Era aprile del 2022 (due anni avanti Meloni). Massimo Giletti, uno dei “maître a non penser” de La7, in quei giorni di incassi pubblicitari favolosi, giustificati dalla notevole attenzione riservata agli eventi bellici, si lasciò andare ad una vomitevole leccata di regime: “La pubblicità fa la Tv libera”. Una fandonia detta in nome dell’economia di un finto mercato.
Massimo Giletti ha fatto il suo tempo. Non so dove sia finito. Era un personaggio televisivo vuoto come una calza, che lasciava intendere di essere bello e bravo, capace solo di recitare a soggetto, che non sapeva un cazzo, ma lo faceva dire bene agli altri.
Un tempo si diceva che “la pubblicità è l’anima del commercio”, oggi, andando a prestito dalla sociologia gilettiana, si potrebbe dire che “la pubblicità è l’anima di un’informazione drogata”.
Ebbene a distanza di due anni (in piena era meloniana) Corrado Formigli, conduttore di “Piazza pulita”, trasmissione di punta della rete televisiva La7, all’inizio di una lunga serata ha recentemente e testualmente detto ai telespettatori: «Vi chiedo di pazientare per settantacinque secondi di pubblicità, senza cambiare canale, perché la pubblicità finanzia il nostro programma e finanzia anche la nostra libertà e indipendenza».
La7 si erge a unico canale critico verso l’attuale governo di centro-destra e verso il melonismo in genere. Non per questo mi sento di santificarla al punto da considerarla la protettrice della libertà e autonomia dell’informazione grazie alla copiosa pubblicità che la tiene in vita. La pubblicità fa bene a chi la vende, ma fa molto male a chi la beve e la confonde con l’informazione.
Capisco il dovere di legare l’asino dove vuole il potere, che, nel caso di chi lavora a La7, significa pur sempre legare l’asino dove esige l’azienda Cairo, libera (fino a qual punto non saprei) di criticare “il regime” in cui è immersa.
Consiglierei quindi al pur bravissimo Corrado Formigli di smontarsi la testa, di andare piano nelle curve di regime e di non sbandare: la vera democrazia rifiuta certe paradossali equazioni. Attualmente meglio la privata La7 della pubblica Rai, ma mentre la Rai esercita il monopolio del “leccaculismo del potere” (Bruno Vespa e dintorni), non vorrei nemmeno pensare e ancor meno accettare che La7 detenga quello del manierismo critico ad usum delphini (Corrado Formigli e c.).
In conclusione non è accettabile alcun, seppur ironico, ricatto pubblicitario; è pur vero che il pluralismo dell’informazione si fonda anche sugli introiti pubblicitari. Il sistema è questo, ma tra la rassegnazione e l’autocelebrazione vi è una certa differenza.
D’altra parte, a distanza di pochi giorni, e in dirittura finale della campagna elettorale, il direttore del telegiornale de La7 Enrico Mentana ha fatto un’intervista alla premier Giorgia Meloni che più leccaculista di così… quasi da far invidia a Bruno Vespa. I contenuti erano scontati (dopo poche battute ho cambiato canale) però mi è rimasto in testa il fastidioso tono che faceva la solita brutta musica di sviolinata al potere: era chiaramente, come minimo, la stipula di un patto di non più belligeranza col governo.
Probabilmente Corrado Formigli gliela avrebbe fatta in modo diverso, ma evidentemente c’è stata la necessità di aggiustare il tiro e la pubblicità non sarà estranea a questa virata mediatica nei confronti del potere politico. Attenzione quindi alla libertà e all’indipendenza finanziata dalla pubblicità.
Recentemente, in farmacia, mi sono sentito chiedere la sottoscrizione di una tessera per usufruire di sconti sugli acquisti dei tanti generi che vengono venduti nel negozio. Ho risposto, tra il serio e il faceto, ricordando alla simpatica commessa il messaggio proveniente dall’educazione impartitami da mio padre: “Äd tésri nin voj miga, n’ho tôt gnanca còlla dal fascio…”.
Non accetto quindi neanche la tessera de La7: ascolto, valuto e decido in proprio, in assoluta libertà di cambiare canale anche e soprattutto in concomitanza con la messa in onda della pubblicità.