Le ragioni anti-belliche di un aspirante pacifista

L’attacco israeliano ad un ospedale situato nella striscia di Gaza riporta tragicamente in primo piano il discorso sulla legittimità del comportamento israeliano in questa guerra contro Hamas, che purtroppo finisce con l’essere contro il territorio palestinese sostanzialmente raso al suolo e contro la popolazione palestinese costretta a morire, a soffrire situazioni pazzesche o, nella migliore delle ipotesi, a sloggiare.

Aleggiano due questioni più pretestuose che delicate.  La prima riguarda i limiti che dovrebbe avere una guerra: non colpire obiettivi e persone civili. Come si faccia a fare queste distinzioni è cosa tragicomica. Ho sempre pensato che in guerra – ed è uno dei motivi che la rende assurda e malefica – tutto finisca con l’essere lecito. È la guerra in sé ad essere illecita, qualsiasi tipo di guerra.

Certo che gli israeliani non stanno andando molto per il sottile. Un po’ di moderazione, consigliata persino dall’alleato statunitense, non guasterebbe. Ma c’è sempre pronta la scusa del terrorismo sottostante: anche sotto gli ospedali ci sarebbero i terroristi. E allora è sempre tutta e comunque colpa di Hamas.

E poi viene la seconda domanda: lo Stato di Israele non ha diritto di difendersi? Guai a mettere in discussione questo assioma. Ebbene qualcuno sul punto si permette di sollevare qualche dubbio.  Dopo i ripetuti appelli da parte delle Nazioni Unite ad un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza, sono arrivate anche le parole della relatrice speciale Onu per i Territori palestinesi occupati, l’italiana Francesca Albanese, secondo la quale Israele fa riferimento “ad un inesistente diritto all’autodifesa”.

Secondo la giurista specializzata in diritto internazionale umanitario, la comunità internazionale sta “fallendo in modo colossale” nella risposta al conflitto tra Israele e Hamas. La relatrice speciale ha aggiunto che “gli Stati membri, specie in Occidente, restano ai margini, sussurrando parole inaudibili di condanna, o restano in silenzio per paura di ledere l’autoproclamato diritto di Israele all’autodifesa. Secondo il diritto internazionale, Israele ha il diritto di proteggersi, ma non di intraprendere una guerra”.

Come minimo mi sembra che Israele si stia rendendo colpevole di eccesso doloso in legittima difesa. Ma allora torniamo daccapo. Come si fa a mettere dei limiti ad una vera e propria guerra? In fin dei conti tutte le guerre sono di offesa e/o di aggressione. Mi sovviene quanto diceva un mio simpatico cugino a proposito della morte per tumore (un brutto male come si suole dire): “Am piazris savér chi è ch’è mòrt d’un bél mäl!?”. Io giro la domanda: “Mi piacerebbe sapere qual è una guerra giusta e doverosa!?”.

Mio padre, di ritorno dalla toccante visita al sacrario di Redipuglia, si illudeva di convertire tutti al pacifismo, portando in quel luogo soprattutto quanti osavano scherzare con nuovi impulsi bellicosi. «A chi gh’à vója ‘d fär dil guéri, bizògnariss portärol a Redipuglia: agh va via la vója sùbbit…». Pensava che ne sarebbero usciti purificati per sempre.

Bisognerebbe portare i vomitevoli, pretenziosi e lagnosi teorici del diritto alla guerra difensiva a dare una sbirciatina alla striscia di Gaza per vedere se dopo saranno ancora così sicuri e tranquilli nel loro realismo bellico (meglio ancora se ci avessero fatto una capatina prima che scoppiasse l’attuale conflitto…).

So perfettamente che qualcuno mi chiederà: con queste teorie non ci sarebbe stato il Risorgimento e nemmeno la Resistenza. A parte che non ci vedo molte analogie con l’attuale comportamento israeliano, bisognerebbe sforzarsi di prevenire a tutti i costi situazioni che rechino necessità estreme di ricorso alle armi. Ed è proprio quello che l’Occidente democratico non ha fatto e non sta facendo (sarebbe meglio tardi che mai) per i rapporti fra palestinesi e israeliani.

L’indiscutibile e definitiva motivazione alla mano pesantissima degli israeliani sarebbe il reagire al terrorismo, che peraltro se la ride perché è proprio quel che vuole. La lotta al terrorismo e la reazione violenta ai suoi attacchi furiosi coprono tutto e rendono tutto plausibile. Hamas si è resa colpevole di atti incredibilmente assassini, ma i suoi adepti hanno in mano due pazzeschi jolly: non hanno paura di morire e vogliono portare la situazione a guerra totale ed infinita, strumentalizzando certe situazioni di indubbia ingiustizia e debolezza sociale. Fare guerra al terrorismo è come illudersi di vuotare il mare. Dalle onde ci si difende in altro modo. Lo ha capito persino Biden su autorevole suggerimento di Obama.

Ma i politici e commentatori nostrani sono più filoisraeliani di Biden. Si nascondono dietro i sensi di colpa della shoah, non capendo che, così come stiamo facendo una guerra mondiale a pezzi (lo dice il Papa), stiamo supportando e alimentando una shoah sparsa nel mondo (lo dico io).