Le bombe parolaie di Salvini

“Israele, Salvini show contro il business del terrorismo. Bordata ad Amnesty international”.

È il titolo del quotidiano “Il Tempo” che introduce la cronaca dell’intervento del ministro e vice-premier Matteo Salvini al 34esimo Congresso Nazionale della Federazione delle Associazioni Italia – Israele. Ho avuto la sfortuna di ascoltarlo in diretta (stavo facendo la doccia in compagnia di Radio Radicale). Non dedico nemmeno una parola al contenuto collocabile a metà strada tra il demenziale e il ridicolo e mi concentro invece sull’acrobatica inopportunità di questo intervento che oserei definire “tira-bombe”.

Siamo infatti nel campo della più assoluta e rischiosissima irresponsabilità di chi soffia sul fuoco per ricavarne chissà quale vantaggio personale, di partito o di Stato. Salvini non era al bar di via Sellerio, ma rappresentava, volenti o nolenti, il governo italiano e non poteva lasciarsi andare a parole in libertà. C’è di mezzo una sanguinosa guerra, si tratta di enormi problemi che non possono essere affrontati con la più provocatoria delle superficialità, mettendo il Paese a rischio e pericolo di sconsiderate reazioni terroristiche.

Ma chi crede di essere questo signore per sparare impunemente cazzate a raffica sullo scenario internazionale?  Quando a mio padre rimproveravano di essere esageratamente reattivo di fronte a certe espressioni, era solito affermare convintamente: «L’ è al tón ch’a fà la muzica…». Il tono salviniano è comunque inaccettabile: purtroppo chi alza la voce molto spesso lo fa per coprire il proprio vuoto di idee. Quando ciò avviene in capo a politici investiti di alte funzioni pubbliche, tutto diventa ancor più grave, inaccettabile e rischioso.

L’Italia nei confronti del mondo arabo-israeliano si è sempre distinta per senso di equilibrio e per atteggiamento diplomaticamente volto a considerare le ragioni degli uni e degli altri e, pur rimanendo in linea con la collocazione italiana nel mondo democratico occidentale, senza schierarsi aprioristicamente e faziosamente da una parte. Salvini butta via tutto questo storico patrimonio per un polemico piatto di voti. Il suo è un comportamento che grida vendetta al cospetto della storia e della cultura politica del nostro Paese. Speriamo che i discorsi di Salvini non arrivino alle orecchie dei terroristi di Hamas o dei loro simpatizzanti sparsi nel mondo e da essi non partano vendette e rappresaglie. In fin dei conti è quello che cercano e Salvini sta loro offrendo su un piatto d’argento insanguinato i pretesti per attaccare anche l’Italia. Forse non se ne rende conto e allora veda di cambiare mestiere e, se dovesse mai rendersene conto, abbia la compiacenza di cambiare tono e registro per il bene del Paese.

“Io parlo solo con persone sobrie”, disse Matteo Salvini nel 2018 a proposito del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Il ministro aggiunse che “le famiglie non hanno figli di serie A e serie B”, dopo le frasi del presidente dell’Ecofin che aveva paragonato l’Eurozona a una famiglia. E pensare che Juncker, a prescindere dagli schieramenti politici, era indubbiamente un amico dell’Italia, che più volte aveva difeso la non facile situazione del nostro Paese a livello europeo. Attaccarlo e offenderlo era il massimo dell’idiozia politica e prima ancora umana! Se ubriachezza era, non era certo molesta nei nostri confronti.

Secondo Salvini, Juncker era un ubriacone e non si limitava a pensarlo, ma lo diceva apertamente. Mi sovviene una barzelletta avente come protagonista Stopàj, lo storico personaggio di Parma: questi, piuttosto alticcio, sale in autobus e, tonificato dall’alcool, trova il coraggio di dire impietosamente la verità in faccia ad un’altezzosa signora: «Mo sale che lè l’è brutta bombén!». La donna, colta in flagrante, sposta acidamente il discorso e risponde di getto: «E lu l’è imbariägh!». Uno a uno, si direbbe. Ma Stopaj va oltre e non si impressiona, ribattendo: «Sì, mo a mi dmán la me pasäda!». Mettiamo, provocatoriamente e al limite dell’offensivo, Juncker (spero che non me ne vorrà) al posto di Stopaj e Salvini nelle vesti della donna brutta (lui è brutto politicamente parlando).

Ora è la volta di Amnesty International: «Dobbiamo scoperchiare il tema dei finanziamenti delle organizzazioni internazionali. Facciamo nomi e cognomi, Amnesty international». Mi chiedo: è il momento di scagliare simili sassi in piccionaia? Chi era e chi è ubriaco? Non stupiamoci poi se in risposta dovesse arrivare qualche bomba da ben altra piccionaia…