Ragion contra forza non ha loco

Non incontrerò il segretario generale dell’Onu. Dopo il 7 ottobre non c’è spazio per un approccio equilibrato. Hamas deve essere cancellato dal mondo”, ha scritto su X il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen, che si trova a New York per il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite.

Il segretario generale dell’Onu, nel suo intervento al Palazzo di Vetro, ha detto che è “importante riconoscere anche che gli attacchi di Hamas non sono arrivati dal nulla. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione”. Guterres ha affermato che “le sofferenze del popolo palestinese non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas. E quegli attacchi spaventosi non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese”. 

A chiedere le dimissioni di Guterres è l’ambasciatore di Israele all’Onu: “Il segretario generale dell’Onu, che mostra comprensione per la campagna di sterminio di massa di bambini, donne e anziani, non è adatto a guidare l’Onu. Lo invito a dimettersi immediatamente”, ha scritto su X l’ambasciatore di Israele all’Onu, Gilad Erdan. “Non vi è alcuna giustificazione né senso nel parlare con coloro che mostrano compassione per le più terribili atrocità commesse contro i cittadini di Israele e il popolo ebraico. Semplicemente non ci sono parole”, ha rilevato Erdan. (Agenzia Ansa.it)

La mia prima reazione a questo pretestuoso incidente diplomatico è la seguente: se si parte con questo pregiudizio israeliano non si andrà mai da nessuna parte. “La verità mi fa male, lo sai; nessuno mi può giudicare, nemmeno tu”. Così cantava Caterina Caselli, così cantano gli Israeliani all’Onu, rispondendo sgarbatamente e spudoratamente a Guterres.

La seconda consiste in una domanda: sono meno autorevoli l’Onu e il suo Segretario che da 56 anni chiedono a Israele di ritirarsi dai territori occupati con la guerra dei sei giorni oppure lo Stato di Israele che se ne è fregato altamente dei reiterati inviti e al contrario ha occupato nuovi territori?

La terza pone un’ulteriore domanda: deve dimettersi Guterres che non fa altro che il suo mestiere e cerca di fare un minimo di verità sulla situazione o sarebbe il caso che si dimettesse Netanyahu che sta dimostrando di non saper fare il proprio mestiere e di non avere il controllo della situazione israeliana con un’opinione pubblica divisa e raffazzonata soltanto dai comprensibili ma non condivisibili intenti vendicativi, con una leadership sostenuta e gestita dal radicalismo autoritario e religioso ebraico, con un governo diviso e tenuto insieme soltanto dall’odio verso il nemico palestinese e dal desiderio di una pronta e schiacciante rivalsa bellica, con le alleanze internazionali sempre più imbarazzate e scricchiolanti di fronte all’intransigenza israeliana?

Ritorno all’aprile del 2022 allorquando Guterres provò timidamente a intervenire nel bailamme russo-ucraino. Ebbe come risposta uno “sgarbo da Putin: lo fece attendere per ore, niente stretta di mano e tenuto a distanza con il “tavolone”. Nonostante il sorriso con cui lo invitò a sedere, l’avvio del vertice a Mosca tra Guterres e Putin non iniziò con segnali di apertura. Il presidente russo fece fare anticamera per alcune ore al segretario generale dell’Onu, poi al momento dell’incontro non lo accolse con una stretta di mano, anzi lo tenne a distanza con il famigerato “tavolone” già visto in altri incontri, una forma di distacco e (a quanto dicono gli esperti) diffidenza di Putin verso i suoi interlocutori, compresi i suoi ministri.

Ma non finì lì, perché “due forti esplosioni si udirono a Kiev e una colonna di fumo si alzò sulla città mentre si stava concludendo la conferenza stampa del presidente ucraino Zelensky e del segretario generale dell’Onu Guterres. Uno dei missili colpì un edificio residenziale al piano terra e causò vittime.  Guterres si disse “sconvolto, non perché ci fossi io, ma perché Kiev è una città sacra sia per gli ucraini che per i russi”. Il presidente Zelensky aggiunse che si era trattato di un raid russo mirato “a umiliare l’Onu”. (dal quotidiano “La Stampa”, se ben ricordo)

Se Putin, dopo aver accolto freddamente Guterres a Mosca, rispose calando un carico di due missili effettivi, Biden non fu da meno con un discorso, a base di missili verbali, andato in onda contemporaneamente rispetto alla conferenza stampa a Kiev del segretario generale dell’Onu che, con molta umiltà e diplomazia stava tentando di snocciolare qualche parola di pace in un tragico e crescente contesto di guerra.

Ammetto di fare fatica a seguire mediaticamente lo sviluppo del conflitto tra Israele ed Hamas: non vedo l’obiettività che vorrei (non è affatto tutta colpa dei Palestinesi); non vedo impegno diplomatico degno di tale nome. In questi giorni ho seguito su Rai Storia la ricostruzione della vita del tanto bistrattato presidente americano Carter che nel 1979 era riuscito a mettere intorno a un tavolo il premier israeliano Begin e quello egiziano Sadat, che stipularono i famosi accordi di Camp David, pagandoli poi a prezzo della loro vita: attualmente gli Usa cincischiano e non concludono un tubo…; vedo un mondo sempre più disordinato e privo di governanti seri e capaci.

Ebbene oggi è di turno la sfacciataggine di Israele: pensa che tutto il mondo ruoti attorno al suo potere e al suo sacrosanto diritto ad avere uno Stato, senza ricordare che anche i palestinesi avrebbero questo diritto pur autocondannandosi a passare dalla parte del torto, facendosi strumentalizzare dai terroristi e dai Paesi arabi (non sanno a che santo votarsi e, perso per perso, si condannano alla discriminazione internazionale).

Tornando alla considerazione riservata a Guterres, non solo i potenti della terra trattano il segretario generale delle Nazioni Unite a pesci in faccia, ma poi hanno addirittura il coraggio di insolentirlo, considerandolo personaggio non autorevole. Chi sono loro per giudicare Guterres? Una cosa è certa: per chi vuol fare la guerra tutti i motivi sono validi. Figuriamoci se, dopo i pazzeschi attacchi di Hamas a cui si stanno aggiungendo quelli degli Hezbollah, il tutto sotto il probabile “coordinamento” dell’Iran, Israele avrà un minimo di buona volontà per aprire un processo di pace. Non l’ha avuto, come dice Guterres, nei passati 56 anni, figuriamoci oggi.

Mio padre nella sua semplicità, quando osservava l’enorme quantità di armi prodotta, rimaneva sconfortato e concludeva per un inevitabile inasprirsi dei conflitti al fine di poter smaltire queste scorte diversamente invendute ed inutilizzate. «S’in fan miga dil guéri, co’ nin fani ‘d tutti chi ilj ärmi lì?» si chiedeva desolatamente (attualmente sarebbe promosso a pieni voti da papa Francesco).