La pagliuzza dello smartphone e la trave di coltelli e pistole

Il clima vacanziero dopo la concitata fase degli esami ha messo la sordina al malcontento studentesco e alle contraddizioni governative in materia scolastica. Dall’altra parte accoltellamenti e sparo di pallini verso i professori mettono in primo piano la crisi nei rapporti tra studenti, professori e famiglie. Altro che uso dei cellulari in classe, evidentemente in classe girano coltelli e rivoltelle…Non per colpa del ministro, ma di tutti noi che non abbiamo saputo dare la giusta dimensione e considerazione all’educazione scolastica.

Tuttavia mi sembra opportuno, anche a livello ironico e provocatorio, come compito delle vacanze che stanno pe finire, tornare di seguito, tra il serio e il faceto, sul tema emblematico dei telefoni cellulari in classe: un modo per sottolineare come il capitolo scuola sia ben più profondo e grave e come sia più pregnante ed importante di (quasi) tutti gli altri problematicamente presenti sul tavolo di un governo sempre più identitario ed autoreferenziale piuttosto che aperto alla società ed ai suoi problemi. Anziché commentare le travi delle coltellate e degli spari ai professori, preferisco sgattaiolare su quel che sembra una pagliuzza, vale a dire l’uso dei telefoni cellulari nell’ambiente scolastico. Ognuno potrà poi fare tutti i collegamenti del caso in senso proibizionista, in senso disciplinare e in senso educativo, senza drammatizzare ma anche senza sottovalutare il degrado scolastico. Chiedo scusa e vado avanti.

Forse “qualche fesso” non ha compreso il significato della circolare sui cellulari, allora “si legga più attentamente la circolare, che ne sottolinea l’uso corretto”. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, nel corso di un intervento alla scuola politica della Lega. Secondo il ministro “alcuni hanno perso di vista il significato più profondo: il rispetto. Se io insegnante sto spiegando in un momento in cui voglio che i ragazzi partecipino, se uno si mette a chattare con un amico o a immortalare magari le smorfie dell’insegnante per dileggiarlo, credo che questo sia inaccettabile”.

Ho letto la circolare e spero di non essere fesso per le argomentazioni che andrò brevemente ad esporre. Temo che la recente circolare ministeriale, che vieta l’uso in classe degli smartphone, salvo eccezioni guidate dagli insegnanti, possa fare la fine delle grida manzoniane. Dovrebbe trattarsi di una questione di buona educazione in entrata e in uscita, invece ne sta nascendo un caso. Quando non vuoi far rispettare una regola fanne oggetto di un divieto, perché automaticamente diventerà un invito alla trasgressione. Forse era molto meglio lasciare la materia alla competenza dei dirigenti scolastici e dei docenti.

L’uso dei telefoni cellulari, diventati nel frattempo veri e propri strumenti comunicativi di alto livello tecnologico, era stato all’inizio considerato dal grande giornalista televisivo Andrea Barbato come uno strumento riservato a due categorie di persone: le ostetriche e i sacerdoti. Facilmente intuibili i motivi. Sono diventati un’arma per la distrazione di massa: credo poco all’uso serio e mirato di questi strumenti. Tuttavia i giovani ne sono detentori e occorre indurli ad un utilizzo culturale e comunicativo e non ad un uso di carattere più o meno ludico.

Siamo diventati tutti schiavi di questi robottini, i giovani in primis, ma non solo loro. Il progresso ci mette in condizione di utilizzare strumenti interessanti anche se poi tutto dipende dall’uso equilibrato che ne facciamo. Vale per radio, televisione, per tutti i cosiddetti social media.

Qualche tempo fa mi sono divertito a scrivere un dialogo impossibile fra un trolley ed uno smartphone, che nascondeva un ironico processo ai giovani d’oggi tra luoghi comuni, forti provocazioni, pessimismo di maniera, ottimismo di facciata, realismo quasi disperato, lumi di speranza. Dal bamboccionismo, con venature di sfigatismo, alle azioni coraggiose per la conquista dei diritti civili (chi volesse lo può leggere tra i libri contenuti in questo sito).

La buttiamo in politica? Se è per quello, tutti i politici, quando vengono fotografati o ripresi dalle telecamere hanno uno smartphone in mano o vicino all’orecchio. Mi sono chiesto più volte cosa avranno sempre da comunicare, con chi parleranno, magari è tutta una messa in scena per dimostrare di essere molto impegnati. I giovani invece ingannano il tempo, giocano, messaggiano, scherzano. Non saprei chi scegliere. Poi ci sono le degenerazioni con i bullismi, le induzioni al suicidio, etc. etc.

Insomma, a scuola è un male che i giovani tengano a disposizione lo smartphone durante le lezioni? Non saprei: io, ai miei tempi lontani, prendevo appunti, a volte mi distraevo guardando le gambe della giovane e bella insegnante, a volte ridacchiavo col compagno di banco, a volte studiavo la materia dell’ora successiva, a volte pensavo ai fatti miei. Cosa avrei combinato con uno smartphone non lo so.

Forse il male minore è lasciare che i giovani decidano il da farsi, responsabilizzarli a loro rischio e pericolo. Tanto è sempre tutto nelle capacità di indirizzo educativo degli insegnanti. Da loro dipende la serietà della scuola. Preoccupiamoci di formarli e trattarli bene. Anche gli smartphone verranno di conseguenza.

In cauda venenum. Non è che il ministro dell’Istruzione Valditara vieti gli smartphone per timore che vengano usati quali strumenti di mobilitazione e complottismo antigovernativi e antifascisti? Con le arie che tirano non mi stupirei, anche perché gira e rigira l’opposizione all’attuale governo e all’andazzo politico, che ne è premessa e conseguenza, è forse più nelle menti e nelle iniziative degli studenti che nei dibattiti delle aule parlamentari. Spero in loro nonostante coltelli, pistole, bullismi e, perché no, telefoni cellulari.