Le divergenze parallele

La violenza contro le donne in Italia, in questi ultimi mesi, ha continuato a manifestarsi con numerosi casi di assassinio e di stupro. Questa intollerabile barbarie sociale richiede un’azione più consapevole di severa prevenzione, concreta e costante. A questa si deve affiancare, nell’intera società, un impegno educativo e culturale contro mentalità distorte e una miserabile concezione dei rapporti tra donna e uomo». Lo dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio inviato al Corriere della Sera, in occasione della decima edizione del «Tempo delle Donne». Per il capo dello Stato «abbiamo oggi bisogno più che mai della forza e della cultura delle donne, che con le loro lotte, il loro impegno, la loro originalità hanno indotto e talvolta costretto le società moderne a ripensare stili, modelli e organizzazioni, contribuendo all’affermazione del valore universale della libertà». «Le donne -ricorda- hanno cambiato la politica, la cultura e la società. E continueranno a farlo, in questa stagione in cui sfide decisive impegnano l’Italia, l’Europa e il mondo intero sulla frontiera della pace, dello sviluppo, dei cambiamenti climatici, dell’occupazione e della riduzione delle disparità». (dal quotidiano “La Stampa”)

 

Daspo urbano applicabile anche ai quattordicenni, più facile l’arresto e la custodia cautelare in carcere, prigione per i genitori che non mandano i figli a scuola. Il governo Meloni ieri si è incontrato e il Consiglio dei ministri ha approvato soprattutto due provvedimenti. Il primo è il decreto Sud che ha dato il via alla Zes unica per tutto il Mezzogiorno. Il secondo, più discusso a livello mediatico e presentato con molta più enfasi anche in conferenza stampa, è un decreto che interviene sui reati minorili, la dispersione scolastica e altri temi legati ai giovani e giovanissimi. Giorgia Meloni, intervenuta a sorpresa davanti ai giornalisti dopo il Cdm, ha commentato le nuove norme dicendo che “lo Stato ci mette la faccia” e che la criminalità minorile “si sta diffondendo a macchia d’olio”. È stato chiamato decreto Baby gang o decreto Caivano, perché le misure sono arrivate in buona parte come risposta ai fatti di cronaca avvenuti vicino a Napoli (per i quali è stato nominato commissario il dirigente medico della Polizia di Stato Fabio Ciciliano). (da fanpage.it)

 

Queste due diverse logiche di intervento sembrano provenire da due Paesi diversi, uno democratico e uno dittatoriale. Mattarella parla di prevenzione ed educazione, il governo di punizione e repressione. Non mi sembra il caso di entrare nel merito delle misure governative, perché sono riconducibili ad una impostazione che, peraltro, tende a chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati: sbagliata strategicamente e tatticamente, rispondente solo all’esigenze di fare un po’ di fumo in assenza di arrosto.

Per evitare di farmi condizionare da pregiudizi politici nei confronti del governo Meloni e di rifugiarmi nel comodo benaltrismo, mi sono rimesso al commento di un personaggio autorevolmente, concretamente e coerentemente impegnato sul fronte sociale, di cui riporto di seguito un commento a caldo.

Dl Caivano, Don Ciotti: “La repressione non serve, bisogna prevenire e costruire opportunità. Sbaglia chi pensa a interventi repressivi per i minori violenti. Arrestarli non è la soluzione. Serve prevenzione, che significa agire prima, per impedire che certe cose accadano”. Anche Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, ha criticato il dl Caivano approvato dal Cdm. Sentito da La Stampa, il religioso attivista contro la criminalità organizzata non crede che maggiore repressione possa risolvere il problema della violenza e della criminalità giovanile. Sbaglia chi pensa a «interventi repressivi per i minori violenti. Arrestarli non è la soluzione. Serve prevenzione, che significa agire prima, per impedire che certe cose accadano». «Le periferie sono territori infestati da paure, rabbie, risentimenti. Si risponde al malessere dei giovani non con l’ascolto, ma con gli psicofarmaci. Una politica che voglia essere davvero strumento di progresso e giustizia sociale deve mettere al centro la questione delle periferie». «Bisogna costruire opportunità, fornire strumenti e servizi. Questa è l’unica via d’uscita. In Germania e Francia i numeri dei minori in carcere sono tre volte superiori, ma non c’è stato un effetto deterrente. I dati sull’abuso di alcol tra i 15 e i 19 anni sono terribili e le droghe stanno di nuovo dilagando, complice la scelta strategica delle mafie di ridurre drasticamente i prezzi». (Da Globalist syndication)

Non so se don Maurizio Patriciello, che ha ritenuto opportuno provocare il governo in materia di disastro sociale, sarà contento delle prime risposte giunte dal Consiglio dei Ministri. Io non vedo niente di più rispetto a quanto diceva mio padre fra il serio e il faceto, il quale ingenuamente fingeva di risolvere il problema dell’evasione carceraria apponendo un cartello “chi scappa sarà ucciso”. Il governo ha varato diversi cartelli con le relative sanzioni per chi non ne rispetterà le disposizioni. Ha sfoderato una sorta di bacchetta magica, mordendo la realtà ma fuggendo da essa. Ho sentito in questi giorni la difesa d’ufficio del direttore Italo Bocchino, direttore de “Il secolo d’Italia”: distingueva fra interventi a valle sul territorio e interventi a monte sul sociale, come se il sociale non abitasse il territorio e il territorio non ospitasse il sociale.

Per curare le malattie non basta individuarne e isolarne i portatori più o meno sani, bisogna prevenirle e semmai curarle con le terapie giuste e non con il dalli all’untore. Faccio solo l’esempio dei genitori. Sono perfettamente d’accordo che abbiano enormi responsabilità in materia di disagio e devianza giovanile: di qui a mettere in galera i genitori che non mandano i figli a scuola…

Quando si dipinge una parete si comincia dall’alto e non dal basso. Quando si vuole evitare l’alluvione si dovrebbe intervenire a monte, perché quando l’acqua arriva a valle resta ben poco da fare. Nessuno deve pretendere miracoli, ma non ci si può accontentare dei giochi di prestigio e di illusionismo.