Gli incresciosi e reiterati fatti di aggressione a danno di operatori della sanità non possono essere considerati meri episodi di inspiegabile intolleranza in mezzo al mare di violenza della nostra società. Potranno essere anche questo, ma prima devono essere considerati il sintomo di un gravissimo malessere a livello sanitario. Il sistema sta facendo acqua e la reazione si sfoga sugli operatori sanitari e le loro insufficienze.
Quando una persona è esasperata se la prende col primo che gli viene a tiro e non ha purtroppo la freddezza, la lucidità e il tempo di risalire alle vere cause ed ai veri responsabili della situazione. La sanità è una potenziale polveriera pronta ad esplodere da un momento all’altro.
La sensazione da parte del malato e dei suoi famigliari è spesso quella di essere abbandonato a se stesso: purtroppo molte volte è la triste, sconfortante e preoccupante realtà.
Gli operatori sanitari, che venivano esageratamente santificati durante la pandemia, ora vengono demonizzati e aggrediti. Perché? Sono i soggetti schierati in prima linea che subiscono i giudizi e gli attacchi e rischiano di fare da paravento ai soggetti responsabili che sono al coperto.
Intendiamoci bene, anche l’etica professionale del personale sanitario non è granché, il sistema con i limiti economici ed organizzativi che impone, non aiuta medici e infermieri a lavorare bene, siamo assai lontani dai tempi in cui fare il medico e finanche l’infermiere era considerata una vocazione (quasi) sacerdotale. È pur vero, come diceva mio padre, che, se un medico sbaglia la diagnosi o la terapia, gli sono tutti addosso, mentre se compie un intervento-capolavoro non fa altro che il proprio dovere. Tuttavia il sistema non funziona e chi vi resta impigliato può anche avere reazioni violente: la pazienza ha un limite e negli ospedali di pazienza ce ne vorrebbe una quantità smisurata.
La risposta della politica è, come ormai avviene normalmente, repressiva: si parla di esercito, di daspo, di misure punitive per chi osa lamentarsi in modo esagerato. Non sono d’accordo! I problemi non si affrontano dal fondo. Occorrono scelte coraggiose da parte della finanza pubblica, serve uno sforzo organizzativo straordinario, è fondamentale incoraggiare e premiare la responsabilità degli operatori sanitari, bisogna ridare fiducia al cittadino che l’ha persa e, se ha risorse disponibili, si rivolge alla sanità privata, mentre, se non ha queste possibilità, si mette in fila aggiungendo ansia e sofferenze a quelle connaturali alla sua malattia.
Credo sia la scommessa fondamentale nei rapporti fra cittadino ed istituzioni, perché il cittadino è in una condizione di estrema debolezza e le istituzioni non possono approfittarne, gridando poi allo scandalo quando esplodono proteste violente. Bisognerebbe oltre tutto approfondire gli antefatti.
Non è giusto drammatizzare la situazione, anche se non è facile spiegarlo a chi, magari sotto colica, sta ore ed ore in attesa di un intervento medico. Non è giusto però nemmeno ridurre la situazione al comportamento esagitato di alcuni (im)pazienti.
Ognuno si assuma le proprie responsabilità a tutti i livelli, diversamente, è proprio caso di dirlo, non se ne esce vivi.