Era ciò che il governo d’Israele temeva, dopo le indiscrezioni circolate nelle scorse settimane. Adesso il procuratore capo della Corte Penale Internazionale ha chiesto alla Camera preliminare del tribunale de L’Aia di emettere mandati di arresto contro il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, e il suo ministro della Difesa, Yoav Gallant, con l’accusa di “crimini di guerra e crimini contro l’umanità” commessi nella Striscia di Gaza dopo l’8 ottobre 2023. La medesima richiesta, che si riferisce, però anche a ciò accaduto il 7 ottobre con il massacro commesso da Hamas, ha raggiunto anche il capo del partito armato palestinese nella Striscia, Yahya Sinwar. Nello specifico, sono diversi i leader dell’organizzazione citati nella richiesta del procuratore Karim Khan. Oltre a Sinwar, nell’elenco risultano anche Mohammed Deif, capo delle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas, e Ismail Haniyeh, leader politico del partito. Anche per loro l’accusa è quella di “crimini di guerra e contro l’umanità” commessi in Israele e nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023. La richiesta ha provocato le proteste da parte dei vertici israeliani, di Hamas e anche degli Stati Uniti, con Joe Biden che l’ha definita “vergognosa”. (da “Il Fatto Quotidiano”)
Era ora che qualche istituzione chiamasse le cose e le persone col loro nome: i crimini di guerra sono evidentissimi da entrambe le parti, le responsabilità dei loro massimi dirigenti altrettanto chiare e inoppugnabili. Mentre l’Onu è purtroppo schiavo dei veti, la Corte Penale Internazionale dimostra, almeno nella sua procura, una sua autonomia di giudizio e di iniziativa.
Non ho idea del seguito che potrà avere una simile iniziativa sul piano giudiziario e su quello politico-diplomatico. Joe Biden, dopo avere ripetutamente invitato Israele a interrompere la sua azione bellica, ritiene vergognosa la richiesta della Corte in quanto metterebbe sullo stesso piano Israele ed Hamas, aggredito e aggressore. I metodi adottati a livello di offesa e di difesa sono sostanzialmente identici e tali da rendere impossibile e ingiusto distinguere. Se non si parte da questo presupposto non si arriverà da nessuna parte, o meglio si distruggerà un intero popolo, quello palestinese, per vendicare un bestiale attacco da parte di Hamas, che fino a prova contraria non può essere considerato il governo democraticamente rappresentativo dei palestinesi.
Gli Usa perdono il pelo ma non il vizio, la Ue non si sbilancia, l’Italia non si capisce fino a che punto stia con gli Stati Uniti e fino a che punto si senta parte integrante dell’Europa, ma tacere va bene comunque e non è mai sbagliato. L’argomento pace è volutamente escluso dal dibattito politico della campagna elettorale europea: troppo impegnativo e rischioso. La stessa cosa sta avvenendo negli Usa, laddove andare contro Israele potrebbe significare perdere montagne di voti: sembra tuttavia che i voti Joe Biden li stia perdendo comunque sul fronte giovanile e afro-americano.
Nelle motivazioni della richiesta, il procuratore Khan accusa il premier Netanyahu e il ministro Gallant di “aver causato lo sterminio, aver usato la fame come metodo di guerra, compresa la negazione di forniture di aiuti umanitari, aver deliberatamente preso di mira i civili durante il conflitto”. Khan ha poi aggiunto che “gli effetti dell’uso della fame come metodo di guerra, insieme ad altri attacchi e punizioni collettive contro la popolazione civile di Gaza sono acuti, visibili e ampiamente conosciuti. Comprendono malnutrizione, disidratazione, profonda sofferenza e un numero crescente di morti tra la popolazione palestinese, compresi neonati, altri bambini e donne”. (sempre da “Il Fatto Quotidiano”)
È vergognoso affermare queste verità? Fanno male agli equilibri bellico-affaristici! Morale della favola: Netanyahu è un criminale, sì ma solo un pochettino rispetto ad Hamas, e diciamoglielo piano in un orecchio, non si sa mai che si incazzi.
Le terribili atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre non possono giustificare in nessun modo la devastazione di Gaza e il massacro della popolazione che abita la Striscia. Dopo sette mesi di bombardamenti i morti sono 34.000, di cui il 60% donne e bambini, oltre ai milioni di sfollati che soffrono la fame attualmente stipati a Rafah. Che tutt’oggi ci sia una fetta non indifferente di opinione pubblica e informazione occidentale disposta a far rientrare queste atrocità nel diritto a difendersi di Israele dimostra come Gaza sia uno specchio nel quale scrutare i nostri doppi standard morali e il nostro etnocentrismo culturale. (sintesi di un articolo apparso su MicroMega a firma Roberto De Vogli e Alessandra Ferretti)
(…)
Nonostante tutte queste atrocità avvengano alla luce del sole, nei media Occidentali continuiamo però a vedere opinionisti e politici giustificare ampiamente i crimini israeliani con il famigerato “diritto di difesa” al quale non viene posto alcun limite o condizione, neanche per tutelare i bambini palestinesi. Il sottointeso su cui si basano queste posizioni è evidente: le vite dei bambini israeliani valgono di più rispetto a quelle dei bambini palestinesi. Per ogni bambino israeliano ucciso il 7 ottobre sono stati uccisi oltre 400 bambini palestinesi. Incredibilmente, nonostante questa clamorosa sproporzione, non solo politici e opinionisti ma anche il 20% della popolazione italiana continua a volere la prosecuzione della strage fino a una fantomatica sconfitta totale di Hamas. Il sostegno incondizionato della civiltà occidentale a Israele poggia su un assunto: questo massacro di civili palestinesi non ci sarebbe stato senza gli attacchi di Hamas. In realtà, da più di mezzo secolo, Israele conduce massacri indiscriminati di cittadini palestinesi. Anche prima del 7 ottobre 2023, il bilancio di vittime palestinesi causato dalle “incursioni punitive” dell’esercito israeliano è inaccettabile. Tra il 2008 e metà 2023, sono stati uccisi circa 6000 palestinesi. (ancora l’articolo di MicroMega)
Chi osa affermare queste verità e protestare di conseguenza (sta avvenendo nelle università di tutto il mondo) viene immediatamente squalificato, manganellato e silenziato con le solite richieste di par condicio fra criminali di guerra (perché non si protesta con la stessa veemenza contro i crimini dell’Iran contro le donne e gli oppositori del regime?). È un modo per buttare “in pandana” le proteste, continuando ad utilizzare in campo internazionale la teoria degli opposti estremismi che si giustificano e si annullano a vicenda. Questa teoria va benissimo per neutralizzare le proteste contro Israele e per giustificare le sue spropositate vendette, va malissimo se mette sul banco degli imputati anche Israele.
So di dirla grossa, ma Israele non può effettuare dei genocidi o sterminare altri popoli per difendere il proprio diritto all’esistenza. Fino a prova contraria l’esistenza messa veramente a rischio finisce per essere quella palestinese: nessuno la difende convintamente e concretamente, ragion per cui il terrorismo ed alcuni Paesi che pescano nel torbido (Russia, Cina, Iran etc.) finiscono per avere buon gioco.
Qualcuno mi dirà che la realtà è troppo complessa e che la guerra è inevitabile. La realtà è molto semplice: muoiono migliaia e migliaia di innocenti (ebrei e palestinesi) e nessuno fa niente per venire in loro soccorso. La guerra non è inevitabile, ma utile ai forti, per i quali è molto più semplice eliminare i deboli piuttosto che trattare con essi, anche perché sono brutti, sporchi e cattivi. A meno che i deboli non servano a fare da argine ai nemici di turno, nel qual caso meritano di essere armati fino ai denti e così illusi di vincere (vedi Ucraina).
Io sono un utopista che rischia di scantonare nel “cinismo pacifista”. Sempre meglio avere in coscienza il coraggio di denunciare certi comportamenti e chi li mette in pratica piuttosto che piegarsi al premuroso realismo bellico e guerrafondaio.