Preferisco il pranzo degli sfigati

Dal mio modesto e limitato punto di osservazione intravedo una reazione minoritaria ma fortemente ed eloquentemente spazientita dei parmigiani allo stile amministrativo del sindaco e della giunta eletta un anno fa: doveva rappresentare un passo avanti per la sinistra e un maggiore collegamento con la gente.

Colgo in diverse persone una grossa delusione su entrambi i fronti. La cena dei mille ha messo il sigillo ad una deriva salottiera e mediatica, che viene da molto lontano, ma che si sperava venisse quanto meno messa sotto controllo. Invece è tutto un susseguirsi, diretto o indiretto, di eventi pseudo-culturali, una passerella continua per il sindaco Guerra, che sta continuando imperterrito a fare (male) l’assessore alla cultura. Se di sinistra si tratta, è una sinistra parolaia che non tocca né la mente né il cuore delle persone, soprattutto di quelle alle prese con problemi seri.

L’altro giorno ho assistito allo sfogo di una persona anziana, che sull’autobus si è lasciata andare a giudizi pesantissimi, partendo da quella che ha definito una manifestazione insulsa, vale a dire proprio quella cena dei mille tanto sbandierata come biglietto da visita di una Parma da godere. Ho fatto fatica a starmene zitto per non scatenare un autentico putiferio dialettico in un luogo piuttosto inadatto allo scopo. Il discorso che si intuiva era tuttavia molto condivisibile e sintetizzabile in due provocatorie domande: Cosa ci azzecca questa amministrazione comunale con la tradizione di sinistra di Parma, con la sua sensibilità sociale, con la sua vena popolare seppure venata da striature borghesi? Cosa c’entra il salotto buono di ubaldiana memoria con la vita grama di tanti parmigiani in gravi difficoltà economiche e sociali? Basta girare per la città per rendersene conto. Purtroppo pochi hanno il coraggio di dirlo apertamente, perché domina un consenso “mafiosetto” che non ammette deroghe.

In piena campagna elettorale ero stato contattato da un carissimo amico aderente al partito democratico, che, pur conoscendo il mio atteggiamento critico, aveva tentato di “strapparmi” un voto a favore di Guerra e del PD. Ricordo di avere risposto polemicamente chiedendo preventivamente un distacco del candidato sindaco dalle nuvole della sua Parma cinematografica. Lo sto ancora aspettando e, nei giorni scorsi, ho ripetutamente chiesto segnali in tal senso.  Tutto tace, o meglio, tutto fumo e niente arrosto.

Il comportamento dell’amministrazione comunale riesce a saldare la contrarietà un tantino qualunquista di chi vorrebbe concretezza a prescindere dalla politica e quella un tantino ideologica di chi desidererebbe la politica a prescindere dalla concretezza. A parte il fatto che concretezza e politica sono due facce della stessa medaglia, resta l’insofferenza di chi vorrebbe vedere un disegno progressista coniugato con i bisogni urgenti e imprescindibili della povera gente. Invece non c’è il disegno e nemmeno uno straccio non dico di risposta ma nemmeno di attenzione per i problemi della gente. La raccolta dei rifiuti non funziona, i trasporti pubblici lasciano a desiderare, le strade sono dissestate, i parchi sono abbandonati, il disordine regna sovrano (persino nella sovrapposizione degli eventi culturali).

In compenso i dibattiti non mancano e le chiacchiere si sprecano. Il mio carissimo e indimenticabile amico Mario Tommasini non avrebbe esitato a contrappore alla cena dei mille il pranzo degli sfigati, senza paura di ammettere che “còsta lé la sinistra dal câss”.

È inutile aggiungere che la mia delusione è grande, anche se ammetto di non aver votato per questi signori e di essermi “vigliaccamente” astenuto al ballottaggio delle ultime elezioni amministrative, mentre al primo turno ho dovuto ripiegare sul partito dei duri e puri. Ho avuto ragione? Penso di sì, anche se mi dispiace; preferirei ammettere di essermi sbagliato alla luce dei fatti successivi. Invece continuo a vedere Parma confinata in quel salotto, che mi sta sempre più stretto e dove non ho alcuna intenzione di mettere piede.