Il tritaschlein

Lo stucchevole e superficiale dibattito sul “causa/effetto Schlein” in ordine alle recenti parziali elezioni amministrative mi infastidisce nella sua pochezza e nella sua pretestuosità. Non sono un suo ammiratore, ho parecchie riserve sulla sua adeguatezza all’improbo ruolo che sta ricoprendo, non mi sembra partita col piede giusto. Di qui a farne più o meno esplicitamente un capro espiatorio delle reiterate sconfitte elettorali del Partito democratico il passo mi sembra piuttosto lungo e ingiusto.

La crisi della sinistra a livello italiano ed europeo è complessa e difficile da interpretare. Cosa potrebbe e dovrebbe fare Elly Schlein per dipanare questa matassa? L’arduo impegno potrebbe essere sintetizzato nella ricerca dei punti fondamentali su cui creare i presupposti dell’incontro fra la storia, la tradizione, le idealità, i valori e la cultura della sinistra e il sentiment dei cittadini al fine di avviare un recupero del consenso perduto.

Questi punti li individuerei nei discorsi della pace con tanto di ambientalismo annesso e connesso e della giustizia sociale con tanto di equità fiscale e redistribuzione reddituale annesse e connesse. È il terreno su cui agire con il dovuto coraggio e senza tentennamenti e cedimenti alla realpolitik a livello internazionale: vedi reiterato invio di armi all’Ucraina addirittura ritagliate sui fondi PNRR; vedi americanismo irrinunciabile; vedi europeismo di rifugio e non di scelta. E senza farsi tentare dalla politica dei bonus e degli sgravi a pioggia, laddove piove sempre sul bagnato di una demagogia inaccettabile e fuorviante.

A ben pensarci bisogna evitare accuratamente di rubare il mestiere a Giorgia Meloni, che si legittima e si nasconde proprio su questi temi sciacquati furbescamente nell’Arno della destra: non rincorrerla è un imperativo categorico.

Il resto è fuffa mediatica, che si diverte a rompere le uova di un paniere ancora tutto da individuare e riempire. È fuffa dentro il PD, che soffre la storica invadenza degli apparati, l’antistorico continuismo della sua classe dirigente, la cultura del potere camuffata da obbligo governista e vocazione politicistica. É fuffa delle alleanze a livello di opposizione con il M5S e i centri renzian-calendaniani: si rischia la fine degli orbi che vanno in barca e si infilzano reciprocamente gli occhi con le punte dei remi.

Elly Schlein sapeva di dover combattere una dura battaglia per rivoltare il suo partito come un calzino ed era consapevole di incontrare un conflitto latente con le opposizioni concorrenti. L’importante è che non ripieghi sul vivacchiare, sul tirare a campare per non tirare le cuoia, sui tempi lunghi e sui campi larghi: mandi precisi messaggi al suo potenziale elettorato senza nascondersi dietro il dito delle pur importanti problematiche Lgbt e delle pur inevitabili ma sterili polemiche, senza farsi irretire in una contrapposizione femminile con Giorgia Meloni, senza indulgere al nuovismo a tutti i costi, al sociologismo datato e all’utopismo fragile. Sarà dura diceva Nicolò Carosio approcciando certe partite di calcio della nostra nazionale o di squadre italiane impegnate in gare molto difficili. Dura sì, ma non impossibile e soprattutto doverosa.