Eccesso fazioso in legittima anti-mafia

La rete dei rapporti mafiosi in quel di Bari sembra essere piuttosto fitta e di conseguenza per chi ne vuole star fuori e /o la vuole combattere il compito è difficile e gravoso. Da quanto si può intuire l’amministrazione comunale è stata lambita da certi giochi delinquenziali, ma non sembra che possa esserne stata protagonista.

Mi sovviene una simpatica precisazione del grande Giberto Govi, che in una sua bellissima commedia dimostrò la grande differenza esistente fra essere vicini a qualcosa e l’esservi dentro: un conto è abitare vicino alle carceri, un conto è viverci dentro da recluso. Mi sembra che la mafia giri intorno al consiglio comunale di Bari, ma non trovi in esso agganci precisi e consistenti.

Ragion per cui appare un tantino esagerato il provvedimento ministeriale che ha istituito una commissione d’inchiesta finalizzata all’eventuale scioglimento del consiglio comunale di Bari per infiltrazioni mafiose.

Il centro-destra ha sempre rifiutato certi provvedimenti giudiziari ad orologeria, vale a dire volti ad influire sull’andamento della politica, salvo cascarci dentro durante il suo esercizio del potere. Esiste il dubbio atroce che si voglia disturbare la campagna elettorale del sindaco di Bari, sputtanando la sua amministrazione e rovinando la sua immagine di sindaco anti-mafia. Il discorso appare troppo politicizzato, proceduralmente anomalo e stranamente coincidente con scadenze elettorali per poter essere obiettivo ed imparziale.

Si vuole forse compromettere il discorso della moralità della sinistra, dopo avere tentato di colpirne la cosiddetta egemonia culturale con una spavalda e vomitevole strumentalizzazione della Rai, dopo averne messo in discussione il buongoverno a livello regionale nel post-Sardegna, dopo averne sminuita la superiorità a livello di classe dirigente, dopo aver cercato di occupare tutti gli spazi di potere debordando spesso dai confini istituzionali?

Il centro-destra ostenta forza e sicurezza, ma probabilmente si sente molto più debole e diviso di quanto non appaia e soprattutto teme che la luna di miele con l’elettorato possa cominciare a scricchiolare. Ecco quindi la necessità di fasciarsi la testa ancor prima di cadere o di far cadere gli altri in modo da confondere le proprie cadute attuali e future.

L’opportunità di sciogliere il consiglio comunale di Bari per connivenze mafiose è troppo ghiotta per non essere sfruttata, anche perché la vicenda rischia comunque di lasciare un segno squalificante in De Caro e nel suo partito a livello locale e nazionale, vale a dire il partito democratico.

Il consenso al centro-destra si fonda sostanzialmente sul “così fan tutti”, sull’acqua passata che non macina più, quindi tanto vale provare la destra estrema: il fascismo non esiste più, tutti fanno i loro comodi, affidiamoci a questa manica di dilettanti capaci in modo deteriore di dare dei punti ai professionisti. Una sorta di corsa al tanto peggio tanto meglio, che porta al populismo, al sovranismo, al qualunquismo e all’astensionismo.

Le prossime elezioni europee saranno un banco di prova molto importante: il tranello consiste nel portare la gente a votare su tutto meno che sull’Europa. Ce la stanno mettendo tutta (ci hanno provato persino con Mattarella mettendolo contro la polizia) e la vicenda del comune di Bari, volenti o nolenti, si inquadra in questa deriva istituzionale, che, come sostiene acutamente Romano Prodi, ha il suo sbocco ideale nel premierato nazionale, accompagnato, aggiungo io, dai “premieratini” regionali e finanche comunali. Siccome non hanno classe dirigente, tanto vale tessere un rapporto diretto e plebiscitario con l’elettorato. Stavo pensando a Putin…