O Francia o Spagna purché non se magna

“Dopo le accuse dalla Francia sui migranti, anche la Spagna si unisce alle critiche verso il governo di Giorgia Meloni, stavolta sul tema del lavoro. Nel corso di un intervento, la vicepremier Yolanda Diaz ha accusato la premier italiana di portare avanti riforme “contro i lavoratori”, facendo riferimento al decreto del 01 maggio con cui l’esecutivo di centrodestra ha, tra le altre cose, introdotto nuove regole per incentivare le assunzioni con contratti a termine. Il contrario della strategia di Madrid, che, proprio con Diaz, ha emanato una legge contro il precariato che ha ridotto i contratti a tempo determinato al loro minimo storico”.  (EuropaToday)

Contro il governo italiano stanno volando parole grosse. Ho avuto modo più volte di dire e scrivere come sia utile ascoltare senza prevenzione le critiche provenienti dall’estero, da governanti e media stranieri: si ha la sensazione di intravedere un Paese diverso da quello in cui viviamo. I motivi sono diversi: un maggior distacco ed una più marcata lucidità di giudizio (spesso da lontano le realtà si vedono meglio); uno spietato ed obiettivo metro di giudizio ben lontano dalle nostre consuete, arzigogolate e politicanti analisi; un inquadramento globale dei fatti politici nostrani mentre noi ci perdiamo nei giochi e nelle risse di cortile.

A queste angolature positive bisogna però aggiungere la normale tendenza a screditare l’orto del vicino per risolvere i problemi del proprio presuntuoso giardino: sia la Francia che la Spagna hanno i loro gravi problemi e molto probabilmente tendono a scaricarli direttamente o indirettamente sull’Italia. Non mi stupisco, è una cattiva e generale abitudine. Ciò non toglie che le critiche, pur inferocite e strumentalizzate, abbiano qualcosa da insegnarci. Non saranno tutti stupidi e in malafede quanti osano esprimere giudizi negativi sul governo Meloni.

Una cosa è certa: più passano i giorni e più ci ritroviamo isolati per le scelte del presente e per le nostalgie del passato. Non siamo credibili, veniamo visti con molto scetticismo, siamo giudicati partner inaffidabili. La cosa non è grave, è gravissima. La tentazione è quella di chiudersi a riccio, rinviando le critiche al mittente senza nemmeno aprirne le scatole in una sorta di rispolverato orgoglio nazionale.

Tutti ricorderanno la barzelletta del marito che, per schivare gli improperi e le bastonate della moglie, si rifugia sotto il letto. Al reiterato e autoritario invito della moglie ad uscire dal penoso nascondiglio, egli, con un rigurgito di machismo, risponde: «Mi fagh cme no vôja e stag chi!». L’Italia col governo Meloni si è ficcato sotto il letto europeo e intende rimanerci a dispetto di chi conta, illudendosi di appoggiarsi a chi non conta nulla. C’era da aspettarselo e si sta puntualmente verificando.

Se poi entriamo nel merito delle questioni, bisogna riconoscere che le critiche non sono affatto infondate: sull’immigrazione non si cava un ragno dal buco, sul lavoro si somministrano pillole di demagogia, etc. etc. Vogliamo uscire dal tunnel della presunzione e imboccare la strada dell’umiltà? Se proprio non intendiamo autocriticarci, cerchiamo almeno di salvare la faccia e di provare a dialogare. Partiamo dal metodo: è già qualcosa. Abbassiamo la cresta, è meglio per tutti.