Le sorelle Melonassi

Giorgia mi ha detto: ‘l’unico consiglio che ti do è di non dare peso alle cose che contano poco. Non farti prendere dall’ansia per le sciocchezze. Abbiamo una storia importante da scrivere, al resto evitiamo di dare troppa rilevanza”». Così al Corriere della Sera Arianna Meloni, sorella della presidente del Consiglio e da poco ufficialmente responsabile Adesioni e segreteria politica di Fratelli d’Italia. Quanto alle critiche sul nuovo ruolo politico in Fdi, ha risposto: «E’ un fuoco di fila di chi non ha voluto informarsi. Mi iscrissi al Msi che avevo 17 anni, ho fatto di tutto: attaccavo i manifesti, contattavo i militanti, organizzavo gli eventi, poi via via ho preso a tenere i contatti alla Regione Lazio con i nostri vari eletti o candidati, più recentemente nel partito, che cresceva… Insomma, politica a tempo pieno». Mai ruoli visibili «una volta perché Giorgia era ministro o leader, una volta perché Francesco (Lollobrigida, ndr.) assumeva altri incarichi… A me stava bene così. Non mi interessa apparire, ma lavorare». «In questo ultimo anno sono cambiate talmente tante cose, ci siamo assunti responsabilità enormi. Oggi c’è la fila di persone che si propone, chiede incarichi. Ma sono in grado? Non stiamo giocando. Io credo di saper fare alcune cose con serietà e passione, e posso farle anche al partito. Tutte le nostre figure politiche più esperte credo che debbano necessariamente mettersi a regime». Quanto ai mugugni nel partito, Meloni ha risposto: «In FdI non esistono gruppi o correnti. Se uno con la storia di Rampelli volesse chiedere un congresso, lo farebbe in prima persona. Anche perché non si è capito a che servirebbe oggi un congresso: c’è una leader indiscussa, la linea politica è condivisa, lo spazio per lavorare c’è in tantissimi ruoli e organismi». Quanto alla disponibilità di candidarsi alle Europee ha spiegato: «Preferirei di no. Ma sono un soldato». (dal quotidiano “La Stampa”)

Un tempo si chiamava nepotismo o giù di lì, oggi non saprei come definirlo: cattivo gusto? mancanza di sobrietà? deficit di riservatezza?

Nel 1986 si scatenò una polemica sul viaggio di amicizia in Cina di Bettino Craxi accompagnato da una folta delegazione italiana. Andreotti disse: «Vado in Cina con Craxi e i suoi cari…», riferendosi a quanto affollato fosse l’aereo di famigliari e amici del premier.

Si dice che Enrico Berlinguer non volesse che la figlia Bianca lavorasse in Rai al fine di evitare ogni e qualsiasi chiacchiera. Forse, oltre tutto, aveva visto lontano e voleva evitare che la figlia fosse indotta in tentazioni.

Un tempo erano cose imbarazzanti che i politici più seri e rigorosi evitavano accuratamente. Oggi tutto è cambiato. Non c’è niente di male, intendiamoci bene, ma questi intrecci fra politica e rapporti famigliari non rappresentano il massimo della correttezza. E poi, da cosa nasce cosa…

Una nuova vignetta di Mario Natangelo su “Il Fatto Quotidiano” con protagonisti la coppia Arianna Meloni e Francesco Lollobrigida fa scattare la polemica, con Fratelli d’Italia che critica il vignettista. Sul giornale di Marco Travaglio – accanto all’articolo che racconta le divisioni interne sulla nomina di Arianna meloni come responsabile della segreteria politica del partito della premier – Natangelo disegna il ministro Francesco Lollobrigida a letto con una donna di colore. Nella vignetta si legge: “Intanto in casa Lollobrigida…”, con la donna che chiede al ministro: “E tua moglie?”. Risposta: “Tranquilla, sta tutto il giorno fuori a occuparsi del partito della sorella”. Natangelo qualche mese fa, aveva pubblicato una vignetta che ritraeva Arianna Meloni con un uomo di colore. La sorella della presidente del Consiglio diceva: “Mio marito? Tranquillo, sta tutto il giorno fuori a combattere la sostituzione etnica”.

Mi sembra che Giorgia Meloni queste vignette se le stia tirando addosso. Forse, tutto sommato, è meglio per lei, riderci sopra, perché se si andasse su discorsi seri sarebbe molto più imbarazzante e spettegolante. Ho un concetto di politica incompatibile con queste storielle private. Lo so benissimo che il problema vero non sta in queste questioni, ma anche l’occhio rifiuta queste parti.

Nei lontani anni ottanta del secolo scorso il mio carissimo amico Walter Torelli, comunista tutto d’un pezzo, durante una delle solite chiacchierate, mi chiese, dal momento che mi sapeva piuttosto informato sulla cronaca politica, di riferirgli dell’episodio relativo a Massimo D’Alema, il quale, in occasione di una sua presenza in un salotto romano, rimbrottò vivacemente il cane di casa che gli era montato sulle scarpe. Ammise snobisticamente che gli erano costate una grossa cifra. L’amico Walter innanzitutto mi confessò tutta la sua indignazione e la sua riprovazione per un comportamento eticamente inaccettabile: «Da un dirigent comunista robi dal gènnor an ja soport miga!». Poi aggiunse con tanta convinzione: «Lé propria ora chi vagon a ca tùtti».

Distinguere la sfera privata da quella pubblica è molto difficile, quasi impossibile. Ragion per cui bisognerebbe evitare gesti e atti sfacciatamente privati, pena il deterioramento ulteriore della politica agli occhi di chi ha ancora un minimo di senso critico. Per gli altri tutto va ben, tutto fa brodo, anche le sorelle Meloni.