismo, semi presidenzialismo, premierato e assetti istituzionali simili rendono perfettamente l’idea di come la democrazia non risolva i suoi problemi restringendo l’area decisionale in diretto contatto con il consenso popolare. Una sorta di moderato populismo: una scorciatoia rispetto alla pur difficile strada maestra del parlamentarismo. La democrazia ha bisogno dei partiti come del pane, ma, siccome i partiti hanno perso il loro feeling con gli elettori, si passa alle brioche del potere in poche mani.
Emmanuel Macron ci sta aggiungendo del suo: non vuol mollare la presa, forte di un voto popolare risalente a parecchio tempo fa; dopo avere ampiamente deluso da tutti i punti di vista, non vuole accettare la realtà e continua ad arrampicarsi sugli specchi di una democrazia traballante.
Le conseguenze sono per i francesi, ma anche per tutti gli europei in un momento storico in cui ci sarebbe bisogno, più che mai, di forza e compattezza dell’UE. L’Europa galleggia: è il caso appunto di Macron in Francia, ma anche di Scholz in Germania, che dire di Giorgia Meloni in Italia e, cosa ancor più grave, di Ursula von der Leyen.
Quando mio padre voleva sarcasticamente bollare l’inconcludenza del mio impegno politico, improntato alla partecipazione a numerose quanto inutili riunioni, se ne usciva con una espressione assai eloquente: “Ien là chi sälvon l’Italia…”. Penso che lo direbbe, a maggior ragione, in riferimento ai consessi e ai leader europei, allargando il campo visivo all’intero continente se non addirittura a tutto il mondo.
Macron avvisato, Francia, Europa e mezzo mondo rovinati!