Ho dato una frettolosa scorsa alle candidature proposte dalle varie liste per le elezioni al Parlamento europeo. L’ho fatto un po’ per curiosità, ma soprattutto alla ricerca di un appiglio che mi possa spingere al voto.
Purtroppo anche i pochi personaggi degni di nota mi sono sembrati in cerca di una politica europea degna di tal nome. La logica è infatti quella di raccattare voti a prescindere dalla visione d’Europa di cui gli eletti dovrebbero farsi carico. Si va dalla paradossale presenza in lista di candidati impresentabili per motivi etici prima e più che politici alla ammiccante proposizione di candidati significativi ma soltanto a livello personale, destinati con ogni probabilità a confondersi nel marasma parlamentare europeo.
Capisco come non sia facile elaborare proposte politiche organiche in un momento storico caratterizzato dalla sovrapposizione di emergenze sempre più drammatiche. Bisognerebbe partire proprio da esse per cercare un filo di speranza per un futuro che appare nero e devastante.
La guerra incombe, l’immigrazione pure, il disastro ambientale anche, l’economia ci stringe d’assalto: i partiti non trovano di meglio che buttare la palla in tribuna in attesa di tempi peggiori. Una politica di pace sembra una chimera, il fenomeno migratorio è considerato un male da scaricare gli uni sugli altri, l’ecologia un diversivo parolaio, l’economia un meccanismo da subire.
Si parla di transizione (ecologica, digitale, energetica), ma transizione significa passaggio da una situazione a un’altra: vedo le situazioni attuali ma non comprendo quelle future a cui si possa e si debba tendere.
L’Europa continua ad essere un’accozzaglia di nazionalismi più o meno accentuati, non si intravede alcuna seria procedura istituzionale che vada nel senso di un’ulteriore integrazione: si parla di difesa comune, ma cosa significa? Dare per scontata un’immanente realtà di guerra? Si parla di burocratica suddivisione degli immigrati, ma cosa significa? Palleggiarsi responsabilità, scaricare il barile degli immigrati mentre i disgraziati muoiono? Si parla di austerità nei conti pubblici, ma cosa vuol dire? Imprigionare tutti nei parametri che i forti impongono ai deboli?
Ho fatto solo alcuni provocatori esempi di incongruenze europee, di fronte alle quali le prossime elezioni europee dovrebbero sforzarsi di rappresentare un minimo di risposta. Assordante silenzio! A questo silenzio difficilmente potrà corrispondere una non dico convinta ma almeno interlocutoria partecipazione al voto. L’Europa della corrispondenza di silenziosi sensi.
La risposta casalinga alla candidatura del generale Vannacci nella lista della Lega mi sembra emblematica del clima in cui si stanno cucinando le elezioni europee. Vannacci e Salvini viaggiano in tandem, mentre Luca Zaia viaggia per proprio veneto conto. Non c’è che dire, un’ottima combinazione per presentarsi seriamente alle urne: ognuno viaggia sui propri binari valoriali, ognuno fa il proprio gioco nazionale o regionale, ognuno ha la sua tattica elettorale, tutti snobbano alla grande il discorso europeo.
Europee, Zaia su Vannacci: “La Lega ha altri valori. Sarei un peccatore a non votare un veneto”. “Vannacci in lista? Nessuna battaglia. Il generale, come ama farsi chiamare, non è capolista ma sono scelte che ha fatto il partito”: commenta così il presidente del Veneto, Luca Zaia, che tuttavia si dice in disaccordo con alcune dichiarazioni di Vannacci. “Non condivido – rileva – la proposta delle classi separate e la concezione di Mussolini come Statista”. Poi ricorda che il generale è candidato indipendente, non è con la Lega “che ha i suoi valori”, mentre Vannacci “ne avrà altri”. “Se lo voterò? Mi sentirei un peccatore – conclude – a non votare un veneto”.
Un condensato di assurdità! La comunanza di valori dovrebbe essere la pregiudiziale della presenza in lista anche da parte di un indipendente, la cui adesione dovrebbe essere proprio motivata dai valori comuni pur nella autonomia di iniziativa politica. Il partito (Salvini) non può essere una entità separata rispetto ad un suo dirigente di alto livello (Zaia). Il Veneto non può essere la foglia di fico dietro cui nascondere divergenze fondamentali. E l’Europa, a questo punto, non c’entra proprio niente. Siamo ai voti corti!