Mes…tare nel torbido

Il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), noto anche come «fondo salva stati», è stato creato sulla scia degli interventi nella crisi del debito sovrano avvenuta nel 2010 con gli interventi ripetuti per scongiurare il default della Grecia. Con l’arrivo della pandemia si è pensato di modificarlo dotandolo di 240 miliardi da utilizzare per affrontare l’emergenza sanitaria.

Nato nel 2012 con un trattato intergovernativo, il Mes serve a concedere a condizioni prestabilite assistenza finanziaria ai Paesi membri che dovessero trovarsi in difficoltà a finanziarsi attraverso il collocamento normale di titoli di Stato. In cambio ci sono da sottoscrivere una serie di condizioni. Fino ad ora è intervenuto in aiuto di Irlanda, Portogallo, Cipro, Spagna per l’esposizione finanziaria delle banche e Grecia per complessivi 295 miliardi, considerando anche gli interventi garantiti dall’Ue dal 2010. In cambio dei prestiti, è previsto un programma di rientro e di controllo del debito con piani di aggiustamento macroeconomico, riforme draconiane secondo i più critici che vanno dalle pensioni alla spesa pubblica a interventi più diretti. Criteri più leggeri sono richiesti invece per le linee di credito precauzionali, per Stati colpiti da choc avversi ma in condizioni finanziarie che presentano fondamentali sani. (dal quotidiano “La stampa”)

L’Italia su questo istituto economico finanziario europeo sta facendo il pesce in barile. Non si capisce bene il perché. Per motivi di scetticismo ideologico verso l’invadenza UE, per motivi di sovranismo economico-finanziario, per motivi di tatticismo volti a contrattare questa partita con altre (vedi Pnrr), per motivi di distinzione partitica all’interno dell’attuale maggioranza di governo? Di tutto un po’? Fatto sta che siamo l’unico Paese europeo a non aver ratificato questo strumento e questo insistente corteggiamento/tallonamento da parte della Ue non ci deve inorgoglire ma ci deve preoccupare. Siamo isolati, deboli e isolati e magari in prospettiva becchi e bastonati.

Giorgia Meloni gira come una trottola, ma sta facendo una gran confusione e punta più all’immagine che alla sostanza: dopo il bacio della pantofola a Biden, dopo i baci e abbracci con Zelensky, è rimasta a metà del guado. Mi è bastato osservare lo sguardo perplesso di Macron durante la conferenza stampa alla fine dei colloqui franco-italiani. Stiamo attenti perché il governo Berlusconi crollò per effetto degli sguardi franco-tedeschi. La storia potrebbe ripetersi, nel qual caso non ci rimarrebbe che tornare da Mario Draghi.

Sul piano politico la premier italiana ha sulle spalle la soma del sovranismo (Polonia, Ungheria etc.) e la complicità delle impresentabili destre estreme (nostalgici nazifascisti all’interno e all’estero) e non riesce a costruire un rapporto positivo con i Paesi europei fondamentali, anche perché sta puntando a nuovi equilibri in vista delle prossime elezioni europee: uno spostamento a destra dell’area dei conservatori o, se si vuole, uno spostamento verso i conservatori della destra, con il superamento degli attuali equilibri da grande coalizione popolar-socialista e marginalità delle destre.

La Lega di Salvini rientra in queste prospettive o si distingue da esse? La recente presa di posizione del ministro leghista dell’economia e finanza Giancarlo Giorgetti, piuttosto possibilista sul Mes, seppure nascosta dietro il dito dei tecnici ministeriali, come deve essere interpretata? Come una salita sul carro europeista conservatore, come una presa di distanza dagli strafalcioni identitari salviniani, come una paura verso le reprimende della potente burocrazia europea?

La maggioranza governativa è indubbiamente in grosse difficoltà, tra ministri (quasi) indagati e ministri (quasi) pasticciati, con un partito forte (FdI) schiacciato in mezzo alle patetiche pretese leghiste ed ai penosi tentennamenti forzitalioti post- berlusconiani, con un Pnrr sempre più tutto da gestire, con le fughe in avanti del presidenzialismo e delle autonomie rafforzate.

Ciononostante gli italiani sembrano mantenere un certo consenso soprattutto verso Fratelli d’Italia anche se, come osserva qualche commentatore, trattasi di una destra senza capo sociale e senza coda giustizialista, una destra in via di confusa conversione al post-berlusconismo rubato agli eredi più o meno legittimi: una destra in confusione, che si smentisce continuamente, che rinnega il proprio (in)glorioso passato, ma che, nonostante tutto, tiene botta e si prepara in modo piuttosto agguerrito alle prossime elezioni europee. Potrebbe essere un passaggio di automatico rafforzamento, ma anche un esame di democrazia moderna con voti piuttosto negativi: dieci in confusione, cinque in socialità, quattro in riforme, tre in economia e finanze. Ritornare alla prossima sessione!