Sei anni di carcere per il vicepremier Matteo Salvini, per aver impedito, nel 2019, lo sbarco a Lampedusa di 147 migranti soccorsi dalla nave della ong spagnola Open Arms. Il pm Calogero Ferrara ha formulato questa richiesta durante il processo per questi fatti.
Non ho la competenza per esprimermi dal punto di vista giudiziario e quindi lascio naturalmente che la giustizia faccia il suo corso. Men che meno azzardo l’ipotesi, subito sposata dal governo, che si tratti di un processo politico.
Ho letto che il pubblico ministero nella sua analisi è partito da una premessa: «C’è un principio chiave non discutibile: tra i diritti umani e la protezione della sovranità dello Stato sono i diritti umani che nel nostro ordinamento, per fortuna democratico, devono prevalere».
Preferisco quindi collocarmi nelle mie riflessioni sul piano etico e di conseguenza sulla più alta delle visioni politiche, vale a dire quella contenuta nella nostra Carta Costituzionale. Non v’è alcun dubbio che da questo punto di vista Matteo Salvini sia colpevole e ne risponderà in primis alla propria coscienza.
Quale la conseguenza oserei dire a livello prepolitico? Chi governa deve mettere al primo posto i diritti umani e quindi la difesa della vita sempre e comunque, soprattutto quella che viene messa in pericolo, come succede per i migranti in mezzo al mare. E chi vota e sceglie da chi essere governato deve fare altrettanto. Non c’è santa sicurezza che tenga. Non c’è difesa dei confini nazionali che possa giustificare il voltarsi dall’altra parte mentre persone disperate rischiano di morire affogate.
Il processo a Matteo Salvini ha questo significato a prescindere dalla punibilità del ministro sul piano giudiziario. Cerchiamo di difendere la nostra civiltà dagli attacchi spregiudicati e strumentali dei demagoghi, pronti a barattare la vita di decine di persone con il voto degli eticamente sprovveduti. Salvini, e non solo lui, opera, seppure indirettamente, (mi auguro che lo faccia in buona fede e/o per pura follia populista) una sorta di paradossale, tragica, sconvolgente e rovesciata decimazione: un immigrato lasciato morire in mare per dieci voti in più nelle urne.
Che tutto ciò ce lo ricordi la magistratura non dovrebbe scandalizzarci, ma semmai farci doppiamente morire di vergogna per aver perso completamente il senso democratico e per non essere più capaci di distinguere il sacro della vita dal profano della più cattiva delle politiche.