Gli italiani sono un popolo di casalinghi, schiavi della televisione e delle opinioni veicolate attraverso social e mass media. Lo sostiene Giuseppe De Rita, fra i fondatori del Censis, in una intervista a La Stampa, partendo dai dati dell’ultimo rapporto Censis-Auditel, il quale mostra come stia aumentando “la casalinghità della società italiana”: gli italiani “stanno bene in una dimensione di casalingo medio. È così che si formano il giudizio sul mondo esterno, attraverso quello che hanno visto con il televisore con uno schermo di oltre 50 pollici, dotato della migliore tecnologia possibile”. Sottolinea quindi che “la dimensione della soggettività è in aumento dagli anni Settanta. Gli italiani sono sempre di più dei casalinghi guardoni, soggetti ai flussi di opinione esterni. Per questo il modo in cui viene loro descritto il Covid, l’Ucraina o l’inflazione li colpisce particolarmente”, “viviamo sull’onda dell’opinione del giorno. In base a quello che ascoltiamo possiamo essere pessimisti o sostenere personaggi politici. È l’opinione che traina, non la realtà”, “è il problema di questo Paese. Tutti i cambiamenti politici degli ultimi anni sono avvenuti sulla base dell’onda dell’opinione. Da Berlusconi a Grillo, Salvini e ora Meloni non ci troviamo di fronte a rivoluzioni politiche ma alla capacità di singoli di gestire le onde. Silvio Berlusconi aveva i mezzi e li usava, Giorgia Meloni è stata molto abile a creare un tam-tam a partire dal libro ‘Io sono Giorgia’ fino a conquistare il potere”, “gli italiani dicono mi piace Meloni e non Salvini ma non sono in grado di valutare, per esempio, quanto Meloni possa incidere sul loro conto corrente o sul loro lavoro. Hanno un’opinione politica generica e seguono le onde al contrario di quanto accadeva in passato. Nessun politico della Dc si è basato sull’opinione quando si è trattato di creare l’Ue o di prendere altre decisioni di peso. Oggi invece se il politico si rende conto che una scelta può provocare un calo nei sondaggi si spaventa. É l’opinione che governa il Paese. A questo processo contribuiscono i mass media creando loro stessi un’onda di opinione su un argomento per settimane e poi passando all’onda successiva quando cala l’interesse. Anche noi che creiamo cultura collettiva dovremmo farci un esame di coscienza: andando avanti così resta il nulla”. E chiosa con un “magari” se tutto si riducesse in macerie morali: “Sarebbe la base per poter costruire di nuovo. Invece qui è stato distrutto qualcosa che si è auto-consumato lasciando un vuoto intorno”. (dall’agenzia giornalistica “9colonne”)
Pur rimanendo convinto che la sociologia sia l’elaborazione sistematica dell’ovvio, ammetto che anche l’ovvio così ben elaborato e presentato assume una sua valenza critica molto importante. Gli italiani effettivamente stanno diventando carne da macello mediatico: non si può spiegare diversamente la cotta che si sono presi per la Meloni. Il problema non sta però tanto nel potere mediatico, ma nel fatto che chi lo subisce non se ne renda nemmeno minimamente conto. Probabilmente di fronte a certe clamorose scivolate politiche dei preferiti non si vuole ammettere di avere commesso un errore di valutazione e si risponde con la penosa ricerca del nulla motivazionale, ripiegando semmai sul qualunquistico “così fan tutti o tutte”.
Paradossalmente il sondaggismo dimostra che stiamo morendo di sondaggismo: su di esso si operano le scelte politiche, su di esso si basa il consenso, su di esso si costruisce una sorta di politica virtuale che sfugge ad ogni e qualsiasi meccanismo di valutazione critica. Questo è il nuovo volto del fascismo!
Il problema e se e come si possa uscire da questo tunnel delle opinioni farlocche. Credo si debba innanzitutto fare un virtuoso bagno di passatismo: dobbiamo riuscire a comprendere come l’antifascismo fu proprio lo scatto di orgoglio critico contro la manipolazione della realtà. Siccome purtroppo la storia si ripete, oggi si impone la stessa rivolta: non violenta, ma impietosa nello spargimento di cenere sul capo di chi vota o non vota con la pancia e quel che segue.
Gli attuali governanti hanno paura non tanto del fascismo di cui tuttavia sono subdoli eredi, ma dell’antifascismo e quindi lo stanno devitalizzando e riducendo a battaglia anacronistica: il tutto viene giubilato e collocato negli scantinati della storia. I giovani non hanno cuore e sentimenti per scendere in cantina e restano a piano terra illudendosi di salire prima o poi ai piani alti; gli anziani preferiscono andare nell’attico da dove si osserva il sogno dell’ingiustizia fatta sistema e della guerra fatta pace.
Non è un caso che l’attuale governo abbia l’intenzione di infiltrarsi nella Costituzione depotenziandola dal di dentro, creando nei cittadini l’opinione che occorra ammodernare la Carta, mentre in realtà la si vuole strappare. Le idealità che la Costituzione contiene sono l’unico antidoto alla dittatura mediatica strisciante e imperante. Di lì occorre ripartire! Non dai programmi che in fin dei conti sono tutti uguali o comunque possono essere considerati tali. I valori invece non possono essere mescolati e confusi, sono elementi discriminanti. Bisogna schierarsi!
Qualcuno ritiene snobisticamente che non valga la pena di radicalizzare lo scontro politico. Sono di idea diametralmente opposta: non ho paura di parlare di fascismo in casa dei neo-fascisti, di pacifismo in casa dei guerrafondai, di povertà in casa dei ricchi, di solidarietà in casa degli egoisti, di europeismo in casa dei sovranisti, di popolarismo in casa dei populisti, di socialismo in casa dei capitalisti, di democrazia in casa degli autocratici, di vere libertà in casa dei finti libertari. Creare macerie morali prima che politiche per costruire qualcosa di nuovo.