Il pizzo fiscale e il pizzino elettorale

“La lotta all’evasione fiscale si fa dove sta davvero l’evasione, non sul piccolo commerciante a cui chiedi il pizzo di Stato”. É un passaggio dell’intervento del presidente del Consiglio Giorgia Meloni al comizio di Catania, per la chiusura della campagna elettorale in vista delle elezioni amministrative.

Dato per scontato il tono propagandistico della boutade, la dichiarazione non è sostanzialmente del tutto sbagliata, se consideriamo che effettivamente finora in Italia si è puntato più a disturbare e torchiare i piccoli trasgressori (a volte addirittura quelli formali) che non a toccare nel vivo i grandi (a volte totali) evasori. Si è puntato a fare gettito sulla carta degli accertamenti e rinunciando a puntare al reale gettito proveniente dalla guerra all’evasione vera e propria.

Non saprei dire quanta responsabilità per questo indirizzo abbiano i governanti del passato remoto, del passato prossimo e del presente. La burocratizzazione del sistema fiscale è certamente il leitmotiv del rapporto fra cittadini ed erario, mentre il secondo buco nero riguarda il cattivo funzionamento dei controlli a dispetto degli strumenti informatici a disposizione degli uffici.

Resta comunque il dato di fatto squalificante ed iniquo dell’evasione fiscale.  Mio padre non era un economista, non era un sociologo, non era un uomo erudito e colto. Politicamente parlando aderiva al partito del buon senso, rifuggiva da ogni e qualsiasi faziosità, amava ragionare con la propria testa, sapeva ascoltare ma non rinunciava alle proprie profonde convinzioni mentre rispettava quelle altrui. Volete una estrema sintesi di tutto ciò? Eccola! Rifletteva ad alta voce di fronte alle furbizie varie contro le casse pubbliche: «Se tutti i paghison col ch’l’è giust, as podriss där d’al polastor aj gat…».

Giorgia Meloni sta tentando di fare un mix tra populismo e affarismo, arrivando ad una icastica espressione quale quella del “pizzo di Stato”. Tutti, chi più chi meno, si possono ritrovare in questo equilibrio varato dal governo, che sembra più orientato a lasciare le cose come stanno piuttosto che a cambiarle radicalmente: ci lascino in pace, tanto chi non paga le imposte ha sempre il modo di scapparla… Una felpata e strumentale sviolinata al popolo, che teme di essere in qualche modo sconquassato o disturbato.

Non so se all’Unione europea, che continua a chiederci la riforma fiscale, si potrà rispondere tirando in ballo il pizzo europeo, quello dei burocrati che rompono i coglioni e pretendono di venire a curiosare nei nostri affari interni. Salvo poi andare a battere cassa quando l’erario piange e mancano i fondi per intervenire sulle disgrazie del nostro Paese.

Il terreno fiscale è piuttosto scivoloso. Prima o poi ci si può cascare sopra. Non si può avere la botte elettorale piena di voti e la moglie erariale piena di…evasione fiscale. Le avvisaglie emergenti dai criteri fissati nella legge delega non lasciano sperare niente di buono. I sindacati minacciano proteste, ma probabilmente tanto tuonerà per non piovere. I ricchi evasori se ne potranno stare al coperto, i poveri evasori si sentiranno ricchi, tutti coloro che, per necessità o per virtù, non evadono si sentiranno presi per i fondelli.